COMMENTO
DOVEVA ESSERE UNA CONQUISTA ANNUNCIATA INVECE E' DIVENTATA IL RACCONTO DI UNA TRAGEDIA CONSUMATA NEL 1961 SUL PILONE CENTRALE DEL MONTE BIANCO, “FRENEY 1961”, PREFAZIONE DI ERRI DE LUCA, di MARCO ALBINO FERRARI

DI CARLO CASTELLINI.

Tra un libro d'impegno e un altro di pari livello, mi concedo una pausa riflessiva, con una lettura più distensiva digeribile, ma sempre stimolante, che coincide spesso con quei pochi giorni di pausa estiva che trascorro nel paesino di COSSIGNANO, (AP) dell'entroterra ascolano, dove abitano i miei suoceri.
Così quest'anno, mi sono portato alcuni libretti, come quello di MARCO ALBINO FERRARI, su “FRENEY 1961”, che racconta in maniera partecipata e vivissima, la tragedia storica consumata sul MONTE BIANCO, da qui il titolo:”FRENEY 1961”, Corbaccio editore.
Doveva realizzarsi come una delle più grandi imprese alpinistiche di allora, la scalata al pilone centrale del Monte Bianco, (chiamato dagli esperti LA CHANDELLE, per la sua forma slanciata, diritta leggermente inclinata in avanti come una CANDELA).
Invece è diventata la narrazione di una delle più grandi tragedie alpinistiche di quegli anni, consumata all'insegna dell'alpinismo estremo, che sacrifica alla montagna ben quattro scalatori di grande valore, tre di origine francese e l'italiano ANDREA OGGIONI, amico più che fraterno e non inferiore tecnicamente al grande WALTER BONATTI, che con ROBERTO GALLIENI E PAUL MEZEAU, riuscirono a portare a casa la pelle.
I due gruppi, quello italiano di ROBERTO GALLIENI, ANDREA OGGIONI E WALTER BONATTI, si erano trovati con quello francese nello stesso bivacco della FOURCHE, senza nessun accordo precedente; e scoprono ben presto di avere lo stesso fine quello di conquistare il pilone Centrale del Monte Bianco. Di comune accordo, subito trovato, decidono di collaborare e procedere insieme. E WALTER BONATTI viene subito riconosciuto come il migliore e il più adatto per guidare la cordata (allargata di fresca fusione) comune. E così avviene, senza nessuna discussione.
Almeno sulla carta, l'impresa sembrava alla portata di mano, di tutti, sia italiani che francesi, considerati i migliori scalatori del momento. Anche se nel 1959, c'era già stato un tentativo di conquista del Pilone centrale, che era fallito, da parte di Walter Bonatti. Ma anche il gruppo francese di PIERRE MAZEAU non era da meno, in fatto di tecnica, forza fisica, resistenza alla fatica, e comprensione della tattica da adottare e affiatamento di gruppo.
Infatti i nostri validi scalatori non furono respinti dalla montagna, propriamente detta, ma dal meteo, che emette il suo verdetto assassino. Il tempo con cui erano partiti prometteva solo bel tempo; ma questo non avviene, in alta quota: perchè dal fondo valle salgono minacciose nuvole nere; ed il gruppo italiano e francese è costretto ad affrontare sulla parete difficilissima una gragnuola di fulmini a raffica, attirati anche dagli strumenti metallici, (dalla punta delle piccozze, dai chiodi infissi in parete, ecc.) e sono costretti a mollare tutto, se non volevano rischiare la vita.
Bastavano ancora poche ore per portare a termine con successo l'impresa, invece sono stati costretti a trascorrere le ore (due giorni e mezzo), della tormenta di neve, di vento, di grandine, in parete, soffrendo la fame (i cibi erano finiti), la sete, (te e cartine era finite) e il freddo (in parete il vento era fortissimo, rende lenti e quasi impossibili i movimenti) e tanta neve era caduta, (rende quasi impossibile camminare). Le loro forze ormai sono ridotte la lumicino e devono ancora fare ritorno in queste condizioni.
Decidono di rinunciare. E si buttano alla ricerca ansiosa e affannosa del rifugio più vicino. Ma tutto riesce più difficile.
In maniera quasi miracolosa riescono a stabilire un contatto con i soccorsi e con la Casa delle Guide di Courmayeur. Ma questi arrivano tutti in grave ritardo e trovano grandi difficoltà a individuare la posizione esatta dei nostri reduci dalla montagna.
Solo WALTER BONATTI riuscirà a grande stento a giungere presso il Bivacco sopra ricordato, dove parlottavano e riposavano le Guide del Soccorso alpino e altri soccorritori. Sarà lo stesso BONATTI a riferire come a sentire i loro discorsi sia rimasto “letteralmente schifato”. (Le parole non sono riferite dall'autore. Ndr).
Durante il ritorno l'amico di Monza ANDREA OGGIONI, è giunto al limite delle forze e da' segni di incipiente pazzia e sembra abbandonare tutto. Ne diamo testimonianza:“In quel momento di delirio, OGGIONI nella sua mente rideva a squarciagola. Con quelle grandi risate dei malinconici, che mettono in ogni risata tutta la felicità possibile, perchè sanno che non tornerà presto. Oggioni rivedeva Bonatti e le luci di Courmayeur nella corsa verso valle di due anni prima. I tornanti della Val Veny. L'asfalto nero e bagnato di pioggia. I tornanti l'uno di fianco all'altro. Lui a destra. Giu' in quella notte senza tempo. Due ore di corsa con gli scarponi pesanti. Sentiva i colpi sordi degli scarponi picchiargli nella mente come i boati del tuono.”Pum, Pum”, e vedeva le luci di Courmayeur avvicinarsi tremolanti. “Si, ti vedo Walter, ti vedo in quella notte sotto la pioggia”, eravamo bagnati fin dentro le ossa. I capelli ci scendevano sulla fronte. Ti ricordi?”).
Era stato ANDREA OGGIONI, (quello che correva con la sua Gilera, a parcheggiare sotto la casa di Bonatti: lui che era forte, che chiudeva le cordate, raccattava le corde ed i chiodi, e che Bonatti voleva sempre con se nelle sue ascensioni) e non il contrario, a introdurre WALTER BONATTI, a conoscere le rocce della GRIGNA e i segreti della montagna. Anche se sullo sfondo dei loro sogni c'erano sempre le Dolomiti, il Cervino e il Monte Bianco.
Le altre vittime sono francesi: ANTOINE VIEILLE, PIERRE KHOLMANN, GUILLAUME (Kholmann colpito ad un orecchio da un fulmine, che gli rompe un timpano e un piccolo apparecchio che lo priverà ben presto della possibilità di comunicare con il mondo esterno.
Con WALTER BONATTI si salvano ROBERTO GALLIENI, e il francese PIERRE MAZEAU, 32 enne, e docente di diritto in una università di Parigi, amico e ammiratore del nostro Walter Bonatti: dopo questa avventura diventerà assessore allo Sport della capitale parigina; mentre il nostro Bonatti chiuderà con queste avventure dell'alpinismo estremo e diventerà inviato e fotografo speciale della rivista EPOCA di allora.
La stampa di allora avrà una grande importanza nell'alimentare il mito di alcuni, e qualche critica al contempo espressa in maniera spiccia pressapoco così: “........Come mai, dopo alcune scalate, alcuni di voi tornano vivi e altri invece ci lasciano la vita?.......”. La polemica era stata alimentata un po' ad arte per punzecchiare soprattutto l'uomo Bonatti, ma anche il suo mito che ormai aveva varcato i confini dell'Italia.
Risponderà al polemista e superficiale già allora EMILIO FEDE il nostro Walter BONATTI con:”Ci siamo salvati solo noi tre: PIERRE MAZEAU, ROBERTO GALLIENI E IO. Gli unici che avevano una donna e un amore ad aspettarli”. Poi lo mandò via con un gesto, e andò da BIANCA. (Io pensò che volesse dire questo: anche noi eravamo arrivati allo stremo delle forze. E se non avessimo avuto qualcuno che a casa ci aspettava per amore, ci saremmo arresi alla montagna”, NdR). Ma WALTER BONATTI, era personalità scomoda che non era gradito alle guide di COURMAYEUR. Anche perchè troppo bravo e capace da solo di compiere imprese che gli altri, tutti insieme, non erano capaci di realizzare.....! Più gradita invece la presenza e la comunicazione più oggettiva giornalistica di ANDREA BOSCIONE per la Rai.
Ci sarebbero tante altre cose da dire e particolari da ricordare, come del resto la rivalutazione della testimonianza globale dell'esperienza alpinistica di un grande della montagna come Walter Bonatti. Ma questo potrebbe far parte di un prossimo commento dedicato alla vita e alle imprese di HERVE' BARMASSE, un altro grande testimone dell'avventura in alta montagna. (CARLO CASTELLINI).



Martedì 16 Luglio,2019 Ore: 21:50