PER UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA. Al di là di ogni storicismo,  riprendere il filo della tradizione critica ed evangelica (non cattolico-hegeliana) 
VICO: IL DESIDERIO DI IMMORTALITA', LA STORIA, E LA "CHARITAS". Nota per una rilettura della “Scienza Nuova” 

CON VICO (...)  siamo già fuori dallo stato di minorità: niente dogmatismi né in fisica né in metafisica! Il desiderio di immortalità, è vero,  ci porta dinanzi a “un Dio” superiore alla natura, ma questo Dio non ha niente di antropomorfico (non è  né un Demiurgo alla Platone né un “sommo Padre Architetto” alla Pico e ancora alla Newton)  


di Federico La Sala

QUI PROSEGUE IL DISCORSO GIA' AVVIATO IN 

A) VICO (E KANT), PER LA CRITICA DELLE VERITA’ DOGMATICHE E DELLE CERTEZZE OPINABILI.  

B)  GIAMBATTISTA VICO CON NEWTON: "HYPOTHESES NON FINGO" (NON INVENTO IPOTESI)!

C) LA LEZIONE DI VICO E I FILOSOFI ITALIANI: IL CASO COLLETTI.

Per le citazioni e i riferimenti di pagine, cfr.: Giambattista Vico, Opere filosofiche, introd. di Nicola Badaloni, a c. di Paolo Cristofolini, Firenze 1971 

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PRINCIPI DI UNA SCIENZA NUOVA (1725). A “conchiusione dell’opera”, Vico riepiloga e riafferma con determinazione che “l’ordinatrice del mondo delle nazioni” è la provvidenza. E, con questa sua ultima frase, chiude il discorso: “Ché senza un Dio provvedente, non sarebbe nel mondo altro stato che errore, bestialità, bruttezza, violenza, fierezza, marciume e sangue; e, forse senza forse, per l gran selva della terra orrida e muta oggi non sarebbe genere umano” (p. 328).

Se non si vuol cadere in equivoci di nessun tipo (come è successo e ancora succede) è all’inizio dell’opera che bisogna ritornare e rileggere ancora e di nuovo il primo capoverso del capitolo primo del Libro Primo: “ Il diritto naturale delle nazioni egli è certamente nato coi comuni costumi delle medesime: né alcuna giammai al mondo fu nazione d’atei, perché tutte incominciarono da una qualche religione. E le religioni tutte ebbero gittate le loro radici in quel desiderio che hanno naturalmente tutti gli uomini di vivere eternamente; il qual comune desiderio della natura umana esce da un senso comune, nascosto nel fondo dell’umana mente, che gli animi umani sono immortali; il qual senso, quanto è riposto nella cagione, tanto produce quello effetto:  che, negli estremi malori di morte, desideriamo esservi una forza superiore alla natura per superargli, la quale unicamente è da ritrovarsi in un Dio che non sia essa natura ma ad essa natura superiore, cioè una mente infinita ed eterna; dal qual Dio gli uomini diviando, essi sono curiosi dell’avvenire” (p.172 – corsivi miei, fls).

Qui la chiave di accesso e la guida all’intero discorso dei “Principi di una scienza nuova intorno alla natura delle nazioni”, e alla comprensione del punto di arrivo, della stessa conclusione: il “regno della coscienza, che è regno del  vero Dio.  Che era l’idea dell’opera, che tutta incominciammo – scrive Vico –  da quel motto:  A Iovis principium musae, ed ora la chiudiamo con l’altra parte:  Iovis omnia Plena”  (p. 329).

L’INESTINGUIBILE  DESIDERIO  DI IMMORTALITA’.  Sembra Hegel! Ma, la fenomenologia dello spirito di Vico non disegna il cerchio di tutti i cerchi: il suo cerchio non si può mai chiudere e non si chiude mai su un “sapere assoluto”.  Egli ha compreso tutta la potenza del desiderio e al contempo  tutto il pericolo del desiderio dell’onnipotenza della natura umana  e, finalmente, ha trovato la chiave per una comprensione critica di ogni ragione che voglia conseguire la vita perpetua in modo inverso e perverso (cfr.: “Lemurum fabula”,  “Scienza nuova”,  1730) e  mettere fine al libero cammino dell’umanità. 

Per Vico, “Ercole”, l'umanità,  è al bivio – sempre, e in ogni tempo: a lui la decisione, a lui la responsabilità della scelta. Il comune desiderio della natura umana è  nascosto nel fondo dell’umana mente, ma “quanto è nascosto nella cagione, tanto produce quello effetto”: che, in situazioni di pericolo e rischio di morte, desideriamo e vogliamo che ci sia una forza superiore alla natura per superarla, che ci sia un Dio che possa venire in aiuto della finitezza e della mortalità dell’essere umano.  “Essere e Tempo”: a distanza di secoli, Martin Heidegger – approdato, dopo il ‘diluvio’ nazi-fascista, nella grande foresta nera –  comincia a pensare che “solo un Dio ci può salvare”, ma sprofondato nel sonno dogmatico e nella sapienza volgare pensa ancora all’abbagliante sarabanda dei fulmini e dei tuoni del suo Fuhrer-Giove!

L’INESTINGUIBILE DESIDERIO DI UMANITA’. Con Vico, al contrario, siamo già fuori dallo stato di minorità: niente dogmatismi né in fisica né in metafisica! Il desiderio di immortalità, è vero,  ci porta dinanzi a “un Dio” superiore alla natura, ma questo Dio non ha niente di antropomorfico (non è  né un Demiurgo alla Platone né un “sommo Padre Architetto” alla Pico e ancora alla Newton): al contrario, è il “Dio” della Legge e la Legge del “Dio” dei nostri Padri e delle nostre Madri, immanente e trascendente alla nostra stessa umana mente, illumina l’azione di ogni essere umano verso se stesso, verso gli altri, e verso il mondo.  Contro ogni tentazione e illusione, il “Dio” di Vico -  detto diversamente,-  è il “Dio” di un desiderio antropògeno (Kojeve),  non theògeno,  ed è  il nome del  suo “Dio provvedente” è il nome del  Dio evangelico,  il Dio “Charitas” (il dio della “Grazia”- “Charis”, e  delle “Grazie”, “Charites”)! E questo  è, per Vico, anche  il nome del “Dio provvedente” di tutte le nazioni (ebraica, gentili, e cristiane), della “natura umana tutta dispiegata”.

                                          N.B.: GIAMBATTISTA VICO "fa una netta distinzione tra carus - caritas rispettivamente col valore di ’caro, costoso, di alto prezzo’ e ’carestia, scarsità’ da una parte, e charus - charitas rispettivamente col valore di ’grazioso, amabile, richiesto’ e ’grazia, amore di  Dio’ dall’altra, perché per il Vico questi due ultimi termini derivano etimologicamente" dai termini greci ’charìeis’ e ’charis’] (cfr. G. Vico, Varia: Il ’De Mente Heroica’ e gli scritti latini minori, a cura di Gian Galeazzo Visconti, Alfredo Guida Editori, Napoli 1996, p. 31) 

LIBERO ARBITRIO E PROVVIDENZA. Questa è  “la sola luce” che “barluma”:  questa è la grande scoperta di Vico ed è questa  la“sola luce”, che lo porta a comprendere - con evidenza incrollabile e straordinaria lucidità critica – “che ‘l mondo delle gentili nazioni egli è stato pur certamente fatto dagli uomini (...) che i di lui princìpi si debbono ritruovare dentro la natura della nostra mente umana e nella forza del nostro intendere”;  e,  al contempo,   che la sapienza volgare e le  false religioni  di tutte  le nazioni gentili (fondate  “sulla falsa credulità d’esser corpi  forniti di forze superiori alla natura, che soccorrano gli uomini ne’ loro estremi malori”,  e  sulla “divinazione, o sia vana scienza dell’avvenire, a certi avvisi sensibili, creduti mandati agli uomini dagli dèi”)  nascondono “ però due gran princìpi di vero: uno, che vi sia provvidenza divina che governi le cose umane; l’altro, che negli uomini sia la libertà d’arbitrio, per lo quale, se vogliono e vi si adoperano, possono schivare ciò che, senza provvederlo, altrimenti loro apparterrebbe”.  

Federico La Sala

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 L’ITALIA AL BIVIO: VICO E LA STORIA DEI LEMURI (LEMURUM FABULA), OGGI.  Potrai facilmente, o Leggitore, intendere la bellezza di questa divina Dipintura dall’orrore, che certamente dee farti la bruttezza di quest’altra, ch’ora ti dò a vedere tutta contraria.

 A GIAMBATTISTA VICO E ALL’ITALIA, L’OMAGGIO DI JAMES JOYCE.

COSTITUZIONE, EVANGELO, e NOTTE DELLA REPUBBLICA (1994-2012): PERDERE LA COSCIENZA DELLA LINGUA ("LOGOS") COSTITUZIONALE ED EVANGELICA GENERA MOSTRI ATEI E DEVOTI ...  VIVA L’ITALIA!!! LA QUESTIONE "CATTOLICA" E LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico.



Martedì 12 Marzo,2013 Ore: 18:40