[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it) per questo intervento. Biografia di Giulio Vittorangeli]
La memoria e un filo sottile.
Bisogna saper raccogliere quel filo e andare avanti nella lunga strada della storia, perche altre fili si possano unire per costruire un percorso di liberazione per lumanita intera. Ma facilmente, troppo facilmente, dimentichiamo; perdiamo il filo.
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19 luglio 1979, Nicaragua, i sandinisti rovesciano il regime di Somoza. Nasce una speranza da quellalleanza tra rivoluzionari cristiani e marxisti (Sandismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza, recita il titolo di un bellissimo e fondamentale libro di Giulio Girardi, edito da Borla nel 1986). Un sogno durato undici anni, fino allimprevista sconfitta elettorale dei sandinisti nel febbraio del 1990.
La rivoluzione sandinista e parsa, a livello mondiale, come lo strumento per cambiare il mondo, uno specie di mantello di sogni, idee, utopie, speranze. Un sogno condiviso, che per un attimo e sembrato cosi vicino, ma che oggi e incredibilmente distante.
Quella sandinista era una rivoluzione costruita nella poverta. Erano laceri quei sandinisti e sembrava proprio che sorgessero quasi dal nulla, dalla terra. La rivoluzione che piu che mai ci appariva costruita nella poverta e della poverta, era proprio il cosiddetto "terzo mondo" che si scuoteva. Era una rivoluzione allinsegna dei principi del pluralismo politico, delleconomia mista e del non allineamento internazonale, che mirava allutopica costruzione dellhombre nuevo. Non solo, vedevamo in quellesperienza rivoluzionaria tracce di una scelta e di una cultura della nonviolenza; la stessa che contemporaneamente nasceva in Italia con il pacifismo degli anni Ottanta, che resta - con la sua radicalita - al centro della pratica dei movimenti.
Citiamo, per tutti, le parole di Ernesto Cardenal: "E posso dire che essi presero le armi per amore, perche volevano un paese colmo di scuole, ospedali e luoghi per linfanzia, senza analfabetismo e senza mendicanti e sfruttamento". La rivoluzione aveva dovuto ricorrere alle armi per spezzare la violenza schiacciante della dittatura, ma lasse della sua strategia non era la forza delle armi, bensi la forza del diritto, la giustizia, la solidarieta, lamore.
Solo una strategia nonviolenta, proclamava il sandinismo, poteva fondare una societa nonviolenta e contribuire alla gestazione di una civilta alternativa. Prima di questa esperienza, la relazione tra strategia liberatrice armata e nonviolenza era stata la diffidenza e la polemica. Per i rivoluzionari, il discorso nonviolento copriva la violenza del sistema e, pertanto, non reagiva in modo efficace contro di lei. La critica era verso chi considerava normale la violenza dei piu forti e demonizzava la violenza dei piu deboli. Per i nonviolenti, i rivoluzionari opponevano alla violenza vigente unaltra forma di violenza e di conseguenza non riuscivano a cambiare profondamente le cose perche mezzi violenti potevano solo generare nuove situazioni di violenza. Una contrapposizione radicale che, prima del sandinismo, ha impoverito il loro impatto trasformatore della storia. Il Nicaragua, invece, apriva fra le due tradizioni un dialogo e una fecondazione reciproca.
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Sappiamo poi come e andata, con la rivoluzione soffocata dagli Stati Uniti e dai propri errori. Sono seguiti sedici anni di capitalismo selvaggio, di neoliberismo, di governi di destra.
Sedici anni di fallimenti, di saccheggio delle risorse nazionali, di utilizzo dello Stato come trampolino per larricchimento personale, di governi neoliberisti che hanno portato poverta, disuguaglianza, disoccupazione e sottoccupazione (milioni di nicaraguensi continuano a sopravvivere con meno di due dollari al giorno), con la gente costretta ad accettare condizioni di lavoro disumane.
E vero, lungo la strada, in questi sedici anni, sono restate (anche se in forme e modalita diverse), le utopie, le speranze ed anche la vita di tutti quelli che nel sandinismo ci hanno creduto.
Pero sono restate (e restano) anche le organizzazioni popolari e sociali, che sono lespressione del progetto storico di liberazione del popolo e la consapevolezza che ogni prospettiva per un futuro migliore affonda le sue radici nel sandinismo originario.
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Infine, e importante ricordare la nuova prospettiva che si e aperta in Nicaragua con la vittoria del Fronte Sandinista (Fsln), con Daniel Ortega, nelle elezioni presidenziali del novembre 2006.
Certo non e il ritorno della rivoluzione sandinista, quella ribellione dei diseredati mossi dalla speranza di un futuro migliore, di un mondo piu giusto, che sollevo una immensa ondata di speranza ben oltre il Nicaragua. Il Fronte Sandinista che ha vinto le elezioni non e quello che abbiamo conosciuto il 19 luglio 1979.
La questione etica, laccordo con lallora presidente neosomozista Arnoldo Aleman, fino alla votazione in Parlamento che ha cancellato laborto terapeutico, nel caso in cui la vita della madre fosse in pericolo e che esisteva nel codice penale da piu di cento anni, sono la a dimostrare questa involuzione.
Premesso che nessun governo in Nicaragua potra risolvere in cinque anni i disastri provocati dal neoliberismo selvaggio, la speranza e che la vittoria di Ortega porti benefici ai settori piu emarginati del paese, migliorando le gravi condizioni in cui vivono milioni di nicaraguensi, realizzando un processo di ridistribuzione effettiva della ricchezza.
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Per tutto questo il Nicaragua non merita una tale rimozione. Tratto da Notizie minime de La nonviolenza è in cammino
proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
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Numero 216 del 18 settembre 2007
Giovedì, 20 settembre 2007
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