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www.ildialogo.org 4 NOVEMBRE 1918: LA VITTORIA DELLA STUPIDITA’ UMANA,di Maria Teresa D’Antea

4 NOVEMBRE 1918: LA VITTORIA DELLA STUPIDITA’ UMANA

Eliminata la vuota retorica bellicista, questa data andrebbe considerata non di festa, ma di pianto e lutto.


di Maria Teresa D’Antea

Ringraziamo la carissima amica Maria Teresa D’Antea per averci inviato questo suo articolo sul 4 novembre, pubblicato già da Toscana Oggi-Confronto con il titolo “4 novembre 1918: la vittoria della stupidità umana”
 
Ha creato molta maretta la proposta di una signora parlamentare che vorrebbe trasformare il 4 novembre in un giorno di festa nazionale. Provo sempre un misto di grande imbarazzo, stupore e dispiacere quando ad inneggiare alle vittorie di guerra si fanno avanti le donne, perché penso che, avendo ricevuto dal Creatore il privilegio di donare la vita, dovrebbero avere in orrore una spaventosa macchina di morte quale è la guerra. Ma, ahimè, non è così. I primi a rispondere alla proposta della parlamentare sono stati Pax Christi e il Movimento nonviolento. E lo hanno fatto nel modo e nei termini che caratterizzano gli autentici operatori di pace, senza polemica e aggressività, ma con la pacatezza e l’autorevolezza di chi, nel dialogo con l’altro, usa la ragione, pronto a riconoscerne altrettanta all’interlocutore.
Pax Christi e Movimento nonviolento hanno posto l’accento soprattutto sulla stanca e vecchia retorica riproposta ogni anno il 4 novembre, una retorica con cui si tirano fuori parole, come per esempio patria, che i giovani non sentono più, essendo nati in un’epoca in cui le patrie sono state superate dalla velocissima globalizzazione del mondo. I giovani sanno ormai di appartenere a una sola patria, quella della comune famiglia umana. Un’altra parola molto ammuffita, messa al bando dai due movimenti per la pace, è vittoria, dal momento che in una carneficina folle quale fu la prima guerra mondiale, non si può parlare di vittoria, ma di vicendevole demenziale massacro. Una terza parola messa in discussione è la parola eroi, attribuita alle vittime diciassettenni, diciottenni o poco più che ventenni, ignare dei giochi di potere e di profitto sopra le loro teste e fatte macellare senza scrupolo. Chiamare eroi quei giovani ingannati dalla propaganda bellicista è prenderli in giro due volte, sbeffeggiarli ancora dopo averne fatto strage come polli per il mercato. Sono solo povere vittime innocenti a cui si dovrebbe, in questo giorno di lutto e di pianto, chiedere perdono.
Per fortuna la storiografia sta facendo sempre più luce sulle nefandezze della prima guerra mondiale ( che sono poi le nefandezze di tutte le guerre ) e porta avanti una verità che non è quella delle autorità militari, ma quella dei giovani arruolati. Per esempio la verità sul Natale del 1917, quando italiani e austroungarici si scambiarono doni, come caffè, grappa, cioccolato, mandando su tutte le furie gli alti comandi che imposero il silenzio sull’episodio. Oppure le canzoni cantate dai giovani al fronte. Non erano quelle gonfie di assurdo patriottismo macho imposte dai generali, che dovevano far entrare contenti “i becchi in beccheria”, avrebbe detto Boccaccio. Ma erano canzoni contro la guerra e i suoi omicidi di massa, come “O Gorizia, tu sei maledetta”. A cantarla si poteva rischiare la fucilazione. L’obiezione di coscienza alla guerra comincia, insomma, già nel corso del primo conflitto mondiale, come gli storiografi stanno scoprendo.
La realtà delle guerre di oggi, specie di quelle in medio oriente, è che nessuno vince. Da anni gli U.S.A. sono in guerra in quell’area. Non hanno mai vinto. Eppure continuano a scaricare bombe a ritmi ossessivi. Il business delle armi li sta ubriacando. La storia di oggi ci sta dicendo che ormai nelle guerre è vittoriosa solo la stupidità umana.
Maria Teresa D’Antea



Giovedì 08 Novembre,2018 Ore: 19:38
 
 
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