Recensione
IL "Piccolo dizionario dell’ineguaglianza femminile" di Alice Ceresa

di Maria Paola Fiorensoli

[Dal sito de "Il paese delle donne on line" (www.womenews.net/spip3) riprendiamo la seguente recensione.

Maria Paola Fiorensoli, prestigiosa intellettuale e militante femminista, storica e giornalista, e’ presidente dell’associazione "Il paese delle donne".

Alice Ceresa (1923-2001), scrittrice, giornalista, traduttrice e consulente editoriale italiana di origini svizzere, ha vissuto prevalentemente a Roma. Opere di Alice Ceresa: La figlia prodiga, Einaudi, Torino 1967; La morte del padre, Einaudi, Torino 1979; Bambine, Einaudi, Torino 1990; La figlia prodiga e altri scritti, La Tartaruga, Milano 2004; Piccolo dizionario dell’ineguaglianza femminile, Nottetempo, 2007)]



Di Alice Ceresa, traduttrice, giornalista e consulente letteraria per la casa editrice Longanesi, esce postumo Piccolo dizionario dell’ineguaglianza femminile (Nottetempo, 2007), curato da Tatiana Crivelli, con postfazione di Jacqueline Risset.

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In una lettera all’amica e traduttrice francese Michele Causse, scritta nel 1976 e conservata nell’Archivio svizzero di letteratura (perche’ Ceresa e’ nata a Basilea e cresciuta in Ticino), e’ la frase in cui scopre di "non poter piu’ scrivere un libro tutto di seguito, come spiegato nella figlia prodiga", ritiene che le donne "non dovrebbero mai scrivere libri tutti di seguito, vale a dire per esempio romanzi, perche’ ho il forte sospetto che non corrisponda loro questa forma presuntuosa di creazione organizzata banalmente come la banale vita che ci hanno fatta", ipotizza che "le donne dovrebbero fare filtri, come le streghe. Io, per ora, distillo".

Trent’anni di distillazione, una vita spesa nella tensione politico-letteraria, fra "ricerca della concisione e ambizione a un valore universale delle definizioni proposte" ed ecco il Dizionario, frutto disincantato e incantevole dette tante parole che "in spietato e ordinatissimo estratto alfabetico, attraverso la figura femminile si incarna esemplarmente la grottesca innaturalita’ in cui la societa’ moderna si e’ andata strutturando".

Nelle carte del Dizionario, mai dato dall’autrice alla stampa, anche la storia di un work in progress: scalette, cambi di progetto sulle voci da inserire, varie riflessioni sui termini, innumerevoli redazioni dattiloscritte che certificano un esercizio costante di revisione critica. Negli anni in cui non ha mai smesso di accrescere e migliorare le sue "voci", che gia’ nel 1976 erano numerose. Alice Ceresa non si e’ mai concessa la soddisfazione di porsi davanti a un compiuto, pur nella continua intenzionalita’ di pubblicare, come accadde con le cinque voci stampate in traduzione francese nel 1977 e tedesca nel 1993.

L’autrice scrisse all’amica: "Adesso ti spiego come la vedo io: per me l’inuguaglianza femminile non e’ fatta dei temi delle rivendicazioni, ma e’ ancorata nella intera visione del mondo; ergo, se io faccio un dizionario (che comprende le parole dello scibile), devo fare il giro anzitutto delle radici di quest’albero dell’inuguaglianza. Anzi ti diro’ che la mancanza di questo giro d’orizzonte e’ la maggiore debolezza delle femministe anche se capisco che chi si batte (fortunatamente per noi tutte) nelle strade non puo’ avere di queste preoccupazioni. Io pero’ le posso avere, anzi, direi che debbo... in conclusione, il piccolo dizionario io non lo scrivo per le donne; lo scrivo perche’ va scritto. E siccome io scrivo difficile, ebbene, sara’ difficile; non mi risulta che le cose, e neanche quelle da capire, siano facili. Se poi non mi vogliono leggere, ne fanno a meno. Di chi devo avere pieta’? E in nome di che cosa? Della stupidita’? Abbasso la stupidita’".

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Avvertiamo, come la curatrice, che tutto il fascicolo contenente l’apparato filologico e’ gratuitamente scaricabile in formato pdf dal sito dell’editore (http://www.edizioninottetempo.it/ceresa/Ceresa_Crivelli.pdf ).

Segnaliamo che poche curatrici si dimostrano tante attente a fornire indicazioni sui materiali e sulla formulazione della loro opera quanto Tatiana Crivelli che, in appendice, non solo giustifica i motivi della pubblicazione dell’inedito ma propone le versioni espunte dalle carte di lavoro di Ceresa e filologicamente significative.

Jacqueline Risset infatti nota che, "benche’ sia stato ideato e iniziato negli anni Settanta, il Piccolo dizionario non offre traccia di risentimento ne’ di esaltazione monovalente, es. ’donna e’ bello’, ecc. Furore e ironia dominano, piu’ ancora che negli altri scritti della stessa autrice; e si dovrebbe forse scrivere quei due nomi con la maiuscola... come avviene per alcune voci particolari, cosi’ che nozioni astratte come Biologia o Letteratura diventano allegorie femminile in azione". Si legge: "Assetata di ordine e di plausibilita’, la biologia, che allora ignorava di portare questo nome, si aggirava disperata nel mondo". Ancora: "La letteratura vive in caverne tappezzate di libri e molto raramente esce allo scoperto... Agisce in solitudine, non le si conoscono complici o amici e svolge le sue alchemiche attivita’ lontano dagli occhi di tutti".

Cosa ha fatto Alice Ceresa se non continuare a "usare parodisticamente il linguaggio del diritto, della legge, della norma, facendo apparire l’arbitrarieta’ e l’aberrazione della norma"? Cosa e quanto ci ha lasciato attraversando quella cultura che definisce "la somma della tradizione e del sapere di un popolo o dell’umanita’ intera", che consiste "in qualsiasi manifestazione dell’umana natura purche’ abbracciata da un numero sufficiente di individui" e che, qui lo scarto, "e’ quindi un fatto quantitativo e non qualitativo come si vorrebbe farci credere"? Il Dizionario, assicura l’autrice, conferma la curatrice, non fornisce risposte. A partire dall’anima.

Anima: "organismo non soltanto invisibile, inodore, asonoro, impalpabile e insipido, ma anche razzista... Studiata da apposite discipline e amministrata da specifiche istituzioni quali filosofie e psicologie da una parte, chiese e manicomi dall’altra, per non citare che le piu’ appariscenti; e partecipa per estensione a tutte le attivita’ umane, dalla riproduzione della specie alla guerra, nonche’ a quelle piu’ squisitamente sociali, dalla politica ai tribunali, senza che le sia concesso di dire bah. L’anima infatti, essendo immateriale, non puo’ parlare e neanche e tantomeno mordere".

Veramente un sollievo.

Tratto da
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Numero 44 del 30 marzo 2007



Venerd́, 30 marzo 2007