LO SAPEVAMO ANCHE NOI, MA FINGIAMO DI AVERLO DIMENTICATO”, DI GIANMARIA TESTA, DA QUEL PRONOME SOSPETTO, DI MARCO AIME, DA “...... IO NON SONO RAZZISTA MA......

a cura di Carlo Castellini

“Dare del tu a un sessantenne senegalese mai visto prima.
E non per semplice scortesia....”.
Avrà più di sessant'anni quel signore senegalese che spesso incontro alla stazione. Il volto serio, la barba bianca e il suo solito borsone pieno di cose da vendere. Sale a Genova e scende ad Alessandria. A volte viaggiano con lui alcuni suoi connazionali più giovani, anche loro venditori ambulanti, chiacchieroni, scherzosi come sono i ragazzi, mentre lui li guarda serio, ma senza l'aria di volerli riprendere. Non ci siamo mai parlati, ma ci scambiamo un saluto, come fa la gente che viaggia spesso sullo stesso treno. Qualche giorno fa era seduto due sedili più in là, di fronte a me.
Arriva il controllore e gli chiede:””Ce l'hai il biglietto?” Lui lo mostra silenzioso e il controllore se ne va Poco dopo salgono due agenti della Polfer, percorrono il vagone guardando con aria inquisitoria i passeggeri e poi si fermano davanti a lui e gli chiedono i documenti. Perché a lui? Perché ha la pelle nera? E perchè anche loro si rivolgono ad una persona più anziana di loro dandole del tu?
A differenza dell'inglese la nostra lingua prevede una netta distinzione tra i pronomi da usare quando ci si rivolge a una persona. Ce lo insegnano fin da bambini che agli adulti e agli estranei si dà del lei. Il tu, infatti, lo riserviamo solo agli amici e ai più piccoli.
Perché allora ci si rivolge a un uomo con i capelli bianchi, ma dalla pelle nera, , dandogli del tu? Non essendo nostro amico rimane una sola risposta: lo consideriamo più piccolo, come un bambino, non un uomo come noi. Agli altri passeggeri, controllori e poliziotti si rivolgono con il lei.
Si potrà obiettare che queste non snno cose gravi. D'accordo, ma soo un segnale, un sintomo di un pensiero inconscio che ci porta a classificare le persone sulla base ella loro provenienza Loro non sono come noi, per cui non mi sento costretto ad applicare le stesse modalità di conversazione che uso con i miei connazionali, né a dimostrare lo stesso rispetto che mostrerei negli stessi casi. Questo vuole dire quel “tu”.
Così come quel chiedere i documenti solo a chi sembra straniero è un modo per dire “sei sospetto; per il solo fatto di non appartenere alla nostra “comunità” sei già sospetto. In fondo questo è lo stesso sospetto che anima la legge BOSSI/FINI e il reato di clandestinità abolito dalla legge 67/2014), e che condanna un individuo per ciò che è, e non per ciò che fa. Una legge a tutti gli effetti di tipo razziale.
“Eppure lo sapevamo anche noi
l'odore delle stive
l'amaro del partire.
Lo sapevamo anche noi
E la nebbia di fiato alla vetrina
e il tiepido del pane
e l'onta del rifiuto.
Lo sapevamo anche noi
questo guardare muto.
Così canta GIANMARIA TESTA, lo sapevamo anche noi, ma fingiamo di averlo dimenticato. (MARCO AIME, a cura di Carlo Castellini).



Mercoledì 25 Luglio,2018 Ore: 19:52