Mi piacerebbe molto potervi dire che si tratta di una favola-brutta, frutto della mia fantasia, purtroppo è una verità da me vissuta nel mio peregrinare in giro per il pianeta. La foto della bimba è loriginale da me scattata; lho anche inviata a numerose agenzie di stampa, chiedendo solo di divulgarla con la didascalia annessa.
Il colore dei sogni.
Sembrerebbe il titolo di una lirica fantastica oppure unagile esercizio dialettico, ma non è così; il colore dei sogni ha una simbologia tutta particolare, perché investe la parte inconscia della nostra mente (praticamente quel 95% del nostro cervello del quale ignoriamo tutto, funzioni, capacità, come se non esistesse). Per questo desidero parlarvi di alcuni miei sogni ricorrenti al punto da essere diventati un incubo. Quando si scatta una foto locchio umano percepisce, a malapena, i contorni fotografati molto sfumati, ma la pellicola si è impressionata anche con i particolari, così quando riguardiamo quelle foto ritroviamo i particolari che avevamo perduto e che non ricordavamo; così accade anche al nostro cervello; nellattimo nel quale un avvenimento accade vengono messi a fuoco solamente le immagini più salienti, ma il cervello ha registrato anche i particolari, così la memoria ha registrato ciò che in un primo momento era sfuggito. Il sogno ricorrente ripropone lavvenimento, ma arricchito di sempre nuovi particolari dimenticati. Mi trovavo a Riahd, capitale dellArabia Saudita e, quindi, capitale mondiale del petrolio; ero ospite del governo perché dovevo trattare la fornitura di prodotti parafarmaceutici che produceva unazienda in Tunisia per la quale lavoravo. Un mattino laccompagnatore che si occupava di me, venne a prendermi ed io manifestai il desiderio di sorbire un caffè quanto meno decente. Mi portò a un centinaio di metri di distanza dove cera un bar che avrebbe dovuto fare un buon caffè. Davanti quel bar cerano un gruppetto di bambini dal quale si staccò una bimbetta di non oltre 8/10 anni, aveva una tazza di legno in mano. Distrattamente feci il gesto di darle una moneta, ma si tirò indietro; il mio accompagnatore mi spiegò che non voleva soldi, chiedeva un po di latte. Feci il gesto di farla entrare nel bar ma il proprietario, con tono perentorio cercò di impedirlo. Il mio accompagnatore spiegò che ero un ospite del governo e non avrei gradito il rifiuto, così la piccoletta entrò. Non mi spiegavo perché gli altri non si avvicinassero e ne chiesi il motivo al mio interprete; mi spiegò che lelemosina, nella religione islamica, era uno dei principi fondamentali (cosa che già ben conoscevo); ma per quel giorno avevo fatto la mia elemosina alla prima bambina, per cui ero a posto con Dio, gli altri avrebbero atteso larrivo di una altro avventore. Nella capitale mondiale del petrolio, lì dove circolano miliardi di dollari, ci sono bambini che i genitori affidano alla pubblica carità, mentre lindifferenza vanifica ogni attenzione. Quei bambini finiscono con il dare anche fastidio perché rompono la robusta patina che copre le coscienze e ci ricordano la loro presenza, senza diritti, obbligati a ringraziare anche quando concediamo loro il bene di sopravvivere per un giorno; domani torneranno a porgere quella tazza di legno ad altri e ringrazieranno con un sorriso perché qualcuno ha concesso loro di vivere un altro giorno. Cercai di discutere tra il concetto di elemosina e quello di carità, ma capii che perdevo tempo. Riuscii a far entrare tutti quei piccoli bambini, fecero fuori tutto ciò che era possibile mangiare. Ora, dopo anni continuano a tornarmi nella mente, perché quel giorno ho fatto lelemosina, non ho esercitato la Carità, non ho più fatto nulla per quei bambini come nessuno ha fatto qualcosa per milioni come loro. Per questo scrivo questa esperienza, per rimuovere lo sporco che mi è rimasto dentro tacitando la Coscienza con un gesto occasionale. Quel sogno nel quale rivedo quella scena vissuta, è sempre in bianco/nero, non si sono colori che ne allietano larchitettura globale.
Martedì, 21 ottobre 2008
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