NELLA RICCA MONOGRAFIA DI TESTI EDITI E INEDITI DI DON FRANCO MOLINARI EDITO DALLA QUERINIANA DI BRESCIA E DALLA TIPOGRAFIA EDITORIALE DI PIACENZA RIVIVE LA FIGURA DI
“BERNARDO BARBIELLINI AMIDEI – IL FASCISTA DEL DISSENSO (1896-1940).

A cura di Carlo Castellini

La prefazione è dello storico Francesco Margiotta Broglio; la dedica a Vito Neri e Angela Molinari; la dittatura fascista ha cercato di costruirne un mito, deformando le sue intenzioni e la sua figura di cattolico atipico; Franco Molinari, invece, rivendica per Bernardo, chiamato “Dino”, una personalità di grande rilievo, una vivace intelligenza ed una capacità operativa non comune. Ma la sua fedeltà alla Chiesa viene bollata come mania religiosa dai gerarchi ghibellini . Pur avendo messo in salvo EDDA MUSSOLINI, sposa di GIAN GALEAZZO CIANO, nei mesi tragici del delitto MATTEOTTI,il deputato piacentino, sputa in faccia a MARINELLI, quando viene a conoscere la sua corresponsabilità nell’atroce eccidio.


“BERNARDO BARBIELLINI AMIDEI”: “IL FASCISTA DEL DISSENSO”.
 
E’ uscito, per i tipi della Queriniana di Brescia,(già nel 1982), in collaborazione con la Tipografia Editoriale di Piacenza, un nuovo studio monografico dal titolo:”BERNARDO BARBIELLINI AMIDEI:IL FASCISTA DEL DISSENSO.(1896-1940). Autore della ricerca storiografica FRANCO MOLINARI, Ordinario di Storia presso la Facoltà di Magistero di Brescia, e felicissimo divulgatore e giornalista., ora defunto.
La prefazione è di FRANCESCO MARGIOTT A BROGLIO, Ordinario di Storia presso l’Università di Firenze, che illustra ai lettori il significato dell’approfondita indagine, alla luce delle felici intuizioni storiografiche di autori di solida fama come RENZO DE FELICE (Italia e ventennio fascista), ANGELO TASCA (Prospettive storiografiche e politiche ),DELIO CANTIMORI (Storiografia, Correnti movimenti).
L’Autore confessa di aver dovuto superare non poche perplessità e antipatie nei confronti del personaggio che riteneva il “Ras” fascista della sua città, (Piacenza), anche per la contradditorietà e complessità del suo carattere: che l’autore cerca di rendere piu’ comprensibile individuandone alcune costanti. A toglierlo dall’”impasse” ci pensò il dott. PIERO CASTAGNOLI, Direttore dell’Archivio di Stato di Piacenza, che segnalò al nostro Autore, l’esistenza di un cospicuo fondo BARBIELLINI, giacente nell’Archivio di Stato piacentino. DANIELA ROSSI, una delle tante collaboratrici di cui l’Autore va fiero, ha schedato e ordinato il materiale delle 17 nutrite cartelle e dei 98 robusti fascicoli riguardanti il periodo 1920-1929.
Conclusione di FRANCO MOLINARI: il personaggio studiato in controluce e radiografato dai documenti, è molto diverso da quello stereotipato della mitologia di regime. La sfida dell’autore è consistita nel ricostruire il nucleo unitario di BERNARDO – che sarà sempre chiamato col diminutivo di “DINO” – fatto di alcune costanti del suo carattere. Desiderio di giustizia, difesa dei piu’ deboli, disinteresse e amore per la cultura, interessi scientifici spiccati, fondazione e direzione di giornali, costruzione di dighe, studio di orientalistica, curiosità ed apertura verso il mondo arabo e la sua cultura.
La ricerca documentata di FRANCO MOLINARI, (che ha attinto anche all’archivio dei viventi, persone da lui interpellate oralmente, che gli sono valsi quali validi riscontri per le fonti d’archivio; il fratello Luigi ha fatto il resto), si colloca all’interno di quella corrente storiografica, che sta indagando sui principali gerarchi del fascismo (BOTTAI, STARACE, GIURIATI, ARPINATI, CIANO, TURATI).
BERNARDO BARBIELLINI AMIDEI,romano di nascita, essendo nato in via Merulana, al n. 174, trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Piacenza, dove si trasferisce nel 1900, all’indomani della morte della nonna. ROSA GATTORNO, rimasta prematuramente vedova, dedica gli ultimi quarant’anni della sua vita, alla creazione delle FIGLIE DI SANT’ANNA, che ha finalità assistenziali. Chiuderà gli occhi nel 1900 in odore di santità.                
FRANCO MOLINARI, è storico di professione, ma anche per passione, senza essere passionale. dice sempre di voler evitare i due implacabili nemici della storiografia di sempre: la cieca devozione al personaggio da illustrare e la critica demolitrice dall’altra. Lui non vuole né bene, né male al suo personaggio. Lo vuole capire alla luce dei documenti senza tradirne la verità.
 
La sua ricerca si qualifica per la costruzione di un vasto quadro di riferimento, in cui egli colloca le vicende del  BARBIELLINI AMIDEI, per la sua tenace sensibilità umana nel commentare fonti e documenti, nel dar parola e colorito aneddotico a personaggi minori, cui fa acquistare un maggiore rilievo storico. Qual è il suo obiettivo specifico?
Capire in quale misura la grande guerra ha influito sulla mentalità in formazione del giovane “DINO”: così come per il nazionalismo, il fascismo, il futurismo, la presa del potere nel 1922. Da qualche tempo D’ANNUNZIO, dalla vita inimitabile, faceva parlare di sé con la cultura e con l’azione, dentro e fuori del parlamento; con la sua vita pubblica ma anche con quella privata. FILIPPO TOMMASO MARINETTI aveva già dettato in un manifesto gli articoli del suo credo futurista; BENITO MUSSOLINI, da PREDAPPIO (FORLI’), avrebbe spiccato il volo verso nuovi orizzonti, Piazza San Sepolcro, Direzione dell’”AVANTI”, PRESA DEL POTERE NEL ‘”” E ALTRO. Questa operosità intellettuale e desiderio di azione saranno bene illustrati da GIUSEPPE BOTTAI ai figlio Bruno, nell’aprile del 1944, quando cercherà di fornire le motivazioni della propria adesione al fascismo: “Noi fummo tratti a fidare soprattutto in noi: il che vuol dire sulla nostra volontà, che ci fece ritenere illimitata la nostra potenza creatrice. Di qui il nostro “volontarismo”, il nostro “arditismo”, il nostro “combattimento”, il nostro “ducismo”, che, ottimi moti in sé a contrastare l’inerzia della vecchia Italia post-risorgimentale, ci dette una sfiducia smodata nei mezzi piu’ estrinseci e immediati dell’azione politica….”.
FRANCO MOLINARI, che dei Piacentini ha l’arguzia e lo humour sornione del carattere, ha raccolto, segnato, testimoniato; fase per fase, la vita culturale, politica e spirituale del politico piacentino. Per questo passa con sicurezza dai dati biografici al contesto politico, economico,, religioso e sociale della città che vive attraverso i suoi accoliti, le sue idee, le sue chiusure ed i suoi litigi. Sono evidenziate le bravate dello squadrismo fascista piacentino, ma anche i suoi rapporti con la massoneria, la sua fede di cattolico convinto, la sua azione di sindacalista e deputato, di federale e podestà; realizzatore di opere pubbliche ed animatore dell’Istituto Orientale di Napoli.
Il racconto storico che ne scaturisce non annoia, non è arido né schematico, ti induce alla lettura incuriosito, perché è intessuto di narrazione di fatti concreti, fa rivivere emozioni e stati d’animo e culmina a soli 44 anni, nella morte eroica sui monti dell’ALBANIA. Si questa il fascismo, si appropria in maniera gattopardesca, per accreditare di BERNARDO BARBIELLINI AMIDEI, la figura di gerarca esemplare, della moglie, della vedova, dei figli e degli orfani del regime. Un fascismo molto diverso da quello in cui BARBIELLINI aveva creduto. 
ROBERTO FORGES DAVANZATI, ha formulato un giudizio sul fascismo che ben si attaglia al profilo tracciato dal Molinari:”Il fascismo è una creazione comprensiva, ed è soprattutto un’interpretazione religiosa, artistica della vita, intesa come missione, prima ancora di essere una determinata politica. Ha appunto prevalenti quei caratteri, così prevalenti nella dominatrice umanità di BENITO MUSSOLINI, che la cultura vorrebbe negargli, per attribuirli a sé,in una netta antitesi alla politica fascista….”.
Nel momento in cui “il regime” si stabilizza, toglie ogni autorità al “partito” fascista, si ripiega sulla conservazione dell’ordine; il ruolo stesso del duce è ridotto a “mediatore all’interno di un sistema in cui tendevano a risorgere i vecchi conflitti”.Significativo a questo proposito, il conflitto di BARBIELLINI con il Prefetto di Piacenza TIENGO. Il fascismo è incapace di incidere efficacemente sulle strutture sociali. BARBIELLINI vuole essere sé stesso, non è il passivo esecutore di ordini, non è il cretino obbediente che vuole avere piu’ potere; forse perché ha un suo progetto personale.
Questa sua libertà di spirito, non rientra nello schema fascista, per il quale egli diventa corpo estraneo, scomodo interlocutore. Per questo egli viene radiato dalla gestione effettiva del potere politico. Il 19 Giugno del 1929, dopo la definizione delle Clausole dei PATTI LATERANENSI e la firma del CONCORDATO,AUGUSTO TURATI, lo sospende da ogni attività politica a tempo indeterminato.
Già nel 1924 gli Agrari e gli Industriali non lo potevano digerire; ed avevano congiurato contro di lui perché venisse allontanato. Ma BARBIELLINI rientra poco dopo a testa alta in PROVINCIA e nel 1927 viene eletto PODESTA’ di Piacenza. (RECENSIONE – FINE PRIMA PARTE) .CARLO CASTELLINI
 
 
(FINE PRIMA PARTE).
CARLO CASTELLINI.


Mercoledì 11 Febbraio,2009 Ore: 13:58