Segretariato attività ecumeniche (SAE)
I primi 3 comunicati stampa della 46ª Sessione di formazione

a cura di Agenzia NEV

Gentili colleghi e colleghe,
riceviamo e volentieri inoltriamo i primi 3 comunicati stampa della 46ª Sessione di formazione del Segretariato attività ecumeniche (SAE) che si sta svolgendo dal 26 luglio al 1° agosto a Chianciano (Siena) con il titolo: "La parola della croce (1 Corinzi 1:18). Interrogativi e speranze per l'ecumenismo e il dialogo".

 

 
S.A.E.
Segretariato Attività Ecumeniche
46ma Sessione di Formazione Ecumenica
Centro Congressi Excelsior, Chianciano Terme (SI)
 
COMUNICATO STAMPA n. 1
 
26 luglio 2009
 
La prima giornata della 46ma Sessione di Formazione Ecumenica, in corso presso il Centro Congressi Excelsior di Chianciano Terme (SI), è stata aperta da Mario Gnocchi, Presidente nazionale del SAE, con un’appassionata relazione introduttiva sul tema “La Parola della Croce” (1 Cor 1,18). Con un forte accento di realismo ottimista, pur riconoscendo le fatiche del momento, il responsabile nazionale dell’associazione interconfessionale di laici per l’ecumenismo e il dialogo (a partire da quello ebraico-cristiano) ha toccato “interrogativi e speranze” del cammino ecumenico, a partire “dalla nuda evidenza dell’evento del Calvario”. Nella scelta del tema della sessione - spiega Gnocchi - <<ha agito il desiderio di trovare nella parola della croce, anche e proprio per la sua forza di sconvolgere i pensieri e i progetti umani, una spinta radicale ad uscire dalle secche in cui sembra essersi in buona parte incagliato il movimento ecumenico. La croce infatti non rivela soltanto un Dio “capovolto”, la cui potenza d’amore si manifesta nell’impotenza dell’uomo torturato e crocifisso, ma riverbera anche la sua luce sul senso della sequela cristiana e sulla missione della chiesa>>.
Su “La croce e la polis” ha detto con stile coinvolgente e linguaggio intrigante, il teologo Andrea Grillo, del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma, nella relazione portante della mattinata. <<La condizione attuale del dialogo ecumenico ha bisogno di un’attenzione rinnovata al linguaggio con cui le singole diverse tradizioni leggono e propongono se stesse>>, ha sottolineato Grillo. Ed ha scelto di immaginare <<una sorta di “regata” attraverso tre boe, costituite da tre “compiti” del cristiano di fronte alla croce e all’interno della “polis”>>. Anzitutto <<pensare e praticare correttamente la tolleranza, come valore di convivenza che promuova la “non indifferenza” verso gli altri e spinga ad interessansi della diversità. Poi la “vigilanza”, che non è un atteggiamento difensivo, ma piuttosto la coscienza di non avere a disposizione il rapporto con Dio e col prossimo. Infine la “testimonianza”, da far valere nella unità di contenuto e forma, sostanza e accidenti>>.
Le conclusioni principali riguardano la delicatezza del linguaggio ecclesiale, che deve scoprire “parole equilibrate” per dire il meglio della propria tradizione. In secondo luogo c’è la necessità di riscoprire la integralità delle stesse tradizioni, senza ridurle soltanto alle loro emergenze giuridiche o dogmatiche. Di fatto si tratta, per la libertà del cittadino, di scoprirsi non solo come diritto o dovere, ma anzitutto come dono.
 
Sono stati quindi presentati i 9 gruppi di studio che accompagneranno tutte le giornate della Sessione, fino alla relazione finale in assemblea, di sabato 1 agosto. Questi i gruppi e i rispettivi animatori: 1. La Passione secondo Matteo di J.S. Bach con Emanuele Fiume, pastore valdese - Roma e Vanna Rossetti del SAE di Cremona ; 2. Croce e cinema con Andrea Bigalli, Pax Christi - Firenze e Gianna Urizio, regista di “Protestantesimo” - Roma ; 3. Narrare la memoria della Passione, con Marco Campedelli, narratore, “Teatro Mondo Piccino (1923)” - Verona ; 4. Croce e Chiesa con Serena Noceti, teologa cattolica – Firenze, Winfrid Pfannkuche, pastore valdese - Taranto e Valentin Ilies, prete ortodosso romeno - Catania ; 5. La debolezza di Dio nella storia umana e Carlo Molari, teologo cattolico - Roma , Fabio Traversari, stud. Fac. Teol. Valdese - Prato e Gheorghe Vasilescu, prete ortodosso romeno - Torino ; 6. Di fronte alla sofferenza con Anna Urbani, medico psichiatra - Venezia , Ermanno Genre, doc. Fac. Teol. Valdese - Roma
e Shahrzad Houshmand Zadeh, doc. Teol. Islam. Università Gregoriana - Roma ; 7. “Chi vuol venire dietro di me…” con Fulvio Ferrario, doc. Fac. Teol. Valdese - Roma  e Alberto Simoni o.p., direttore di Koinonia - Pistoia ; 8. Religioni, riconciliazione, pace con Giovanni Cereti, Conf. Mond. Relig. per la Pace – Roma, Adnane Mokrani, doc. Teol. Islam. Un. Greg. - Roma e Giuseppe Marrazzo, pastore avventista - Firenze ; 9. Dal rovescio della storia con Letizia Tomassone, pastora valdese - La Spezia , Bruno Segre, saggista, dirett. “Keshet” - Milano e Isabella Guanzini, doc. filos. e teologia - Cremona e 10. Piccolo corso su Giovanni Calvino con Pawel Gajewsky, pastore valdese – Firenze, nel 500° anniversario della nascita del Riformatore.
 
Info: Mario Gnocchi 349 8042234
        Graziella Merlatti 333 5793211
 
 

 

COMUNICATO STAMPA n. 3
29 luglio 2009
 
Giuseppe Marrazzo (Firenze) ha aperto la terza giornata della 46ma Sessione del SAE con una meditazione su “La Passione, con speciale riferimento a Luca 23, 39-43. Egli ha messo in luce alcune facce particolari della prismatica riflessione neotestamentaria sulla croce. E’ la prima volta che un pastore avventista prende la parola in una Sessione SAE, come ha fatto notare anche il Presidente Mario Gnocchi nella presentazione.
Carlo Molari (Roma) ha anticipato il suo intervento (“Croce, salvezza e religioni”), previsto per la giornata di giovedì.
“Il tema della riflessione - ha esordito il teologo cattolico - è come i cambiamenti che stanno avvenendo nella teologia della croce incidono sull’interpretazione della funzione salvifica delle religioni”, che riguardano fondamentalmente due aspetti: “i cambiamenti in atto nella soteriologia (teologia della salvezza) e la loro incidenza nella teologia delle religioni”. I primi “riguardano anzitutto il superamento del modello ascendente della soteriologia. Esso consiste nel considerare la croce di Gesù come l’offerta fatta a Dio della propria vita per riparare il peccato degli uomini”. Se “diverse metafore bibliche vennero interpretate in questo senso, il prezzo, il riscatto, l’espiazione, altri modelli furono aggiunti successivamente, come quello della soddisfazione, intesa come compenso offerto a Dio per l’offesa del peccato umano”.
In realtà, ha precisato Molari, “ attribuire a Dio volontà punitiva o esigenza di vendetta nei confronti del peccato umano non si concilia con l’immagine evangelica di Dio che, come aveva promesso nei profeti, perdona gratuitamente e dimentica i peccati degli uomini (cf Ger 31,34, Rm 8, 14 o 2Cor 5, 19)”. Infatti “il Dio rivelato da Gesù offre perdono di propria iniziativa e senza porre condizioni preliminari. In questa prospettiva i termini biblici sacrificio ed espiazione applicati alla croce di Gesù acquistano un significato diverso da quello corrente, esprimono cioè il primo l’azione con cui Dio riserva a sé il corpo di Gesù per manifestare il suo amore misericordioso e quindi espia, ossia purifica l’uomo dal peccato”. Però “ il termine soddisfazione, che per molti secoli è stato utilizzato nella teologia della salvezza, è di origine giuridica e quindi antropomorfica e deve essere abbandonato per descrivere l’azione salvifica di Gesù”.
In questa prospettiva “la croce diventa un criterio molto significativo per valutare la funzione salvifica delle Chiese e di tutte le strutture religiose. In primo luogo indica la possibilità che esse diventino strumento di violenza, dato che la croce è espressione di un conflitto nato in ambito religioso”. Diventa poi “il simbolo dell’amore che resta fedele anche nella violenza dell’odio e della morte, per cui le religioni sono salvifiche nella misura in cui offrono ragioni per insegnare ad amare anche nelle situazioni negative”. La croce è inoltre “l’indicazione della possibilità di dare un senso alla sofferenza, al male e alla morte, per cui le religioni sono salvifiche nella misura in cui aiutano a rendere positiva la sofferenza umana e soprattutto nella misura in cui insegnano la necessaria compassione per coloro che si trovano nella difficoltà. Un compito quindi è affidato oggi ai discepoli di Gesù al di là delle teologie e delle tradizioni ecclesiale: testimoniare che l’amore di Dio a cui ci affidiamo ci può condurre a forme nuove di fraternità di misericordia, a portare il male in modo salvifico. La croce quindi ci può unire nel cammino di testimonianza, e può mostrare la potenza salvifica nella fraternità e nella comunione delle Chiese fra loro e con tutti gli uomini.
 
Info: Mario Gnocchi 349 8042234
        Graziella Merlatti 333 5793211
 

 

S.A.E.
Segretariato Attività Ecumeniche
46ma Sessione di Formazione Ecumenica
Centro Congressi Excelsior, Chianciano Terme (SI)
 
COMUNICATO STAMPA n. 2
28 luglio 2009
 
Eric Noffke lunedì pomeriggio nella sua relazione, “Sguardi sulla croce delle prime comunità cristiane”, ha gettato un fascio di luce - ed ha reso così anche più larghe le ombre – sulle generazioni cristiane delle origini.
<<Lo sguardo terrorizzato dei discepoli di fronte alla croce di Cristo è comprensibile: la croce era da tempo lo strumento di repressione politica per eccellenza e qualificava Gesù come un ribelle fallito, per di più maledetto dalla legge di Mosè, perché “appeso all’albero” (Deut 21,22-23)>>, ha detto Noffke. <<È comprensibile, dunque, il loro ritorno in Galilea alle precedenti occupazioni. È altrettanto comprensibile lo scandalo di un fariseo come Paolo, il quale vedeva nella croce di Gesù un fallimento politico e religioso da denunciare e perseguitare. Questo, naturalmente, fino al momento del suo incontro con il risorto. Per capire la portata del cambiamento che avvenne nella sua fede, possiamo provare a vedere nel IV Libro di Esdra, un apocrifo del I secolo d.C., generalmente attribuito ad un fariseo, il possibile background del Paolo precristiano. Possiamo così capire come 1) la croce sia diventato da simbolo del fallimento politico di Gesù il segno del trionfo di Dio sulle pretese dell’impero (lo strumento di repressione per eccellenza diviene il segno della sua sconfitta); 2) il simbolo del fallimento della legge di Mosè (colui che doveva essere maledetto è in realtà il messia); 3) il segno dell’obbedienza di Gesù che permette al Regno di Dio di irrompere nella storia rimuovendo le conseguenze della disobbedienza di Adamo. L’esempio di Paolo ci mostra chiaramente come la morte di Gesù sulla croce abbia costituito uno “scandalo” a cui il cristianesimo delle origini doveva urgentemente dare una risposta che convincesse i contemporanei; i vari autori biblici, e le comunità che rappresentavano, lo fecero sulla base del loro background e della loro esperienza di fede, dando vita ad una ricchezza di interpretazioni che sarà di ispirazione alla teologia cristiana fino al giorno d’oggi>>.
 
Martedì 28 la giornata è stata aperta da Vladimir Zelinsky su “La Trasfigurazione e la teofania interiore”. Un pensiero centrale di questa meditazione si trova nella “visione della luce apparsa con la Trasfigurazione, ma che rivela nello stesso tempo la luce iniziale con cui e in cui Dio ha creato il mondo. La Trasfigurazione è una manifestazione del miracolo dell’Incarnazione”. Un secondo pensiero portante è “Alla tua luce vediamo la luce” (Salmo 35), cioè “nella luce di Dio noi vediamo la luce della creazione, la stessa luce che Dio ha gettato nel nostro essere. Questa Trasfigurazione ha mostrato non solo come Dio è, ma come gli uomini sono, non nel loro stato empirico, ma come sono stati concepiti dall’amore di Di”o. E “questa vera natura umana è da conquistare nell’avvenimento della teofania interiore in cui ogni uomo può essere deificato”, secondo il detto dei Padri della Chiesa. “Cristo ha manifestato la sua gloria perché ogni volto umano diventasse quello del Figlio di Dio”.
 
Fulvio Ferrario (Pastore e docente alla Facoltà Teologica Valdese di Roma) ha presentato, in tre tappe, alcuni lineamenti della teologia della croce nella tradizione protestante. “Anzitutto la disputa di Heidelberg (1518), nella quale Lutero sottolinea che ogni discorso su Dio debba essere formulato a partire dalla rivelazione nel Crocifisso”; in secondo luogo Bonhoeffer: “Egli insiste sia sulla dimensione del discepolato vissuto della croce, sia, nelle lettere dal carcere, sul tema del Dio sofferente che aiuta nella sua debolezza”; infine, terza tappa, il pensiero di due contemporanei, Jürgen Moltmann ed Eberhard Jüngel, i quali, ponendosi sulla scia di Lutero e di Bonhoeffer, intendono ripensare, alla luce della croce, i grandi temi della teologia cristiana, parlando di un “Dio sofferente, non impassibile ma appassionato, capace di condividere la precarietà della condizione umana”.
 
Paolo Gamberini (Gesuita, docente alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Napoli) ha presentato in quattro punti la sua relazione dedicata alla recente discussione nell’ambito esegetico e teologico di come la primitiva comunità cristiana, essendo di fede monoteista, abbia confessato che Gesù di Nazareth è Figlio di Dio. Costituisce questo una rottura con la fede monoteista dell’Antico Testamento e del seguente giudaismo? Attraverso lo studio di Richard Bauckham, in particolare, e di Larry Hurtado e James Dunn, il relatore ha mostrato come “la confessione neotestamentaria della divinità di Gesù trova il suo luogo originario nell’identificazione escatologica di Dio in Gesù crocifisso”. Questo evento “non è esclusivo di Gesù Cristo, ma in lui e attraverso di lui diventa inclusivo di ogni uomo che – come afferma la Gaudium et Spes n. 22 – partecipa del mistero pasquale. La croce è un evento aperto ad accogliere ed abbracciare ogni uomo”.
A conclusione della relazione è stata proiettata l’opera artistica X-fiction di Raul Gabriel. In essa il pittore ha voluto rappresentare nel gesto dell’abbraccio ciò che significa salvezza e redenzione.
 
L’UFFICIO STAMPA
 
Info: Mario Gnocchi 349 8042234
        Graziella Merlatti 333 5793211
 
 
 


Giovedì 30 Luglio,2009 Ore: 15:47