Il babau

Sulla morte del piccolo Tommaso Onofri


di Dacia Valent

01/04/2006

Un colpo di pala sul volto, e poi una piccola buca ricoperta dal fieno. Nessuno racconterà più favole a Tommaso.

Non lo so. Forse non sono quella donna forte che vorrei essere, o che a volte posso sembrare. Non so cosa farei se fossi la madre di Tommaso Onofri.

So cosa ha fatto mia Madre: è morta.

Non è riuscita a sopravvivere alla morte del suo bambino più piccolo, quando lo hanno ucciso, lasciandolo a terra ed al buio, dopo avergli strappato gli occhi, a morire dissanguato.

Le ricordo ancora le sue dita snelle, così sorprendentemente forti, che mi entravano nella carne dell’ avambraccio, quella mattina del 19 febbraio, mentre piccolapiccola e quasi pallida dentro la preziosa pelle nera che mi ha regalato, stava morendo.

Mi disse di proteggerli, i miei bambini, di non dimenticare mai che avrebbero potuto portarmeli via. Mi disse che Andrea Moreno e Daniele Palladino, i due assassini che lo uccisero perchè "era un negro e si meritava una lezione", non sarebbero sopravvissuti, perchè nessuno sopravvive alla morte dell’altro, soprattutto quando lo uccide per motivi futili quanto l’odio razzista. O in questo caso del denaro. Qualcosa dentro l’assassino si spegne, per sempre.

Non so quanti di voi abbiano partorito: è un dolore lancinante, non è vero che alla fine si dimentica. Quel dolore fa parte dell’amore che proveremo fino alla fine per i nostri bambini. Un dolore tranquillo, nel ricordo, ma che si moltiplica per 10, 100, 1000 volte quando il nostro bambino - non importa quanto sia grande - si fa male. Un dolore atroce se il nostro bambino muore. Un dolore annichilente quando il nostro bambino viene ucciso.

Non lo so, davvero. Credo di essere come mia Madre. Se Sebastian o Mattia morissero, mi accartoccerei su me stessa e perderei la vita, perchè avrei perso la vita che ho portato dentro di me. Se morissero il mio respiro smetterebbe di appannare lo specchio mondo. Perchè loro sono la mia vita.

Ricorderei ogni singolo secondo di quel dolore benedetto, perchè me li ha portati fuori dal grembo, con più nostalgia del piacere intenso che ce li ha portati dentro, ed ognuno di questi secondi mi ucciderebbe, alla fine ogni secondo delle loro vite sarebbe il mio sentiero per raggiungerli.

Ho visto la foto di Tommaso Onofri, così piccolo, così indifeso, come lo sono i cuccioli d’uomo, ed a volte gli uomini tout court.

Credo che andrò a casa, adesso, perchè non riesco a lavorare mentre tiro su con il naso, e penso al fatto che quegli animali - Mario Alessi, Salvatore Raimondi e Antonella Conserva - hanno dei figli e che, se qualcuno facesse loro ciò che loro hanno fatto a Tommaso, probabilmente ne morirebbero. Perchè, e lo ripeto, nessuno sopravvive alla morte che infligge ad un altro.

E leggo adesso che lo hanno ucciso perchè piangeva. E piangeva perchè non si prendono le caramelle dagli sconosciuti e non vedeva nessuno di quelli che di solito lo baciavano e lo prendevano in braccio e gli cambiavano il pannolino e gli dicevano cose stupide con vocine ancora più stupide.

Lui piangeva perchè aveva imparato che se avesse pianto forte, allora la mamma sarebbe arrivata e lo avrebbe preso in braccio. L’equivalente di una chiamata al cellulare, suppongo.

Solo che ha sbagliato numero. Ed ha risposto il babau.



Luned́, 03 aprile 2006