I commenti all'articolo:
IL ROMANZO DI PAOLO POMPEIFilosofia ed ironia,di Sebastiano Saglimbeni

Ultimo aggiornamento: February 05 2012 15:13:15.

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 05/2/2012 15.13
Titolo:Verità ed evento. Pensieri su guerra e sviluppo ...
Il coraggio di sapere, nel momento del pericolo.


Una nota su Verità ed evento. Pensieri su guerra e sviluppo di Paolo Pompei

di Federico La Sala

-11 novembre 2004:
-http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/filosofia/ilcoraggio11112004.htm

"Verità ed evento. Pensieri su guerra e sviluppo"di Paolo Pompei (Edizioni Pendragon, Bologna 2004, pp. 187, e. 14.00) ...... è un’opera aperta e in-finita: raccoglie frammenti incandescenti di una esperienza di ricerca radicale e di una lotta senza quartiere (cap. I: Contro la guerra, cap. II - Attraversare il deserto, cap. III - Per una pedagogia della non violenza, Conclusioni - Contributo a una filosofia del futuro) - in prima persona. Paolo Pompei (1937-2003) con tutta la lucidità e la forza possibile lo rivendica espressamente e con orgoglio: "Ciò che vado scrivendo non è frutto di interpretazione antropologica, ma di opzioni del mio pensiero: decisioni". E, immediatamente proseguendo, mostra di aver ben chiaro da dove questa determinazione origini e quale sia la posta in gioco, sì che cambia tonalità e soggetto: "Dobbiamo perseguire l’esercizio per liberarci della paura della morte; è il nostro recinto per gli elefanti. Nefasto è perseguire a tutti i costi una tecnologia della vita"(p. 184). La sfida è accolta e lanciata - e al massimo livello: si tratta di vincere la paura della paura, quella della morte - a partire dalla propria. In quei pressi, si annida il segreto stesso della vita e della libertà. Pompei se ne rende conto e osa - osa sapere (Kant), nel momento del pericolo (W. Benjamin).

Per avvicinarsi a questo lavoro di Paolo Pompei credo sia necessario e opportuno proprio collocarsi nello stesso orizzonte di W. Benjamin, del Benjamin delle "Tesi di filosofia della storia", e ri-coniugare materialismo storico e teologia (di Benjamin egli richiama esplicitamente il "Frammento teologico-politico", pp. 90-91).

Solo così è possibile capire perché è necessario sottoporre "a critica due categorie" [quelle dello scrivere]: la distinzione tra pubblico e privato e l’imposizione dell’autore" e, in tutta la sua portata, l’importanza di ciò che egli ricattura dal passato e chiama "l’originalità": "Come accadeva ai pittori di icone nel Medioevo, così è accaduto a me: senza le sollecitazioni di mia moglie non avrei iniziato a scrivere, senza le sue domande di chiarimento, non avrei continuato. La cooperazione nel Medioevo avveniva non solo per la singola icona nel suo insieme, ma anche per ogni suo strato; cooperazione, ma senza naturalmente le dipendenze personali proprie della corporazione medievale! Scrivere è diventato così per me una forma di dialogo e un piacere"(p. 65).


A partire da qui, dalla co-operazione ’medievale’ ri-conquistata, l’orizzonte si allarga e si libera da pregiudizi e fraintendimenti. Egli riattinge l’origine e il principio - quello del logos e dell’amore - e, vinta la paura della morte, ri-nasce! E, come fanciulli, i suoi pensieri aprono e riaprono vecchi-nuovi sentieri e riprendono la corsa: "Anche Gesù fu un Bodhisattva. Volle rimanere tra gli uomini per ammaestrarli, consolarli e insegnare loro a non avere paura della morte. Dall’India derivano i Vangeli. Non confondiamo i quattro Vangeli con i documenti ufficiali della Chiesa. Dalla compassione di Buddha discende l’agàpe di Gesù"(p. 185).

L’incredibile è avvenuto: egli ha combattuto e ha vinto "la disperazione di una morte senza futuro" e trovato l’accesso a "un altro mondo di immortalità possibile"(p. 185). E, ritrovata la sua "originalità" e i suoi compagni, con fiducia e slancio, invita a riprendere il cammino: "Scuotete comunque la polvere dai vostri calzari e camminate. E’ tempo di continuare la quète, si aprono tempi che vale la pena di vivere!"(p.187). Il coraggio di servirsi della propria intelligenza non è caduto vittima della paura della morte e, cosa decisiva, ha riallacciato il legame con la fonte stessa della sua origine - l’amore. La co-operazione e il dialogo possono riprendere il loro lavoro. La storia non è finita, e la fonte non si è esaurita. Tra illuminismo e illuminazione, c’è molto più filo di quanto i loro nemici hanno mai osato pensare. Pompei, coraggiosamente, lo ha riscoperto e ce lo ricorda. Non perdiamo questo filo: è prezioso se vogliamo rinascere, e non cadere vittime della paura della morte (che da più e più parti ormai circonda l’orizzonte del nostro presente) e della disperazione.... e restare, in un continuo eterno, sotto il dominio del "signore delle mosche"!