Il digiuno eucaristico per la comunione dei fratelli in Cristo
Una proposta per la prossima settimana di preghiera per lunità dei cristiani
di Andrea Fedeli – Roma
Ringraziamo lamico Andrea Fedeli per questa sua riflessione che contiene una proposta per la prossima settimana di preghiera per lunità dei cristiani. E una proposta su cui riflettere e su cui speriamo possa svilupaprsi un dibattito ed iniziative concrete. Il 2005 è stato celebrato dalla Chiesa cattolica romana come lanno dellEucaristia. I suoi presupposti teologici e pastorali, a cominciare dallEnciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia, hanno allontanato il vivere eucaristico dalla dimensione evangelica della comunione ecumenica. Appare sempre più necessario smaltire queste tossine attraverso un percorso che prenda le mosse dalla rinuncia ad assolutizzare la nostra identità di Chiesa e la nostra concezione di Eucaristia, muovendosi nella direzione della unità plurale dei fratelli in Cristo. Come è stato già sperimentato in altre occasioni, il digiuno eucaristico può diventare la tappa di un tale cammino di ricerca ecumenica. Abbiamo urgente bisogno di spazi liturgici che si affidino al silenzio, alla meditazione, alla “costrizione” stessa del digiuno eucaristico. Abbiamo bisogno di sperimentare nuovi modi di essere Chiesa e inedite forme di ministero. Abbiamo bisogno di emancipare la nostra fede ed il nostro vissuto eucaristico dalla tutela della metafisica e delle gerarchie, mettendo a tacere imposizioni dogmatiche e pretese di autorità che nulla hanno a che vedere con un Vangelo di comunione. Noi non sappiamo nulla del padrone della casa presso cui Gesù mangia la Pasqua (Mc. 14; 13-16). La cena si consuma tra Gesù e i Suoi discepoli, simbolo di tutti i credenti in comunione fra loro e con il Signore. Ma il padrone di casa, raffigurazione delle istituzioni ecclesiastiche, rimane anonimo. E colui che presta la casa, non larbitro della mensa che decide chi ammettere e chi lasciare fuori. “Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv. 4; 23-24). Le parole di Gesù alla samaritana non possono non far risuonare nella coscienza di ogni cristiano la priorità di una fede di comunione rispetto ad ogni affermazione dogmatica: questultima è solo un frammento di percezione imperfetta della Verità. Per noi cattolici, accogliere la ricchezza delle diverse forme e concezioni della Cena del Signore significa tornare ad assaporare, dopo tanto tempo, lo spirito profetico del Concilio Vaticano II, che, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, asserisce linfallibilità del popolo di Dio nel compiere latto di fede (n. 12). A tale atto di fede, compiuto da tutti i credenti di tutto il popolo di Dio, possiamo ancorare saldamente il principio biblico del primato di Pietro, riconoscendo, viceversa, le cause tutte storiche, tutte umane, tutte contingenti, che hanno portato al primato del vescovo di Roma. Pietro, la pietra su cui Gesù ha eretto la Chiesa (Mt. 16; 18-19), è il popolo di Dio, che compie il proprio atto di fede attraverso le stagioni della storia e sulla base delle tante sensibilità differenti che lo compongono. A nessuno, allora, è dato il potere di dichiarare le Chiese sorelle comunità imperfette, tanto meno facendo leva strumentalmente sul vincolo eucaristico. Andrea Fedeli – Roma Giovedì, 10 novembre 2005 |