Cristiani ed omosessualità
Beati i peccatori

Di don Vitaliano della Sala

Finocchi.
E’ uno dei tanti termini con cui si stigmatizzano le persone omosessuali. Forse non tutti ne conoscono l’origine. E’ bene ricordarla. Quando gli omosessuali venivano messi al rogo, si coprivano le fascine con bucce e piante fresche di finocchi, così i corpi potevano bruciare più lentamente, mentre nell’aria si diffondeva un intenso odore di finocchio.
Si dà il caso che la Chiesa cattolica non sia stata affatto estranea a questi roghi. Vi era, a quei tempi, un connubio tra l’autorità religiosa e quella civile e politica; quest’ultima, il cosiddetto braccio secolare, traduceva in pratica, dava esecuzione a ciò che decideva l’altra.
Cose di altri tempi, qualcuno potrebbe dire. Cose di quei tempi, quelli dell’Inquisizione e di Giordano Bruno per intenderci, per i quali il Papa ha chiesto perdono.
Cose di questi tempi, invece. Ovviamente non si tratta più di condanne a morte e di roghi, ma quel connubio è tornato attuale. Ciò a cui ci stanno facendo assistere il cardinale Ruini presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il presidente del Consiglio Amato e il sindaco di Roma Rutelli richiama da vicino quell’agire solidale di potere spirituale e temporale di triste memoria. Un’alleanza che mi sembra del tutto inaccettabile come cittadino italiano e come credente, come prete cattolico.
Come cittadino italiano non posso accettare deroghe alla laicità dello Stato, alla sua imparzialità che è un principio garantista a tutela di tutti, voluto dalla Costituzione perché i diritti e le libertà civili di ognuno fossero rispettati. Uno Stato che si permette di entrare nel merito di questioni che esulano dalla sua competenza decidendo che un diritto (quello rivendicato dalla CEI) sia più diritto di un altro (quello di lesbiche e gay) è uno stato che non dovrebbe lasciare tranquillo nessuno. Neanche i cattolici come Ruini o Casini. Cosa vieterebbe infatti a questo Stato, domani, di decidere che i diritti dei cattolici sono meno diritti di quelli di altri (magari dei tanto paventati musulmani che starebbero invadendo e forzatamente convertendo il Paese…)?
Come cristiano devo ricordare che la teocrazia non piaceva neanche a Gesù Cristo. «Date a Cesare quel che è di Cesare, ma date a Dio quel che è di Dio» non implica forse la separazione dei due ambiti, quello civile e quello religioso? Non pare che abbia mai fatto bene – bene autentico, s’intende – alla Chiesa l’alleanza con il potere politico. Così come è estranea ai Vangeli ogni logica di potere, ogni braccio di ferro e prova di forza: a pensarci bene, nessuno lascia gli uomini più liberi di quanto non faccia Dio. Nessuno è mai stato fulminato da Dio per le scelte che ha compiuto. Neanche Torquemada. Anzi, sempre nei Vangeli, è scritto di lasciare che il grano e la zizzania crescano insieme, per non rischiare di confonderle, o meglio per non arrogarsi il diritto di giudicare che cosa è grano e che cosa è zizzania.
E questo, a mio modo di vedere, è uno dei punti più essenziali.
Trovo particolarmente ipocrita che si dica, come da varie parti è stato fatto, che non si ha nulla in contrario che lesbiche e gay manifestino ma che è più opportuno che lo facciano da un’altra parte, lontano dal Giubileo. Da quel Giubileo che dovrebbe essere occasione di accoglienza, momento privilegiato per rimuovere le incomprensioni, magari per risolvere astio e rancore che si sono sedimentati nel tempo, magari ancora, per chi crede, occasione per porgere l’altra guancia anche agli insulti, quei tanto temuti dissacranti insulti che renderebbero inopportuno il Gay pride a Roma. Questo modo di porsi non mi sembra degno di chi si proclama discepolo e seguace di Gesù Cristo, di chi vuole percorrere la sua stessa via.
Al tempo di Gesù i farisei, brave persone, pie ed osservanti erano molto scandalizzati dai peccatori pubblici e dalle prostitute e si guardavano bene dal contaminarsi con loro. Ed a costoro, proprio a costoro, Gesù un giorno disse: «i peccatori e le prostitute vi precederanno nel Regno dei Cieli».
Sarebbe bene che ci ricordassimo che in Paradiso vanno quelli che, come la Maddalena, hanno «molto amato».
Il resto, poco conta.

don Vitaliano Della Sala

Articolo apparso su «Liberazione», 2 giugno 2000


[Chiudi/Close]

«Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino»
Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi
Registrazione Tribunale di Avellino n.337 del 5.3.1996