RIBELLARSI AL CONSUMISMO E VIVERE FELICI
di Simone Perotti
da Cado in piedi 21 Agosto 2011 Il marketing contemporaneo impone che il consumatore sia solo parzialmente soddisfatto, per indurlo a ripetere il gesto d'acquisto. Dobbiamo svincolarci da queste logiche, eliminando dai nostri ambienti gli oggetti inutili e facendo un utilizzo più oculato delle risorse A suo avviso, l'eccessivo consumismo può essere uno dei fattori che hanno generato la crisi? "Bella domanda! In un certo qual modo sì perché, come dice Zygmunt Bauman, in questa epoca il soddisfacimento dei bisogni, che è l'anima, la radice del consumismo, naturalmente creandoli prima i bisogni per poi, guarda caso avere il prodotto per soddisfarli, è contraddistinto dalle logiche del marketing. Questo impone che il bisogno debba essere solo in parte soddisfatto, in modo che il consumatore, immediatamente dopo il gesto d'acquisto, riprenda a desiderare qualcos'altro, ovvero quella quota di soddisfacimento che non ha avuto. Questo è il motivo per cui ci sono i prodotti che vengono messi sul mercato e poi dopo 6 mesi sono rimpiazzati dalla versione 1.2, 1.3, 1.4: l'Ipad, l'Iphone sono un esempio molto tipico. Diversamente, soddisfacendo totalmente un bisogno, il cliente è gratificato e non compra più nulla, invece il marketing contemporaneo è basato sul consumismo, la reiterazione coatta del gesto d'acquisto, quasi compulsivo. Questo è il modo drogato con cui si è andati avanti nello sviluppo di questo mercato e di questa cultura mercantile che invece dovrebbe essere cambiata. L'"igiene comportamentale" di cui Lei parla in un suo recente articolo, implicherebbe dunque consumi più sostenibili, anche dal punto di vista ambientale e sociale? "Quella provocazione che ho lanciato, cioè di creare una grande campagna di igiene comportamentale, ripulendo i propri ambienti da tutti gli oggetti inutili che noi abbiamo acquistato, che costano spazio, che costano manutenzione ma non ci rendono liberi, è una provocazione che però afferisce a un discorso molto concreto. Ho il sospetto che abbiamo un sacco di oggetti che non ci rendono felici perché li abbiamo acquistati, ci siamo resi un po' schiavi lavorando in maniera indefessa per guadagnare i soldi che servivano per comprarli, ma fatalmente non li usiamo mai, stanno lì inerti in casa nostra a occupare spazio e anche quando li utilizziamo non ci rendono felici. Questa constatazione non è solo una provocazione, basta guardarsi intorno ognuno nel proprio ambiente e lo si potrà verificare. Occorre davvero immaginare che il benessere che cerchiamo venga realizzato anche attraverso questo alleggerimento dei nostri ambienti, delle nostre case, dei luoghi dove viviamo smaltendo tutti questi oggetti che non utilizziamo e che se utilizziamo non portano benessere. Io facevo questo ragionamento in relazione alle barche, perché io per lavoro porto barche in giro, in questo momento sto lavorando in Sardegna e vado in giro soprattutto sulla costa occidentale di Corsica e Sardegna. Non ho incontrato praticamente nessuno e allora mi chiedevo: ma dove sono quelli che hanno le barche? Perché i porticcioli italiani sono pieni zeppi di barche, stanno tutte lì come delle bare perché sono state acquistate come fine e non come strumento, quelle barche non viaggiano, non producono l'effetto che dovrebbero, chi le ha comprate in realtà è scontento di averlo fatto, non le usa e quindi quell'oggetto che dovrebbe essere lo strumento, in realtà è un fine. Quando questo accade, siamo nel pieno consumismo, nella devianza della cultura mercantile in cui si comprano cose che non servono". Riappropriarsi dei beni universalmente utili (acqua, terra, aria) potrebbe essere una chiave per ripartire? "Naturalmente anche questo fa parte del ragionamento. Quando siamo a casa abbiamo dei rubinetti aperti per ore mentre noi ci laviamo i denti guardando lo specchio, ma quel rubinetto va chiuso! In barca l'acqua è preziosa e si usa un rigagnolo di acqua per fare quello che serve, infatti 150 litri d'acqua durano una settimana, mentre invece a casa vanno via in poche ore... Il nostro è un modo distratto, sciatto, irrispettoso, inessenziale di usare le risorse, l'acqua è solo un esempio, ne abbiamo tantissimi altri. Il mare insegna molto da questo punto di vista, perché in mare non si scherza, se finisce l'acqua muori di sete o devi fare ore e ore di deviazione per andare in un porto per fare rifornimento. Lo stesso per i rifiuti, più ne hai e più a bordo poi non sai dove metterli, quindi si presta attenzione al packaging quando si compra, perché naturalmente più plastica compri e più a bordo sarà difficile smaltirla perché non si può buttarla in mare; l'utilizzo del vento per muoversi invece che del motore, del gasolio; il fatto di scendere, quando si mette l'ancora in una baia e andare a terra con un tender magari senza motore, facendo pochi minuti di lavoro con i remi che non fa male a nessuno... Riusare le cose inutilizzate potrebbe davvero farci vivere meglio? "Riutilizzare le cose è fondamentale, in barca si riutilizza tutto, qualunque oggetto viene tenuto, se vagamente utile perché un domani serve a una riparazione, a migliorare una parte della barca o uno strumento. Io a casa mia mi comporto esattamente nello stesso modo, mi guardo bene dal comprare qualcosa perché ogni volta che compro qualcosa uso denaro che poi dovrò lavorare per acquisire nuovamente, quindi prima di essere del tutto convinto di dover comprare qualcosa ci penso e ci ripenso mille volte. In ogni caso quando un oggetto si rompe, lo tengo, lo aggiusto, lo modifico, mi diverto molto nel fare questo, non sono mai annoiato, non vivo il tedio tipico di questa epoca in cui avendo spesso poco da fare la gente si si annoia ed ha sempre la faccia spenta... Luned́ 22 Agosto,2011 Ore: 17:04 |