Il testo, con lievi modifiche, è stato pubblicato come introduzione a Gandhi, Pensieri, La Locusta, Vicenza 1960 e poi pubblicato di nuovo con il titolo Gandhi: una grande anima, in Primo Mazzolari, Scritti critici, La Locusta, Vicenza 1981, pp. 7-10. Corrisponde, forse allarticolo di Mazzolari Ricordo di Gandhi, in "Il nuovo cittadino", Genova 6 marzo 1948 (indicazioni ricevute da Mariangela Maraviglia e Marta Margotti) (Nota a cura di Enrico Peyretti).
Ho conosciuto e voluto bene a Gandhi, non attraverso i giornali, ma attraverso il bene che gli porta va una mirabile suora
francescana, che ebbe la fortuna di incontrarlo in India e di averlo ospite in Italia. Nella «grande anima» aveva trovato
qualche cosa del Serafico. Poi, vennero anche per lui gli interminabili giorni delliracondia, e il mio bene per lui crebbe
a dismisura, poiché la sua maniera di resistere al Maligno, pur umiliandomi nel confronto, mi rassicurava come cristiano.
Lumiliazione, quando è sincera, invece di chiudere il cuore, lo fa docile, e a scuola dognuno, anche dell«ultima», anche
dell«infedele», anche dell«incirconciso». Lo Spirito è come il vento, e soffia dove vuole e fa sorgere ovunque profeti o
testimoni di quella Verità, la quale pur essendo costruita come una «Città», non ha mura né verso Oriente né verso
Occidente. La Grazia, per strade che solo lAmore conosce, arriva dove neanche arriva il nostro sogno che come ogni cosa
nostra conosce il limite e la misura: (mentre lo Spirito è linfinito ed è Carità anche più caritativa, se ci scontenta
quando le vogliamo porre un limite.
Volevo bene a Gandhi perchè sentivo che il Mansueto laveva scelto per testimoniare di Lui, come aveva scelto Giovanni di
Zebedeo, Francesco di Bernardone: per fare, più che per dire la Parola. Il Regno dei Cieli, appartiene a coloro che fanno:
e se uno poi fa, senza aver visto, egli è ancora più beato, al par di colui che crede senza vedere. Dunque, anche lui è un
discepolo ed è stato trattato come il Maestro. «Forse che il Discepolo è da più del Maestro? Come hanno trattato il Maestro
sarà trattato il Discepolo». Gli uomini pagano alla pari «il legno verde e il legno secco».
Ci voleva questo sigillo, anche se nel dirlo il cuore mi trema. Se no, si sarebbe potuto pensare a unincompiutezza del suo
messaggio e della sua testimonianza. Una benevolenza o una accondiscendenza da parte degli uomini che non sono usi a
sopportare la bontà, avrebbe diminuito la somiglianza e indotto a pensare che, in una cornice diversa, il Discepolo
potrebbe anche essere tollerato.
Gandhi, al pari di un vero cristiano, ha creduto nella cosa più folle a darsi e più difficile a farsi: ha creduto nella
Carità. «Et nos credidimus Charitati...». Gli stessi pagani hanno intravveduto lirresistibilità dellamore, e il loro
assenso conferma laccordo sostanziale tra la Verità che discende dal cielo e la Verità che sale dal cuore, che è un cielo
capovolto. Fanno pure coro con noi tanti che stanno ai margini o fuori dalla cristianità. Poi, la fretta di vedere prima di
chiudere gli occhi, ci fa dimenticare che lAmore a guisa del seme, anche se cade in terra buona porta frutto con pazienza.
Fare senza vedere, credere senza vedere è un assurdo: logico, ma condizione e prova della nostra fedeltà allo Spirito.
Gandhi ha saputo attendere, confermando la chiamata. Chi gli ha stroncato lattesa, non gli ha portato via la fede, che
venne confermata col sangue, «Fidem firmavit sanguine». Quando Gandhi viveva sotto gli Inglesi e stava tra i suoi e gli
Inglesi, e non sempre la sua opera, riusciva gradita ai «signoni dellOccidentee». Si pensava da qualcuno: un giorno verrà
tolto di mezzo.
Gli inglesi sono freddi, scettici, educati, ma pur con molto riguardo, hanno fatto capire spesso che il Mahatma, il quale
voleva lindipendenza della sua terra e lunità del suo popolo, li infastidiva. Però, non gli vollero mai male. Capivano
che se era il solo indiano che poteva resistere allOccidente, era anche il solo indiano che poteva resistere allOriente.
Stava contro il male dei suoi e degli altri: capiva il torto degli inglesi e degli indiani: il bene e la ragione di
entrambi. Per questo, gli Inglesi, che pur non sono gente di predica, sopportavano il Profeta che, invece di condannare,
aiutava i suoi e gli altri a non farsi del male.
LIndia ebbe per tanti anni il più strano ambasciatore presso la corte di S. Giacomo: e lInghilterra il suo più grande
benefattore presso lIndia. Impedire di fare il male a chi lo può fare senza dar conto a nessuno, è la più grande opera di
misericordia. Non dico che limpero inglese non abbia torti verso lIndia; ma se non ci fosse stato Gandhi, lInghilterra
avrebbe un conto più grosso. Per merito di Gandhi gli inglesi hanno oggi una coscienza meno onerata. Il loro spirito di
potenza non li ha accecati, cosi da non avvertire la potenza dello Spirito, che parlava attraverso limpotenza del Profeta.
Forono «i suoi che non lhanno ricevuto» (una nuova somiglianza del discepolo col Maestro) furono quei di casa sua, con i
quali spartiva il pane e la sofferenza, non lillusione di una India onnipotente, che gli si son levati contro, continuando
gli Scribi e i Farisei. Quegli indiani, che vogliono soltanto unindia forte, sentivano che Gandhi non avrebbe mai potuto
essere dei loro, e lhanno tolto di mezzo, come un ingombro "Tolle eum". E lhanno tolto di mezzo in quel modo che ha
inorridito il mondo intero, almeno il mondo che non crede nella violenza. E anche quello che vi crede, da qualche giorno
quando parla di lui, parla come se non ci credesse più. La spudoratezza del male, anche oggi, ha i suoi limiti, «Venne tra
i suoi e i suoi non lhanno ricevuto...».
Limperialismo inglese ormai stanco, non ha capito interamente Gandhi, ma lo sopportava: il sorgente imperialismo indiano
non poté sopportarlo. La novità ha fretta e levò lingombro. Chi insegnava voler bene e a perdonare, è contro quella falsa
grandezza: la mina alle radici. E fu tolto di mezzo. Ora egli è un vinto. Il discepolo non può essere che un vinto, quando
vive e quando muore. Però, il mondo ebbe un fremito allannuncio della sua morte: Qualche cosa sè spaccato, come a
Gerusalemme in quel pomeriggio di Parasceve. Direi che il colpo è stato avvertito più di quanto si poteva immaginare. Poi è
intervenuta la retorica e ora si fa fatica a distinguere chi parla col cuore e chi il cuore non ce lha. Vi dico che
preferirei sentire parlare di Gandhi, della sua opera e della sua fine, secondo il sentimento e la regola morale di ognuno.
Chi «è contro le nostre opere non può essere esaltato».
Questo presidio di sentimenti, cimpedisce di vedere come siamo ci umilia. Vorrei che i giornali dicessero di lui ciò che
dicono tutti i giorni della, fede che è la sua fede, ciò che dicono sullo stesso foglio, in seconda, in terza, in quarta
pagina. Il guadagno della sincerità! Lasciatemi dire che anche questa ipocrisia non è senza utile; prova che il bene è
uninsegna di poco conto, ma costa ammainarla. Pacificare i suoi: far pace con gli altri, inglesi, maomettani. Si è messo
di mezzo per fare lunità. E veniva da una «parte» anche lui! E non lha rinnegata. Per congiungere gli uomini non è
necessario rinnegare la Patria, la razza, la religione. Per fare la patria delluomo basta un grande cuore.
«Cosa succederà ora laggiù?». Quando uccidono un «grande della terra», cè da temere: quando uccidono una «grande anima»
non cè nulla da temere. Il discepolo non può che ripetere la Parola: «Padre perdona loro che non sanno.».
30 gennaio 1948
Primo Mazzolari ---------------------------
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Martedì, 29 gennaio 2008
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