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Ultimo aggiornamento: November 14 2012 22:05:58.

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 13/11/2012 17.38
Titolo:Notre-Dame lancia la crociata anti-gay --- “Non abbiate paura”
Parigi “Una sola famiglia”

Notre-Dame lancia la crociata anti-gay

di Anais Ginori (la Repubblica, 17 agosto 2012)

Preghiere blasfeme e video omofobi. È un piccolo assaggio di quella che sarà la battaglia dell’autunno francese. Dopo la messa a Notre-Dame contro i matrimoni omosessuali, si è scatenato in rete un gay pride improvvisato, che ha alimentato altri proclami a tinte omofobe. Tutto è cominciato a Ferragosto quando André Vingt-Trois, il cardinale di Parigi e presidente della conferenza episcopale, ha dedicato la preghiera dell’Ascensione alla difesa della “famiglia tradizionale”.

Un riferimento non casuale. Secondo il cardinale di Parigi è il primo atto di «una mobilitazione spirituale in difesa degli interessi cristiani». Dopo l’estate infatti il governo dovrebbe cominciare a discutere la legge che autorizzerà il matrimonio gay e l’adozione da parte di coppie omosessuali. È uno dei punti del programma con il quale François Hollande si è fatto eleggere presidente nel maggio scorso.

Com’era prevedibile, la Chiesa francese ha incominciato a esprimere il proprio disappunto per quella proposta. Ma il normale conflitto di posizioni, solitamente pacato, si è trasformato negli ultimi giorni in una battaglia di simboli e parole. Il presidente della conferenza episcopale ha infatti voluto invitare i francesi a pregare affinché i bambini «possano godere appieno dell’amore di un padre e di una madre».

In vista della Festa dell’Ascensione, il testo è stato distribuito a tutte le diocesi francesi qualche giorno prima. I toni e l’occasione sono stati definiti da alcuni osservatori “senza precedenti” e rappresentano comunque una rottura rispetto alle relazioni che si erano instaurate con il precedente presidente. È rimasto famoso il discorso di Nicolas Sarkozy sulla “laicità positiva” pronunciato nella basilica di San Giovanni in Laterano nel dicembre 2008.

Si riaccende uno scontro tra politica e religione che si credeva insomma archiviato. Non tutte le parrocchie hanno seguito la direttiva di Vingt-Trois, allievo spirituale di Jean-Marie Lustiger, storico cardinale di Parigi. Nella chiesa di Saint-Merri, ad esempio, il parroco non ha sfiorato il tema della famiglia e ha puntato invece su crisi e nuova povertà. La parrocchia del quartiere Marais ha una tradizione di apertura e tolleranza. Organizza periodicamente incontri con l’associazione omosessuale David e Jonathan che ha definito «pericolosa » l’iniziativa di Vingt-Trois perché «incoraggia i timori dei parrocchiani e conforterà certi cattolici nella loro omofobia».

L’associazione ha presentato preghiere alternative per incitare i preti “coraggiosi” a leggerle. Altri gruppi hanno invece confezionato parodie discutibili delle parole di Vingt-Trois. «Preghiamo affinché, preti e suore possano dimenticarsi di noi» recita un video del gruppo Act-Up, considerato da alcuni troppo irriverente. È vero però che, all’altro estremo, circolano immagini e proclami contro i gay, altrettanto sgradevoli, firmati dai cattolici più integralisti. L’associazione Civitas, che in passato ha organizzato la contestazione allo spettacolo di Romeo Castellucci, ha promesso di intensificare le azioni per combattere «con ogni mezzo» il progetto di legge socialista.

In un’intervista al Figaro, il cardinale di Lione Philippe Barbarin ha definito il matrimonio gay «uno shock di civiltà». La legge sui matrimoni gay dovrebbe essere presentata dal governo dopo l’estate e discussa dal parlamento entro la primavera del 2013. Secondo un sondaggio, 65% dei francesi sono favorevoli, con un aumento di due punti rispetto all’anno scorso.

Al di là delle polemiche, Hollande sa di poter contare su una solida maggioranza per far approvare la normativa. Anche la destra ha iniziato a dividersi. Alcuni ex membri del precedente governo, come Chantal Jouanno, Nadine Morano, Roselyne Bachelot, sono d’accordo con l’idea di dare pari diritti alle coppie omosessuali. Nel paese che ha inventato i Pacs, le unioni civili, nell’ormai lontano 1999, si apre insomma un nuovo fronte.
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“Non abbiate paura” dell’omosessualità

di Jean-Pierre Mignard*

in “Le Monde” del 22 agosto 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Difendere la famiglia e invitare a pregare per questo in un paese con una buona progressione demografica sottintende il fatto che essa sia minacciata. Il matrimonio di coppie gay è davvero tale da sconvolgere la famiglia e il diritto dei bambini?

La Chiesa ha il diritto di intromettersi in questo dibattito legislativo. Si tratta di una libertà di espressione indiscutibile che non può essere considerata in nessun modo un attacco alla laicità. La sua opinione è tanto più utile in quanto il matrimonio figura nella lista dei suoi sacramenti. Il cardinale arcivescovo, in qualità di presidente della Conferenza episcopale, può far leggere una preghiera che esprime un minimo di riserva sul matrimonio gay, ma quale opinione riflette, al di là di quella della gerarchia?

Secondo un sondaggio IFOP, il 65% dei francesi sarebbe favorevole al matrimonio omosessuale e il 53% all’omogenitorialità. L’indicazione, nello stesso sondaggio, che il 45% dei cattolici non sarebbe contrario al matrimonio omosessuale colpisce di più. Allora, dispiace che non sia stato organizzata una discussione tra cattolici, invitati a pregare, certo, ma non a “discernere” tra loro e ad alta voce. Ma non è troppo tardi.

È infatti opportuno risolvere una vecchia disputa prima di buttarsi nella faccenda del matrimonio. L’omosessualità è o no una declinazione naturale della sessualità? Il matrimonio gay, sul quale le divergenze sono concepibili, giustifica il fatto che venga tolta l’ambiguità. La tesi ufficiale designa questa sessualità con il vocabolo di “disordine”.

Allineare gli omosessuali, con altri, tra le “vittime di incidenti della vita” esprime un sentimento compassionevole, ma non li considera come soggetti di diritto. Più preoccupante, un’istruzione del 2005 del Vaticano esclude gli omosessuali dal ministero ordinato, salvo se tale sessualità è “transitoria”. La Santa Sede mantiene una posizione ostile alla depenalizzazione dell’omosessualità nei dibattiti alle Nazioni Unite. Questo la pone in compagnia di regimi alcuni dei quali continuano ad infliggere la pena di morte agli omosessuali. Si tratta di una “vera tragedia per le persone coinvolte e di un’offesa alla coscienza collettiva”, secondo le parole del segretario generale Ban Kimoon. Tale umiliazione era proprio necessaria?

In quanto cattolico e cittadino della Repubblica [francese], auspico che la Chiesa francese si esprima su questo punto preciso. Siamo in molti ad auspicarlo, dentro e fuori la Chiesa. Se essa vuole intervenire nel dibattito pubblico, e personalmente ritengo che ne abbia il diritto, deve accettare il verdetto dell’opinione pubblica. Del resto è un omaggio che le è reso, perché dalla Chiesa ci si aspetta dei messaggi in favore della dignità umana.

Poco tempo fa, il cardinale arcivescovo di Lione, Mons. Philippe Barbarin, evocava, con un (altezza?) a lui familiare, due grandi figure omosessuali e cristiane, Michelangelo e Max Jacob. A questi artisti esprimeva la gratitudine della Chiesa, ma soprattutto diceva che la loro omosessualità era un fatto, ponendola così al di fuori di ogni giudizio di valore. Questo non lo ha condotto a dichiararsi favorevole al matrimonio gay, ma almeno è stato reso possibile il fondamento di una discussione liberata dalle sue paure e dal suo immaginario.

L’ex cardinale-arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, andava oltre e ingiungeva agli Stati di aiutare gli omosessuali a stabilizzare le loro unioni civili. Sull’argomento e con tutta evidenza ci sono diverse dimore nella casa del Padre...

Si capisce molto bene che la Chiesa cattolica difenda il sacramento del matrimonio e la sua destinazione primaria. La soluzione teologica infatti non è semplice. Ma bisogna incidere l’ascesso. Al tavolo delle discussioni sono ammesse tutte le riserve del mondo cattolico, tuttavia esse saranno accettate solo a condizione di un riconoscimento pubblico e franco del fatto che l’omosessualità è una sessualità come un’altra che sfugge alla sfera del giudizio morale e penale o del trattamento psichiatrico, altrettanto legittima e degna di riconoscimento dell’eterosessualità.

Non è ancora giunto il momento, e ce ne dispiace, di una pastorale per gli omosessuali. Ma è venuto quello di affrontare questo problema all’interno della Chiesa e di liberarsi dei propri timori, che hanno condotto, ad esempio, a separare nel piccolo cimitero di Ebnal (Inghilterra) per le esigenze della sua beatificazione, nel 2010, ma contro la sua volontà testamentaria, il corpo del cardinale britannico John Newman (1801-1890) da quello del suo amico, il reverendo Ambrose St. John, “che amava di un amore forte come quello di un uomo per una donna”. Nulla dice che questo grande prelato fosse gay, nulla, ma persino questa grande amicizia preoccupava.

I cattolici devono poterne discutere all’interno della loro comunità, in assemblee parrocchiali, diocesane, nelle loro associazioni, là dove è possibile, là dove è necessario, là dove lo si desidera. Che cosa abbiamo da temere dalle parole, visto che facciamo riferimento alla teologia della Parola? Non saremmo tutti d’accordo? E allora?

È così che ci si apre al mondo, il che non significa sottomettersi ad esso. La Chiesa, esemplare nel dialogo interreligioso, si mostrerebbe incapace di qualsiasi dialogo intrareligioso? I vescovi, che non sono dei despoti, dovrebbero osare questo dibattito. Lo storico Michel de Certeau diceva con un’espressione folgorante che “era in fondo al rischio che si trovava il senso.” E se c’è un’ingiunzione biblica ed evangelica come un leitmotiv, è: “Non abbiate paura.”

*Jean-Pierre Mignard, professore in diritti dei media all’Institut d’études politiques di Parigi, avvocato.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 14/11/2012 13.03
Titolo:FRANCIA. PARLA IL SOCIOLOGO BAUBEROT ...
- Baubérot: “I veri laici non vietano il burqa”
- I matrimoni omosessuali: “Non capisco il no delle Chiese: dovrebbero solo chiedere di non essere obbligate a benedirli"
- Nelle scuole francesi si insegnerà la morale repubblicana
- Parla il sociologo incaricato di fare proposte su come insegnarla

- di Alberto Mattioli (La Stampa, 14.11.2012)

Matrimonio «per tutti» (leggi: anche per le coppie dello stesso sesso). Eutanasia. E lezioni di «morale laica» nelle scuole della République. La Francia di François Hollande si vuole di nuovo all’avanguardia nella ridefinizione di diritti e doveri del cittadino, sempre nel nome di quella «laicità» che resta uno dei grandi totem nazionali. Nella Commissione che dovrà fare proposte su come insegnare la morale repubblicana c’è anche Jean Baubérot, il fondatore della sociologia della laicità.

Professor Baubérot, i professori di «morale laica» ricordano gli istitutori di inizio Novecento, gli «ussari della Repubblica».

«È ovvio che la morale non si insegna, né si impara, come la storia o la geografia. La scuola francese è caratterizzata da un approccio troppo magistrale, con uno che parla e gli altri che ascoltano. Credo che il professore dovrà guidare la riflessione più che imporla. Insegnare a pensare, non dei dogmi».

Ammetterà che l’idea sa un po’ di Stato etico.

«Sì, il rischio c’è. Ma è appunto quel che bisogna evitare. La Commissione ci sta lavorando. E tuttavia, se siamo contrari al fatto che possa esistere un sistema morale di Stato, siamo anche contro l’idea che il legame sociale non abbia una dimensione etica. I francesi non stanno insieme per caso e nemmeno per coercizione. Si riconoscono in una serie di valori che sono poi quelli elencati nel Preambolo della Costituzione».

Cosa critica del concetto francese di laicità?

«Dal 1905, da quando cioè la legge sancì la separazione dello Stato dalla Chiesa, la laicità è stata eccessivamente intesa come una separazione netta tra il fenomeno sociale e quello spirituale. Ma lo Stato è solo un arbitro e non deve chiedere alla gente di essere neutrale come lui, né nelle sue convinzioni né nei suoi vestiti. La legge che vieta il burqa è discutibile perché è una legge che vieta il velo integrale sempre e comunque. Per lo Stato, invece, che una musulmana giri velata non è un problema. È un problema, e dev’essere vietato, se pretende di riscuotere un assegno velata. Ma questo è un problema pratico, non metafisico».

La legge sul matrimonio per tutti le piace?

«Trovo che sia un vero provvedimento laico. E non capisco l’obiezione delle Chiese. Dovrebbero prendere esempio da quel che ha detto l’arcivescovo di Canterbury, a capo, noti bene, di una Chiesa di Stato: io ammetto che esistano le nozze gay, solo chiedo che lo Stato non mi obblighi a benedirle. Se uno aderisce a una religione, ne accetta le regole. In altri termini, lo Stato garantisce a tutti la libertà esterna, non quella interna. Se una donna si converte all’Islam in piena libertà, senza coercizione e senza violenza, accetta delle regole. Se è una sua libera scelta, lo Stato non deve entrarci. Ha solo il diritto, e il dovere, di promuovere l’eguaglianza. Ma nessuno può essere “emancipato” contro la sua volontà».

Molti sindaci fanno sapere che si rifiuteranno di celebrare i matrimoni gay. Che ne pensa?

«Penso che vada riconosciuto loro il diritto all’obiezione di coscienza, esattamente come ai medici per l’aborto. Ma devono delegare i loro poteri a un assessore, perché esiste, anzi esisterà presto, anche il diritto di tutti a sposarsi».

In nessun Paese del mondo come la Francia la laicità appassiona tanto l’opinione pubblica. Perché? «Per due ragioni. La prima è storica: qui il conflitto politico-religioso è durato secoli. Pensi al Medioevo con le crociate contro gli eretici, Filippo il Bello e il suo conflitto con Roma, il Papa ad Avignone, il gallicanesimo. Poi: quarant’anni di guerre di religione, la persecuzione dei protestanti e dei giansenisti, la Rivoluzione che prima riconosce la libertà religiosa e poi perseguita le religioni, eccetera».

E l’altra?

«L’altra è che anche oggi i temi religiosi hanno un significato politico. Come la grande paura dell’Islam e la strumentalizzazione della laicità per mascherarla. Ma l’Islam radicale è assolutamente minoritario. E, ad esempio, non è vero, come uno studio recente ha dimostrato, che i musulmani siano più prolifici che gli altri francesi. Io vorrei una “laicità del sangue freddo”, come la definiva già Aristide Briand».

L’ITALIA INFLUENZATA DAL VATICANO

«Sulle nozze per tutti e i diritti dei gay è più indietro di altri Paesi cattolici come Spagna o Belgio». Ultima domanda sull’Italia: lo definirebbe un Paese laico?

«Credo che in Italia ci siano degli elementi di laicità diffusi, come si è visto quando si è votato sul divorzio e sull’aborto. Ma certo l’Italia deve fare i conti con la sua storia e sulla sua posizione geopolitica. È chiaro che il fatto di avere il Vaticano “in casa” influenzi le scelte politiche. E infatti in materie come il matrimonio per tutti o i diritti degli omosessuali l’Italia è molto più indietro di altri Paesi pure cattolici come la Spagna, l’Argentina o il Belgio. Quindi a domanda risponderei: l’Italia è un Paese semilaico».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 14/11/2012 22.05
Titolo:ITALIA E VATICANO: IL FINTO CULTO DELLA FAMIGLIA ...
Vaticano e Italia, mali comuni

di Furio Colombo (il Fatto, 03.06.2012)

La domanda è questa: la turbolenta spaccatura che sta attraversando il Vaticano e - come in un film dell’orrore - arriva fino alle stanze del Papa, è la stessa spaccatura di profondità sconosciuta, che tormenta l’Italia? La risposta è sì. È una brutta risposta, perché dice che il Vaticano - il papa, il governo della Chiesa, la Istituzione - dovranno confrontarsi con uno sforzo immane per uscire dalla palude. Dovranno, soprattutto, dimostrare una decisa volontà di farlo, senza sotterfugi, autocelebrazioni e finzioni. Qualcosa che in Italia non è ancora accaduto.

Che cosa hanno in comune la storia italiana contemporanea e quella del Vaticano, che cosa può dimostrare la stessa natura del male (corvi, complotti, spionaggi, agguati, tradimenti e misteriosi tornaconti, in cui spesso restano ignoti mandante e beneficiario)? Prima di produrre le prove di quello che sto scrivendo, devo tentare di definire questo "male comune" che mette in pericolo l’equilibrio e persino la continuità di due Stati.

Lo descriverei così. È la decisione, abile e pericolosa di affidare immagine e auto-definizione a principi e programmi alti e nobili sempre più lontani dalla realtà che invece peggiora sotto gli occhi di tutti. In questo modo si evita ogni spietata e coraggiosa verifica dei fatti, accusando più o meno oscuri nemici di essere l’unica causa del male (malareligione o malapolitica).

Proverò a produrre alcune prove della situazione inaffidabile che scuote e tormenta tanto l’Italia quanto il Vaticano e la Chiesa, precisando che di questi due ultimi protagonisti parlerò a partire da ciò che vede e constata un osservatore estraneo, dunque dalle manifestazioni sociali, organizzative, di governo, non di fede e di religione, che in questa riflessione non entrano mai.

COMINCIO da uno spunto che mi pare molto utile perché fa da ponte fra politica vaticana e politica italiana (istituzioni e leggi) e dunque chiama apertamente in causa quei cittadini che sono allo stesso tempo attivi nelle istituzioni italiane e vincolati all’ubbidienza di Vaticano-Stato e di Vaticano-Chiesa. Intendo riferirmi al finto culto della famiglia, che viene visto come strumento di aggregazione (ma anche di espulsione, se non si tratta della famiglia giusta) e come fondamento dell’edificio politico conservatore (di nuovo inteso come argine e frontiera contro ogni mutamento di aggregazione sociale, visto come turbamento della conservazione politica).

Ho appena scritto "finto culto della famiglia" perché nessun gruppo sociale è più solo, abbandonato, privo di sostegno morale e sociale, da parte di entrambi i celebranti di questo culto, la Chiesa e la politica. È vero, non tutta la Chiesa e non tutta la politica. Ma qui interessa individuare i percorsi da cui entra con impeto il disordine, il distacco, l’apparente sottomissione e il profondo cinismo di cui stiamo parlando.

Quando si spengono le luci su eventi e giornate organizzate per celebrare la famiglia, non resta né un asilo né una scuola né un sostegno per le madri che lavorano, né un progetto, per quanto austero, per le famiglie troppo povere, per esempio Rom e immigrati, dove la presenza di mamme e bambini non ha mai fatto differenza.

Pensate alla distruzione di un campo nomadi (e agli animaletti di peluche che restano fra i denti delle ruspe). Pensate ai pasti scolastici negati ai bambini se le famiglie non possono pagare. O all’internamento delle donne dette “clandestine” nei “Centri di identificazione”, improvvisamente e brutalmente separate dai loro bambini a causa di un arresto arbitrario (parlo di eventi vissuti e constatati).

E, come se non bastasse, aggiungete la risoluta e congiunta condanna (Stato-Chiesa) delle famiglie “diverse”, definite “una minaccia”. Ecco, in questa finzione, che è forse la madre di tutte le finzioni di atti e fatti che hanno solo un fine politico (impedire che esistano altri tipi di famiglia, di amore, di figli), sta il deposito di cinismo, tradimento, rincorsa del potere, distacco da ogni valore, di patria o di fede, che constatiamo nel doppio dramma, dell’Italia e del Vaticano. Appartengono alla galleria delle finzioni (che si trasformano in veri inganni) le folle di autorevoli finti credenti, pronti a ricevere i sacramenti, purché in presenza di telecamere e di pubblico, o alla gara dei medici che si dichiarano obiettori di coscienza negli ospedali dove essere obiettori “fa curriculum” per i medici, qualunque sia la condizione della donna che chiede aiuto.

IL FINTO credente, che trova Dio solo se la cerimonia è ben frequentata e notata da chi deve notare, corrisponde al finto amor di patria di chi - specialmente fra i politici - cerca la benevolenza delle Forze Armate e “dei nostri ragazzi in armi”, ma si infastidisce se quei ragazzi sono in tuta da operaio, magari iscritti a un sindacato, specialmente se quei ragazzi insistono nel pretendere i diritti che legge e Costituzione garantiscono. Intorno, nell’una e nell’altra chiesa, c’è un deserto di solidarietà.

In Europa nessuno è più solo e più abbandonato dei disabili italiani. In quel vuoto entrano i rapitori di Emanuela Orlandi, i maggiordomi con doppio e misterioso lavoro, i banchieri improvvisamente cacciati per ragioni non dette, i tesorieri di partito, gestori di ricchezze comunque illecite che dividono diamanti e spese indecenti con strani infiltrati nella vita pubblica, tutti molto simili, per coraggio e mancanza di scrupoli, a certi cardinali.

La Repubblica italiana come istituzione politica, e il Vaticano come governo dell’omonimo Stato e della Chiesa, sono contenitori di società segrete, intente a un sommerso, ininterrotto lavorìo di promozione (il mio uomo contro il tuo) e di eliminazione reciproca, in una infinita variazione di casi Boffo. I maggiordomi, con o senza la severa uniforme vaticana, avranno ancora molto da fare. Ai credenti nella fede e nella patria toccano tempi duri