Testimoni del nostro tempo
Lorenzo Milani
di Anna Carfora
Note biografiche significative Lorenzo Milani nasce a Firenze nel 1923. Sua madre era di origine ebrea ma completamente agnostica. La famiglia paterna apparteneva all’alta borghesia intellettuale fiorentina, una famiglia di non credenti. Lorenzo riceve il battesimo nel 1933: “un battesimo fascista” per dare una patente di arianesimo ad una famiglia in parte ebrea. Dopo aver frequentato il liceo classico decide di dedicarsi alla pittura. Rivela presto una personalità piuttosto fuori dagli schemi. Firma le sue lettere “Lorenzino dio e pittore”. La sua conversione al cristianesimo avviene nel 1943 e nel ’47 viene ordinato sacerdote. E’ mandato come cappellano a San Donato di Calenzano: una realtà operaia caratterizzata da forte conflittualità tra comunisti (maggioranza) e cattolici democristiani. La “questione pastorale” Don Milani si rende presto conto della vacuità della vita parrocchiale, del carattere formale, esteriore e non vissuto della pratica liturgica (routine dell’amministrazione dei sacramenti, carattere folkloristico delle processioni ecc.), dell’inutilità formativa del catechismo. Prova ad avvicinare i giovani con le attività dell’oratorio (partite di calcio, tornei di ping-pong, ecc.) ma abbandona abbastanza presto questo genere di attività: mezzi per attirare i giovani che non li conducono ad aprirsi alla fede, a maturare una coscienza evangelica, ma contribuiscono a intorpidirne le menti e addormentarne le coscienze; e, ancor più, trascinano le parrocchie in una competizione, a chi propone le iniziative più accattivanti, con i ricreatori delle Case del Popolo dei comunisti. Inizia, così, l’esperienza della scuola popolare: una scuola serale per i giovani operai. Significativi gli incontri del venerdì a cui invita personalità della cultura, della politica, del sindacato ecc. a parlare ai ragazzi. Ai giovani don Lorenzo offre strumenti culturali, mezzi di emancipazione dal loro stato di inferiorità. Inaugura un modo nuovo e diverso di rapportarsi, basato sulla chiarezza e sul confronto, tra cattolici e comunisti. Alla stima di cui gode presso i ragazzi si contrappongono le numerose antipatie che don Lorenzo si attira a causa del suo parlare e agire estremamente franco e anticonformista. Nel 1954, alla morte di don Daniele Pugi, il prevosto di San Donato, non viene nominato parroco al suo posto ma trasferito a Barbiana: “un penitenziario ecclesiastico”, una parrocchia di montagna, tra case sparse, senza strada per arrivarci, senza acqua e luce elettrica. Lì riprende l’esperienza della scuola popolare ma i montanari sono molto meno ricettivi dei giovani operai e così sceglie di fare scuola ai ragazzini. Nel 1957 esce Esperienze pastorali, un libro che solleva un grande dibattito e anche un grosso polverone. Finchè, l’anno dopo, il S. Uffizio ne decide il ritiro dal commercio. Esperienze pastorali E’ il frutto delle riflessioni e delle scelte pastorali di don Milani. Un libro scomodo, che mette in crisi i “dogmi” e le prassi pastorali in voga, originale anche nel metodo di indagine: si fa largo ricorso, ad es. al metodo statistico per corroborare, numeri alla mano, la tesi dell’inutilità e dell’inefficacia dei metodi pastorali più diffusi. Centrale è il tema dell’evangelizzazione. Nel testo viene svolta una disamina sulle condizioni di possibilità dell’evangelizzazione. La differenza più grande tra ricchi e poveri sta nel discrimine culturale: i poveri sono emarginati perché non possiedono gli strumenti culturali per prendere il loro destino nelle mani e cambiarlo, essi mancano di uno strumento fondamentale: la lingua. Ai poveri, che non possiedono la lingua, è precluso anche l’accesso al Vangelo, poiché non l’intendono. Per permettere l’avvicinamento dei poveri a Cristo e alla Chiesa, bisogna dotarli dello strumento linguistico. La scelta dei poveri sarà assoluta e radicale per don Milani. I poveri che hanno subito inganni e tradimenti anche dai cattolici – come molto bene si trova espresso nella sua lettera a un giovane comunista (meglio nota come lettera a Pipetta) - che con la Democrazia Cristiana hanno mancato quella straordinaria occasione storica per instaurare una autentica civiltà cristiana che si era creata all’indomani della Liberazione. Barbiana La scuola di Barbiana è impostata secondo metodi rivoluzionari. Senza gioco e ricreazione, scuola di classe perché mira al riscatto di una classe sociale oppressa. Scuola di lingua e di pensiero. Una scuola laica perché cristiana nelle midolla. Barbiana diventa una meta per tanti. Tutti quelli che vi salgono vengono usati da don Lorenzo come “strumenti utili” alla crescita dei suoi ragazzi. Sindacato e insegnamento sono le vie di impegno verso cui indirizza i suoi giovani. Quei giovani a cui vuole un bene esigente, e che educa alla “superbia”: una virtù che manca ai vinti. L’obbedienza non è più una virtù Si tratta di una presa di posizione sull’obiezione di coscienza al servizio militare (a quel tempo un reato punito con la detenzione) che nasce dalla lettura, fatta insieme ai ragazzi, di un comunicato stampa dei cappellani militari in congedo della Toscana: «[I cappellani militari] considerano un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta “obiezione di coscienza” che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà». Don Milani discute queste affermazioni con i ragazzi e nasce una risposta scritta, la Risposta ai cappellani. Nel testo si trova una critica severissima al concetto esasperato di patria: «Non discuterò qui l’idea di patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia patria, gli altri i miei stranieri. […] Almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le macchine che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto». L’obbedienza cieca e assoluta è stata la norma che ha trasformato milioni di poveri soldati in vittime/aggressori. Sugli obiettori si dice: «Aspettate ad insultarli: Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione, ma non è bello star dalla parte di chi ce li tiene». Don Milani viene imputato di incitamento alla diserzione e alla disubbidienza militare; la sua difesa in tribunale è affidata alla Lettera ai giudici in cui egli sostiene con forza il primato della coscienza nei confronti dello stato e in cui si trova formulata la famosa affermazione: «Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene fare scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto». Lettera a una professoressa Questo testo, che ha per autore la Scuola di Barbiana, è una critica, minuziosamente condotta, alla scuola elitaria che boccia i figli dei poveri e promuove quelli dei ricchi, una scuola accusata di “far parti eguali tra diseguali”. «Voi dite d’aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E’ più facile che i dispettosi siate voi». « [La scuola] – secondo don Milani - è un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile». La Chiesa Nonostante alcuni ambienti ecclesiastici gli abbiano dato molto da soffrire, don Milani resta sempre fedelissimo. Fuori della Chiesa – dice – non potrebbe mai ricevere il perdono e i Sacramenti. «Dottrina e Sacramenti», il solo compito che spetta a un sacerdote di Cristo. La sua vita di maestro altro non è che l’unica propedeutica che egli ha visto praticabile per giungere a questo. Per offrire agli ultimi la possibilità di essere dei cristiani; cristiani “in piedi”. E di trasformare, in senso cristiano, la vita. La scuola è, dunque, «l’ottavo Sacramento» che apre la via agli altri sette. |