Non è certo una novità. Qualsiasi emittente, televisiva o radiofonica, risponde a propri particolari intenti a cui subordina le scelte, le proposte, accomoda il linguaggio, i toni, lo stile con cui si esprime; ma, trattandosi di una “stazione” cattolica, ci si aspetta che si attenga allobbiettività delle informazioni ed al rispetto delle persone che vede o colloca nellaltra sponda. Si può essere anche patrocinatori e parteggiatori di un determinato schieramento teologico, del conservatorismo ultimo, lefebvriano per intenderci; ma, se si passa a parlare di quelli che la pensano diversamente, che si ritrovano su una linea più avanzata, non si dovrebbe cominciare a dipingerli come “razionalisti” o peggio “atei”. La chiesa infatti è “cattolica” perché abbraccia luniversalità dei credenti e vi fanno egualmente parte tutti i battezzati, anche, se non in primo luogo, gli studiosi, i ricercatori della parola di Dio, sia quelli di una corrente che dellaltra. E non ci sono teologi credenti e miscredenti, poiché tutti si trovano a confronto con il messaggio e la testimonianza lasciati da Gesù Cristo, che gli uni comprendono in certo modo (“superficiale”) e gli altri forse in un modo più innovativo rispetto al passato. È nella loro pacifica cooperazione che si realizza il progresso del pensiero cristiano. Se al Vaticano II non ci fossero stati i teologi cosiddetti progressisti, la grande assise sarebbe risultata una fiera chiassosa e tumultuante, non lassemblea animata dal soffio dello Spirito che ha portato al grande rinnovamento della chiesa. Cè stato anche qualche buon pensatore dellarea mediterranea, ma i più erano nordici, non per questo luterani o calvinisti. Il conduttore o dirigente di questa emittente che si definisce cattolica è ancora a senso unico; si potrebbe dire - ma non vuol essere una malignità - più pre o anti che postconciliare. Le sue conversazioni, le catechesi o le omelie sono impostate su unortodossia più rigida di quella dei papi, che è già per necessità di cose su una “linea equilibrata”, anche se potrebbe essere qualche volta più lungimirante che ripetitiva. E quel che dispiace in questa predicazione, diciamo di parte, non è soltanto la “leggerezza” con cui si affrontano i problemi biblici e teologici, in modo generico ed approssimativo, ma la disinvoltura con cui si bersagliano i teologi invisi, che sono sempre le forze migliori della chiesa E non si può non sentirsi amareggiati quando è dato ascoltare frasi come questa: “dai teologi mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io” (1.5.2006). Si vede che lostilità, il malanimo il direttore ce lha proprio nel cuore se gli viene fuori in modo così incontrollato. Prendendo la parola nei dibattiti di questi giorni, egli asserisce di non aver nulla contro gli omosessuali, ma - aggiunge - “caso mai ci penserà Dio a punirli!”. Sempre la stessa musica: la sicurezza di parlare in nome di Dio, della verità del vangelo come se fosse il solo a conoscerlo. Ma così parlando, si divide la comunità dei credenti, si rischia di fomentare il fanatismo, peggio il settarismo, che è il contrario del cattolicesimo e più ancora del cristianesimo. Si passa tra i “seminatori di zizzania” più che essere portatori di “buone notizie” (evangelizzatori). La schiera dei “falsi profeti” rischia di essere più ampia di quanto si crede e vi si può ritrovare anche chi pensa di essere in quella opposta! Gesù ha proibito a chicchessia di arrogarsi il diritto di ergersi a giudice del fratello anche quando fosse nel torto, tanto più quando cerca di far valere un suo diritto, quello di pensare e di parlare secondo i doni ricevuti dal suo Signore. La chiesa cristiana è e deve essere unita, certo, ma nel pluralismo delle persone, non nel loro appiattimento. Sono esse le pietre con cui è costruita la casa di Dio e la convivenza umana; se occorre, vanno rifinite e perfezionate, non mutilate o distrutte. Dio non ha paura delluomo, neanche di quello “insensato”; crede sempre alla sua capacità di crescere, di maturare e sa attendere. Non taglia la lingua al bestemmiatore, aspetta che si converta e viva. La tolleranza, la sopportazione non sono strategie facoltative, ma obbligatorie; i coloni frettolosi che volevano strappare la cattiva erba sono invece fermati dal padrone del campo. Una tattica che la chiesa, soprattutto i suoi uomini più zelanti, non sembra avere ancora appreso. Gesù ha chiesto al Padre che i suoi fossero una cosa sola, ma non ha aggiunto che lunità si dovesse ottenere con la forza. Dal canto suo egli non ha aperto nessuna crociata né contro i giudei, né contro i greci o i romani ed al giovane aspirante non ha risposti “devi”, ma “se vuoi”. La chiesa è una famiglia di figli, non di schiavi e i figli sono sempre da stringere al seno, da abbracciare, da amare, buoni o cattivi che siano. Sembra che la prima preoccupazione del nostro pastore danime sia quella di scandire le differenze, di tenere ben divisi il “grano” dal “loglio” in modo da sentirsi autorizzato ad aprire una battaglia contro i nemici della fede, ignorando - sembra - che questa è semplicemente comunione personale con Dio e non dottrinale interpretazione della medesima (teologia), che è propria di ogni cultura se non di ogni uomo. Con tutto ciò non si può negare che lemittente di cui si sta parlando, pur con tutti i suoi numerosi limiti - una religiosità troppo popolare, ingenua, quasi ottusa, prevalenza di “fideismo”, lidea di un Dio tutto fare pronto a punire o a graziare, al posto della vera fede che è innanzitutto incertezza e rischio, eccesso di sicurezze astratte circa un ipotetico ordinamento naturale, su principi e valori fondamentali che la scienza non ha ancora chiarito e che la rivelazione non può chiarire, il largo spazio alle forze del male, Satana al pari se non di più, che a quelle del bene e a Dio stesso, il posto privilegiato alle varie Madonne che sembrano oscurare se non cancellare la figura di Maria di Nazareth, pieno allineamento con la “destra politica” per la cui vittoria elettorale si è arrivati a tenere una novena di preghiere, etc. - non è detto che non possa ritenersi una chance per la formazione religiosa dei suoi ascoltatori, solo che avrebbe bisogno di un conduttore più calmo, più moderato, lungimirante, non legato ai particolarismi di gruppo. La chiesa cristiana è più grande di qualsiasi istituzione che pretende rappresentarla ed il vangelo è la luce del mondo intero non solo di qualche settore del nostro globo; è il sale di cui tutti possono aver bisogno. Ci si può sempre schierare dalla parte della gerarchia e del sommo pontefice, ma tenendo gli occhi aperti anche verso coloro che non lo conoscono o non lo riconoscono e non per questo non hanno egualmente bisogno di Dio o di Cristo. Non si può parlare solo rivolti agli uni dimenticando, peggio, intenti ad allontanare gli altri. Così non si annunzia Cristo ed il suo vangelo, ma il cattolicesimo romano che è sempre rispettabile, ma non è la stessa cosa. Dio non aspetta che gli uomini si convertano alla chiesa e al papa, ma al suo amore; non chiede ai credenti di essere ligi agli esponenti del potere civile e religioso, ma di essere “santi”, cioè retti, equanimi come Egli è e non come lo sono i suoi sedicenti rappresentanti.
Lunedì, 19 marzo 2007
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