Nelle carceri americane il maltrattamento é di routine

(Fox Butterfield sul The New York Times del 19 Maggio 2004)


Abusi fisici e sessuali sul detenuti, simili a quelli che sono stati scoperti in Iraq avvengono nelle prigioni statunitensi nella quasi totale indifferenza dell’opinione pubblica, secondo i funzionari dell’amministrazione carceraria, i detenuti e i difensori dei diritti umani.
In Pennsylvania e in alcuni altri Stati, i detenuti vengono regolarmente spogliati di fronte agli altri detenuti, prima di venire trasferiti in una nuova prigione o in una nuova unità all’interno della stessa prigione. In Arizona i detenuti maschi del carcere di Maricopa Country, a Phoenix, vengono costretti a indossare biancheria rosa come forma di umiliazione.
Nel carcere di massima sicurezza Wallens Ridge, in Virginia, detenuti appena entrati nel carcere hanno riferito di essere stati obbligati a indossare cappucci neri, teoricamente per impedire loro di sputare sulle guardie, e hanno detto di essere stati spesso picchiati e insultati dalle guardie carcerarle, e costretti a camminare in ginocchio.
Gli esperti di sistemi carcerari dicono che alcuni tra gli abusi peggiori sono stati commessi nel Texas, dove le prigioni sono state sottoposte a controllo da parte del governo statale durante buona parte del periodo in cui George Bush è stato governatore, per via del sovraffollamento e delle violenze dei secondini sui detenuti. Il giudice della corte di distretto federale William Wayne Justice aveva imposto la supervisione pubblica dopo che si era scoperto che i secondini permettevano ai capi dei detenuti di comprare e vendere altri carcerati come schiavi sessuali.
Gli esperti fanno notare, inoltre, che l’uomo che ha diretto la riapertura della prigione dl Abu Ghraib in Iraq l’anno scorso, era stato costretto a dimettersi da direttore del Dipartimento carcerario dello Stato dello Utah nel 1997, dopo che un detenuto, affetto da schizofrenia, era morto dopo essere rimasto legato a una sedia, nudo, per 16 ore.
Questo funzionario, Lane McCotter, era poi diventato dirigente di un’azienda carceraria privata: una delle prigioni gestite da quest’azienda era sotto inchiesta da parte del dipartimento di Giustizia, quando McCotter è stato inviato in Iraq come parte di una squadra dl funzionari carcerari, magistrati, pubblici ministeri e alti ufficiali dl polizia scelti dal ministro della Giustizia John Ashcroft per ricostruire il sistema giudiziario del paese.
In Texas, nel 2000, un detenuto della Alfred Unit di Wichita Falls è stato ripetutamente stuprato da altri detenuti, nonostante avesse chiesto aiuto ai secondini, che permettevano che venisse trattato come uno schiavo, comprato e venduto da varie gang di carcerati. Il detenuto, Roderick Johnson, ha fatto causa al dipartimento di Giustizia criminale del Texas, e il caso è ora sottoposto alla Corte d’appello federale.
Nel 1999, il giudice Justice ha scritto, riguardo alla situazione in Texas: “Molti detenuti hanno riferito, attendibilmente, dell’esistenza di episodi di violenza, stupro ed estorsione nel sistema carcerario, e delle loro sofferenze per queste condizioni abominevoli”.
Alla domanda se il presidente Bush sapesse degli abusi commessi nelle carceri texane quando era governatore dello Stato, Trent Duffy, un portavoce della Casa Bianca, ha detto che i problemi nelle carceri americane non erano comparabili a quelli emersi ad Abu Ghraih. In tutto il paese, nell’ultimo quarto dl secolo, più di 40 sistemi carcerari statali sono stati sottoposti a supervisione giudiziaria, a causa di episodi dl brutalità, sovraffollamento, carenze alimentari o mancanza di assistenza medica, riferisce Marc Mauer, vicedirettore del Sentencing Project, un gruppo di consulenza di Washington che invoca sistemi alternativi al carcere.
Chase Riveland, ex segretario del dipartimento carcerario negli Stati di Washington e del Colorado, e ora consulente carcerarlo vicino Seattle, dice: “In alcune zone degli Stati Uniti esiste da molto tempo una cultura carceraria che tollera la violenza”. Questa cultura è peggiorata ancora con il quadruplicamento del numero di prigioni e di detenuti negli ultimi 25 anni, fino all’attuale cifra dl 2,1 milioni di carcerati. Con il problema del sovraffollamento si impone la necessità di assumere un gran numero di guardie carcerarie inesperte e spesso male addestrate, dice Riveland.
In Iraq deve essere successo qualcosa del genere, prosegue Riveland, con gli americani che hanno cercato di creare un nuovo sistema carcerario con agenti della polizia militare presi dalle unità di riserva dell’esercito, addestrati in maniera insufficiente.
Quando il ministro Ashcroft, lo scorso anno, annunciò la nomina del team, di cui faceva parte McCotter, incaricato di ripristinare il sistema giudiziario in Iraq, disse: “Ora tutti gli iracheni possono assaporare il gusto della libertà nella loro terra natia, e noi li aiuteremo a rendere permanente questa libertà, dando loro la nostra assistenza per creare un sistema giudiziario equo e basato sulla legge e sui diritti umani fondamentali”.
In un’intervista rilasciata a una rivista online, Corrections.com, lo scorso gennaio, McCotter ricordava che, di tutte le prigioni Irachene, Abu Ghraib era, secondo l’opinione di tutto il team, “l’unica veramente simile a una prigione americana”.
McCotter ha detto di aver lavorato a stretto contano con gli agenti della polizia militare americana nel carcere di Abu Graib. Ma, in una dichiarazione scritta rilasciata il 7 maggio, sostiene di aver lasciato l’Iraq a settembre, subito dopo la cerimonia dì riapertura della prigione. Dopo quella data – dice - non ho partecipato in alcun modo alla gestione di quella struttura”.



Lunedì, 24 maggio 2004