Der Spiegel, Hamburg, 14 marzo 2013
Grillo, vincitore delle elezioni in Italia - L’uomo più pericoloso d’Europa
di Jan Fleischhauer
(traduzione dal tedesco di José F. Padova)
Peer Steinbrück ha messo i piedi nel piatto definendo Beppe & Silvio due clown e scatenando ovviamente le reazioni italiane per onore nazionale offeso. Eppure: la storia è piena di figure che miscelano inestricabilmente farsa e tragedia. Anche la storia italiana. Fra le tante, un Vittorio Emanuele III, il re della Grande Guerra non voluta dal popolo, del Fascismo che forse non fu voluto dal popolo, della fuga a Brindisi, episodio di drammatica comicità. Anch’egli era un Nano, anche se la statura non dovrebbe fare l’uomo. Troppo facile parlare di Mussolini e dei suoi gerarchi. Der Spiegel, Hamburg, 14 marzo 2013 Grillo, vincitore delle elezioni in Italia L’uomo più pericoloso d’Europa Una rubrica di Jan Fleischhauer (traduzione dal tedesco di José F. Padova) Anche in Germania Beppe Grillo suscita aspettative. Eppure nella sostanza il suo radicale antiparlamentarismo è antidemocratico. Il giornalista britannico Nicholas Farrell vi scorge perfino paralleli con Benito Mussolini. L’uomo che Peer Steinbrück ha chiamato “clown” porta in sé, possiede, capacità d’intrattenimento, su questo si può essere d’accordo. L’Italia e l’euro? “Di fatto l’Italia è già fuori dall’euro”. Roma e il sistema parlamentare? “Ai vecchi partiti do ancora sei mesi e poi si chiude”. E queste citazioni sono soltanto le parti più interessanti, nell’intervista che in questi giorni ha fatto a Grillo la corrispondente da Roma dello Handelsblatt. Sotto l’aspetto del parlare chiaro e tondo, l’italiano mette in ombra perfino il candidato alla Cancelleria. Steinbrück [ndt.: socialista e antagonista della Merkel alle elezioni federali di settembre ‘13], come si sa, con il paragonare [Grillo] a un pagliaccio ha suscitato forti irritazioni. Se avesse definito soltanto Berlusconi un Pulcinella tutti sarebbero stati d’accordo. Ma Grillo? Il capo delle piazze e l’eroe dei giovani, che con il suo Movimento 5 Stelle ha mostrato come si porta al suo limite il diktat della Merkel sull’austerità? L’avvocato delle legislature più brevi e dei costumi sobri? Perfino fra le sue fila ci si è sentiti di approfittare e richiamare all’ordine il candidato SPD Steinbrück. Energie dal risentimento Senza dubbio una parte della simpatia, che anche in Germania va a Grillo, è dovuta alla sua vicinanza con la sinistra. Nel programma di 5 Stelle si trova molto di ciò che in un modo o nell’altro potrebbe stare in quelli di Attac [Movimento internazionale di critica alla globalizzazione] o dei Verdi [Partito Ecologista]: il debole per le energie alternative, la promessa di maggiore partecipazione dei cittadini, la protesta contro i “fat cats” [i riccastri], che si vorrebbe volentieri mettere a dieta. Ma questa è soltanto la superficie. Con simili fanfaluche non si diventa in pochi anni il partito più forte, anche in Italia. Grillo ricava la sua energia dal risentimento. L’autentica molla di spinta del suo successo sta nello sprone costituito dalla rabbia – contro i tedeschi, contro i burocrati a Bruxelles, contro il Sistema. Questo è ciò che lo ingrossa, non l’appello alla ragione o l’amore per la democrazia. Come per tutti i rivoluzionari, la risposta di Grillo al malessere del presente è inimmaginabilmente semplice. Si deve soltanto cacciare via i politici e al meglio fare ordine in tutto quello che puzza di potere e privilegio. “Siamo giovani”, si dice sul suo blog. “Non abbiamo strutture, gerarchie, capi, segretari. Nessuno ci impartisce ordini”. Non è un caso se l’Antipolitico paragona il suo movimento con la Rivoluzione francese, che per la prima volta ha messo sanguinosamente in pratica l’idea dell’uguaglianza. “Senza la ghigliottina”, come lui nota, ma questo non vuole dire granché. Se il popolo arriva alla violenza, mai ne sono colpevoli coloro che hanno attizzato i suoi impeti. Puritanesimo dei moralisti radicali È il puritanesimo dei moralisti radicali che distingue Grillo dai suoi concorrenti e spinge verso di lui le masse. “Ogni angolo viene completamente illuminato, ogni comitato, ogni sala per conferenze, ogni corridoio”: dopo il voto così dice sciamando via un appartenente al 5 Stelle. Il Movimento voleva “ripulire a fondo il meccanismo dello Stato”, così suonava un’altra spiegazione del perché così tanta gente ha votato per l’ex-comico. In realtà la politica è un affare faticoso, un po’ disgustoso. È appesa ai compromessi, che non a tutti piacciono. Talvolta si deve pretendere dai cittadini cose che essi non comprendono o non vogliono. Appunto i Socialdemocratici [lo SPD] ne sanno qualcosa. In questi giorni ricorre l’anniversario di Agenda 2010 [ndt.: serie di riforme per l’incremento dell’economia], che ha giovato al Paese, ma che ha molto danneggiato il partito. Che la voce della strada sia più democratica del voto di gente che si è mandato in Parlamento a questo scopo è un’illusione che trova i suoi sostenitori anche qui da noi, in Germania. Nei suoi momenti migliori Grillo parla come il boss di una setta. Quando dice che lui “non è un capo, ma un garante”, si riconosce lo swami [ndt.: dal sanscrito: maestro di sé stesso] che in altri luoghi potrebbe portare altrettanto bene a un ashram [nella tradizione indiana: sia un luogo di meditazione e romitaggio che uno dei quattro stadi della vita] dei pentiti. Nelle sue comparsate, con un poco di conoscenza storica si possono riconoscere anche altri modelli, più malvagi. Paralleli con Mussolini Su “Weltwoche” il giornalista britannico Nicholas Farrell ha indirizzato l’attenzione sull’affinità con un altro famoso italiano, il quale quasi un secolo fa fondò allo stesso modo un movimento, che rivendicò ugualmente di essere la vera e propria voce del popolo: Benito Mussolini. Farrell se ne intende, di Mussolini: nel 2003 ha presentato una biografia del “Duce”, molto apprezzata. Anche Mussolini insisteva nel dire che i suoi “Fasci di combattimento” non erano un partito, ma un movimento, perché i partiti non erano la soluzione, ma il problema. Anche Mussolini intendeva sé stesso e i suoi come forza di ripulitura, che alla fine avrebbe rimesso in ordine il sistema, corrotto e marcio. E anch’egli rappresentava la gioventù e i liberi pensatori, che non credevano più a “estesi programmi” e a “statuti”, ma invece alla “freschezza” dell’azione. Farrell segue le tracce del parallelismo fino dentro alla scelta dei termini. Se il dittatore parlava del Parlamento come di “questa aula sorda e grigia”, nella quale egli si era rifiutato di infilarsi, Grillo spiega il suo rigetto della collaborazione nello stile del “Duce”, così: “I vecchi partiti sono alla fine. Essi devono restituire ciò che hanno rubato e poi andarsene. O seguono noi, o sono perduti”. Lo scherno del parlamentarismo sotto la veste della vera democrazia è un espediente che tutti gli antidemocratici, di qualsiasi provenienza, padroneggiano. Oggi si trascura volentieri di osservarlo, ma il fascismo, nel suo nucleo, era un movimento di sinistra. Mussolini non ha mai fatto mistero della sua origine ideologica: “Io sono e sarò sempre un socialista, le mie convinzioni non muteranno mai. Sono impiantate nelle mie ossa”, urlò ai suoi compagni, quando essi lo espulsero dal partito per il suo atteggiamento favorevole alla guerra, allo scoppiare di questa nel 1914. “Il fascismo di Mussolini era nero, quello di Grillo è verde, ma entrambi hanno un cuore rosso”, scrive Farrell. Ci si può soltanto augurare che Steinbrück abbia ragione, affermando che gli italiani hanno eletto due comici. Purtroppo le cose appaiono come se egli si fosse solennemente sbagliato su uno dei due.
GRILLO E LA RIVOLTA DELLA RETE Martedì 19 Marzo,2013 Ore: 12:03 |