L'ORIGINARIO SIGNIFICATO "LAICO" DELLA PASQUA CRISTIANA

di Augusto Cavadi

sabato 20 aprile 2019
Riprendiamo questo articolo, su segnalazione dell'autore che ringraziamo, dal suo blog Augustocavadi.com
20.4.2019
IL SIGNIFICATO ORIGINARIAMENTE LAICO DELLA PASQUA CRISTIANA
Secondo il convincimento più diffuso fra gli storici, Gesù di Nazareth sarebbe morto nel 30 d. C. Aveva annunziato come ormai prossimo, anzi imminente, l’avvento del “regno di Dio”: di una nuova epoca in cui affamati di pane e assetati di giustizia, sofferenti di ogni specie, sarebbero stati soccorsi, riscattati e restituiti a dignità. Invece la crocifissione sancisce, in maniera clamorosamente eloquente, il fallimento delle sue aspettative.
Da qui la dispersione del piccolo gruppo di uomini e donne che lo avevano accompagnato nei due o tre anni precedenti, condividendone – sia pure in maniera un po’ confusa e approssimativa – le attese. Ognuno torna a casa, alla routine di sempre. La rassegnazione seppellisce, come una pietra tombale, i fermenti profetici del rabbino nomade.
Poi (quando? tre giorni dopo la sepoltura ? dieci giorni dopo? cinquanta giorni dopo?) alcuni e alcune dei discepoli provano un’esperienza spirituale imprevista. E’ un’esperienza che li convince del fatto che il loro Dio, Jahvé, non ha abbandonato nell’oscurità della morte, del nulla, il Maestro di Galilea; che questi, in una modalità completamente diversa dalla presenza bio-fisica precedente, è vivo e attivo in mezzo a loro. Come esprimere questa convinzione? Con quali simbologie, con quali categorie letterarie? La storia della mistica di tutte le religioni sinora apparse sulla Terra attesta che, quando si sperimenta il divino (o, comunque, si ritiene di sperimentarlo), mancano le parole per raccontarlo. 
Sui primi venti o venticinque anni dopo la morte di Gesù non abbiamo tracce scritte. E’ dopo l’anno 50 d. C. che un fariseo convertito, Paolo di Tarso, comincia mettere nero su bianco per esprimere la sua convinzione che Gesù, grazie a Dio e in Dio, è stato “risvegliato” dai morti e costituito “Signore” della nuova umanità. Da quel momento si moltiplicano i tentativi di dire l’indicibile: Gesù è “risuscitato”, è stato “elevato al cielo” (come si narrava del profeta Elia), è “presente” dove due o tre si riuniscono nel suo nome. I quattro evangelisti prescelti dalla Chiesa come “canonici” ricorrono a vari miti, immagini, della tradizione ebraica (non nettamente distinta da altre tradizioni religiose dell’epoca), ma – quando i vangeli si diffondono nel mondo latino e greco – quelle narrazioni poetiche vengono prese alla lettera, come resoconti storico-fattuali. 
Siamo arrivati dunque allo stravolgimento dei nostri giorni: l’essenziale non è più testimoniare la novità della vita cristiana, spendendosi nell’autodonazione ai disgraziati del pianeta, ma disputare teologicamente su che cosa sia consistito davvero l’evento che ha trasformato un drappello di delusi in una comunità di militanti del “regno di Dio”. 
Oggi i teologi più aggiornati e più liberi lo dicono con franchezza: leggere i racconti pasquali alla lettera significa proporre dei dogmi che “nessuna mente del ventunesimo secolo può ancora abbracciare”. Là dove le chiese istituzionali perseverano nel “letteralismo biblico” è perché cercano un alibi che esonerino i fedeli dal vivere il perenne messaggio ‘laico’ di Gesù: “essere pienamente umani” e “abbracciare l’insicurezza senza costruire steccati di protezione” (J. S. Spong).
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com



Martedì 23 Aprile,2019 Ore: 17:48