La “figlia di Sion” madre del «Principe della pace»

di M. Cristina Caracciolo smr

La Vergine Madre, icona della città santa, approdo di pace per l’umanità


TUTTO il creato anela alla pace, allo shalom universale, un termine ebraico che etimologicamente deriva dal verbo shlm che significa “restituire”. Il creato ha bisogno che gli sia “restituito” qualche cosa che gli è venuto a mancare, una integralità di benessere e di vita che in qualche modo gli è stata sottratta. Lo shalom biblico non è solo negativamente assenza di guerra, ma positivamente è trasformazione degli strumenti bellici in mezzi agricoli (cf Is 2,4) per coltivare e custodire la terra, affidata alle cure dell’uomo sin dagli esordi della creazione (cf Gen 2,15).
Ogni vivente porta inscritta in sé questa vocazione alla pace, alla piena realizzazione del suo essere intimo secondo il progetto creatore, che ha costituito ogni cosa «bella e buona» (cf Gen 1,4.10.12.18.21.25.31).
 
Lo shalom dei popoli sul monte Sion
 
Isaia, forse più di qualunque altro profeta, ha cantato e preannunciato una pace cosmica che sarà instaurata «alla fine dei giorni» (Is 2,2a), quando al monte di Sion «affluiranno tutte le genti» (Is 2,2e). I popoli più distanti e variegati diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe» (Is 2,3). Allora il Signore sarà giudice ed arbitro fra le genti ed esse «forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,4).
Maria di Nazaret è figlia di questo popolo, è la “fi glia di Sion” chiamata a diventare, come la città di Sion, “madre”. C’è infatti una sotterranea e sottile connessione tra la parola “metropoli” e la parola “madre”, perché la prima è un termine composto che contiene in sé il termine meter, che in greco vuol dire “madre”. Il salmo 87, riletto dai Padri e dalla liturgia della Chiesa in chiave mariana, proclama festoso: «Si dirà di Sion: “l’uno e l’altro è nato in essa”» (v.5) e ancora: «Là costui è nato» (v. 6), prospettando che coloro che si recheranno a Sion, danzando canteranno: «Sono in te tutte le mie sorgenti» (v. 7).
Colui di cui si parla nel Sal 87 e che nasce in Sion, è quella figura sulla quale Israele ha proiettato e tutt’ora proietta tutte le sue ansie di salvezza, liberazione e pace: il Messia, l’Unto per eccellenza che è anche chiamato da Isaia «Principe della pace» (Is 9,5).
Il suo domino, che egli eserciterà nella mitezza e nella mansuetudine, sarà grande «e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno» (Is 9,6bc). Queste parole riecheggiano nella casa di Nazaret, quando il messaggero divino dice a Maria: «Sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà mai fi ne» (Lc 1,32-33).
 
Il bambino «nato per noi»: Principe della pace cosmica
 
Alla venuta del grande Atteso, Dio moltiplicherà la gioia e farà aumentare la letizia, poiché si dirà: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo domino e la pace non avrà fi ne» (Is 9,5-6).
Nel cap. 11 Isaia riprende la profezia riguardante questa figura regale, ravvisando in essa «un germoglio» che, dopo la brutale recisione dell’albero della dinastia davidica, «spunterà dal tronco di Iesse (padre di Davide)» e «un virgulto» che «germoglierà dalle sue radici» (Is 11,1). Scavando un po’ nel testo possiamo scoprire che dietro il termine ebraico nesΩer, che significa “virgulto”, si cela la radice verbale nsΩr che significa “custodire”, “conservare”, “mettere in serbo”. Ricordiamo allora che l’evangelista Luca, nel suo ritratto di Maria di Nazaret, la dipinge come colei che “custodiva” le parole e gli eventi riguardanti il figlio suo (cf Lc 2,19.51). Dal tronco di Iesse spunta un virgulto, “custodito” in serbo dal Signore quando l’albero genealogico davidico sembrava ormai radicalmente morto ed essiccato; dal cuore e dalla carne di Maria vergine, colei che ha l’attitudine a “custodire” la Parola, germoglia il Verbo incarnato, «nato dalla stirpe di Davide secondo la carne» (Rm 1,3).
Questo “virgulto” sarà ricolmo dello spirito del Signore, «spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore» (Is 11,2). Egli giudicherà secondo giustizia e «non prenderà decisioni per sentito dire» (Is 11,3), ma emetterà sentenze eque «per gli oppressi del paese» (Is 11,4).
Noi sappiamo quanto l’oppressione esasperi il cuore dell’uomo! Spesso le violenze nascono da altre violenze, le guerre da soprusi e ingiustizie di ogni genere. Sovente l’oppresso reagisce ribellandosi violentemente e non di rado, se riesce a vincere e prendere il sopravvento, da oppresso si trasforma in oppressore, da vittima in carnefice, così che la violenza e la guerra non hanno più fine e diventano un circolo vizioso che si avvinghia su se stesso.
Ecco che allora il dominio esercitato come giustizia ed equità, che ristabilisce le sorti dei miseri e degli oppressi, è portatore della vera pace, una pace totale, che Isaia descrive con pennellate multicolori, coinvolgendo tutte le creature che vivono comunemente in conflitto tra loro ed esercitando la supremazia del più forte sul più debole. I grandi rivali si trasformano in pacifici conviventi, gli animali feroci e pericolosi diventano del tutto innocui: «il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi» (Is 11,6-8).
La pace cosmica che il “virgulto” instaurerà farà ritornare il creato all’armonia di cui godeva in origine, quando tutti gli esseri erano erbivori e nessuno doveva uccidere per cibarsi della vita di un altro. Il Signore Dio infatti aveva detto: «A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde» (Gen 1,30). Dopo il diluvio, quando ormai deve prendere atto che «l’istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza» (Gen 8,21), Dio fa alla sua creazione una concessione. Da questo momento in poi, infatti, egli accetta che si instauri un’incrinatura nel suo progetto originario e consente all’uomo di nutrirsi anche di carne: «Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo come già le verdi erbe» (Gen 9,3).
Ecco che il “bambino” che è nato (cf Is 9,5), il “virgulto” che è germogliato dalla radice di Iesse (cf Is 11,1) stabilirà una pace totale che ripristinerà l’originaria armonia tra tutte le creature, eliminando radicalmente ogni forma di violenza dalla creazione.
 
Maria, dimora della pace
 
Nell’unità conclusiva della sua profezia Isaia riprende il motivo della “radice di Iesse” dichiarando solennemente che «si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia, la sua dimora sarà gloriosa» (Is 11,10).
Questa “dimora” per i cristiani non è un edificio fisico fatto di pietre, ma il tempio vivente che è ogni credente in Cristo, abitato dal suo Spirito (cf 1 Cor 6,19) ed edificato «sopra il fondamento degli apostoli» (Ef 2,20). Tra tutti i membri del popolo cristiano, spicca in modo preminente colei che è stata, in forma del tutto singolare, “dimora” di Cristo nello spirito e nel corpo e costituisce, per coloro che la venerano anche con il titolo di “Regina della pace”, il modello più alto di creatura pienamente pacificata e pacificante. Anche a ciascuno di noi oggi, ella ripete quel saluto che probabilmente è affiorato sulle sue labbra, facendo sussultare di gioia il bambino nel grembo di Elisabetta: si tratta di quel saluto comune nel mondo giudaico che ancora oggi risuona in Israele: “shalom!”.
Maria, modello e immagine della città santa di Dio, è in modo sovraeminente la “nuova Gerusalemme”, che si chiama, nonostante il suo destino tutt’ora travagliato: Yerushalaim, ossia “città della pace”. Ogni uomo che prega il salmo 122, canto delle ascensioni verso Sion, è chiamato a farsi intercessore di pace per il cosmo intero, cominciando proprio da quel centro del mondo (teologico più che geografico) che è Gerusalemme.
Ognuno di noi è invitato a pregare questo bellissimo carme, che anche la madre di Gesù senza dubbio nella sua vita terrena ha ascoltato insieme al suo popolo e pregato con quella vibrazione tutta speciale del suo essere madre del «Principe della pace»:
«Domandate pace
per Gerusalemme:
sia pace a coloro che ti amano,
sia pace sulle tue mura,
sicurezza nei tuoi baluardi.
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: “Su di te sia pace!”».
(Sal 122,6-8)
M. Cristina Caracciolo smr
Facoltà Teologica dell’Italia centrale - Firenze


Lunedì 15 Dicembre,2008 Ore: 11:55