ODIO E VIOLENZA. ALTRO CHE CABALA!*

di Moni OVADIA (il manifesto, 26.07.2005)

Lingua di fuoco su Sharon

L’anatema cabalistico del rabbi Dayan. Come per Rabin

(il manifesto, 26.07.2005, p. 04)

In Israele c’è un rabbino fanatico (uno dei tanti, per la verità) che da anni lancia maledizioni cabalistiche contro chiunque a vario titolo cerchi un qualsiasi accordo con i palestinesi che preveda lo sgombero di qualche pezzetto di quella che molti israeliani (laici e religiosi) chiamano Grande Israele. L’anatema dello sciamano ebreo, molto simile alla scomunica degli sciamani cattolici e alla fatwa degli sciamani islamici, attira tanto più l’attenzione se è pronunciato nei termini misteriosi della cabala, il sistema di teosofia esoterica di origine rabbinica nato, si dice, dal mistico del I secolo Simeon ben Yohai, basato sulle sacre scritture ebraiche e sviluppatosi a partire dal VII secolo. Il rabbino Yosef Dayan, che era assurto a un certa notorietà nel `95 per avere lanciato la sua condanna a morte contro il premier laburista Yitzhak Rabin un mese prima che uno zelota ebreo lo assassinasse a Tel Aviv, ora ci riprova con Ariel Sharon. L’uno era colpevole degli accordi di Oslo, l’altro del ritiro da Gaza. Quindi devono morire e per questo, si è saputo, si è riunito con un altro po’ di sciamani (pare che la regola cabalistica imponga di «essere non più di 10 e non meno di 10») nel cimitero di Rosh Pinna, nell’alta Galilea, e ha lanciato contro Sharon la sua «Pulsa de Noura», che in aramaico significa «Lingua di fuoco». Il rabbino Dayan ha precisato di non essere sicuro che la maledizione cabalistica abbia l’effetto sperato in quanto qualcuno dei partecipanti al sabba nel cimitero ha sollevato dei dubbi sulle radici ebraiche di Sharon e la Lingua di fuoco colpisce solo gli ebrei doc. «Non ci resta che aspettare per vedere se le nostre preghiere saranno ascoltate dal cielo», ha detto il rabbino.

Molti altri rabbini, come Ariel Bar Tzadok, cercano di scongiurare la fatwa del loro collega Dayan assicurando che nelle «centinaia, se non migliaia di libri di Kabbalah disponibili, nessuno di loro contiene una formula per il rituale della maledizione del Pulsa de Nura» e che «nessun Rabbino, o Kabbalista, ha il diritto o l’autorità di decretare la morte di qualcuno». A parte il precedente di Rabin, Yosef Dayan ribatte che la scomunica a suo tempo fu lanciata anche contro Trotzky dal rabbino russo Israel Meir Hacohen Maradin. E si sa come andò a finire Trotzky in Messico. Per ora l’effetto dell’ultima Pulsa de Nura del rabbino Dayan è stato che Sharon domenica è stato costretto a smentire le voci insistenti di un infarto.



* COMMENTO
Odio e violenza. Altro che Cabala!

di MONI OVADIA (il manifesto, 26.07.2005, p. 04)


Come giudicare la «maledizione cabbalistica» della frustata di fuoco contro Sharon per la sua decisione di ritirarsi da Gaza occupata, da parte dei rabbini, gli stessi, pare, che dieci anni fa organizzarono una eguale «cerimonia» contro il premier Ytzhak Rabin, a pochi giorni dal suo assassinio per mano di un estremista di destra ebreo? In primo luogo a partire proprio dall’occupazione dei territori palestinesi del 1967. E’ con la decisione di rimanere in queste terre e di colonizzarle che si è attivato l’incontro fra il nazionalismo e il fanatismo religioso. Una miscela esplosiva e perversa perché fanatismo e nazionalismo religioso sono responsabili di alcuni fra i più grandi disastri della storia dell’umanità. E’ a causa di miscele di questo tipo che gli ebrei sono stati tra i popoli che più hanno sofferto. Naturalmente è una depravazione dello spirito della Torah, la legge di Abramo, che invece è un messaggio rivoluzionario di pace, giustizia sociale, fratellanza universale e amore per lo straniero. «Amerai lo straniero» è il comandamento più ripetuto nella Torah: lo straniero che abita presso di te non molestarlo, è come il tuo compatriota, amerai lo straniero come te stesso. E’ il comandamento più ripetuto nella Scrittura e alla fine del Levitico. Alla fine dell’annuncio del Giubileo, Dio rivolto agli ebrei disse: davanti a me siete tutti stranieri. Questo è il messaggio della Torah. E come sempre accade ai «messaggi rivoluzionari»- vale anche per il Vangelo - coloro che si oppongono, non potendo contrapporsi alla potenza che il messaggio evoca cambiando il quadro di riferimento del mondo, entrano dentro nel merito per pervertirne il cammino. Questi rabbini - anche se non conosco le loro storie personali - fanno parte del movimento dei coloni, e tra le loro fila ci sono posizioni dichiaratamente fasciste, nazional-fasciste. Il fatto che siano cittadini dello stato di Israele non significa, purtroppo, che non possano essere fascisti. Questo succede quando si dà prevalenza, invece che all’etica dell’umanesimo, al nazionalismo, alla terra, al delirio della zolla. Oltre tutto ebraicamente mi appaiono degli idolatri, perché la Cabala è un metodo ermeneutico, sublime, poetico, e lirico e non uno strumento di negromanzia che è proibita severissimamente. E’ quindi una perversione totale, una regressione idolatrica che devasta l’ethos ebraico. Idolatria e fascismo, non mi riesce di immaginare niente di più vergognoso. Qual è lo scopo di tutto questo e in particolare di questa corrente? E’ il potere, il potere su un’area, è combattere per il dominio. Nessuna domanda di giustizia né di rispetto. Anzi. Con questa depravazione idolatrica si vorrebbe riportare l’ebraismo a prima di Abramo. Abramo per fondare l’ebraismo non fonda una città, esce da una città, è un ripetuto esodo, una uscita. L’identità ebraica si forma nella diaspora, la vera casa dell’ebreo dicono tutti i grandi maestri è la capanna nel deserto, la casa precaria, instabile, che ci fa mantenere la tensione spirituale. Questo invece è ciarpame estremista che coltiva violenza, odio, disseminazione. Nessun popolo ha sofferto di queste cose come hanno sofferto gli ebrei. C’è scritto nella Torah: «Non ucciderai». Cioè il rispetto della vita è al centro dell’ethos ebraico. Invece così si alimenta la pratica della violenza. Lutti e disastri che stanno sotto i nostri occhi.

Ma le persone lungimiranti la sapevano già. Il grande Yeshayahu Leibowitz, sionista fondatore d’Israele, un ebreo credente, religioso, uomo di grandi sentimenti di giustizia e di scienza, lo disse subito: «Usciamo immediatamente da quei territori, perderemo l’anima, perderemo la dignità». Una posizione che è stata ribadita in una lettera memorabile da uno dei padri fondatori del sionismo, dal presidente della Knesset, Avraham Burg. Non è la religione. Anche da Marx è uscito Stalin. E’ un’altra questione. Io lo definisco pensiero idolatrico: qualcuno che usa i grandi libri che sono un dono dell’umanità - come la Torah, il Vangelo, il Corano, i manoscritti economici e filosofici di Marx - come idoli, come totem. E non come sapere critico e fonte di continua, rinnovata ricerca che prevede diverse letture. Solo le diverse letture confrontandosi, alzando il livello del pensiero, ci permettono di approssimarci a una verità condivisa.



Venerdì, 29 luglio 2005