Roma, 23 ottobre 2008
Siamo già alle minacce. Questo governo, con la sua “politica a mano armata”, non si smentisce. È bastata qualche settimana di proteste contro la legge 133 per far saltare i nervi a Berlusconi, il quale dichiara che manderà la polizia a sgomberare scuole e facoltà universitarie occupate. Ma stavolta la protesta è troppo estesa e difficilmente il governo potrà risolvere la questione mostrando semplicemente i muscoli, come ha provato a fare con le popolazioni che hanno protestato contro le discariche in Campania. Tutti, dagli insegnanti agli studenti e ai genitori, sono contro la legge del ministro dellIstruzione, dellUniversità e della Ricerca, Mariastella Gelmini. Una legge dettata soprattutto dalla volontà di risparmiare su qualcosa, come listruzione, che rappresenta, come la sanità, la vita stessa di un popolo.
Tutte le misure della legge Gelmini sono dettate da un imperativo: fare cassa. Il ritorno al maestro unico e la riduzione delle ore di lezione alla scuola media e superiore, lungi dallessere provvedimenti migliorativi, hanno il solo scopo di tagliare 87.400 cattedre e 44.500 posti di personale Ata. Come rientra in una logica esclusivamente economicista il rischio che circa 2.600 istituzioni scolastiche autonome vengano smembrate e accorpate ad altri istituti e che circa 4.200 plessi con meno di 50 alunni vengano cancellati. A quale logica potrebbe inoltre rispondere, se non a quella di fare cassa, il disegno di legge, già approvato dalla Camera, secondo cui i circa 60mila precari che lavorano nella Ricerca potrebbero non essere mai più stabilizzati se gli enti da cui dipendono non regolarizzeranno la loro posizione entro giugno 2009? Praticamente è una trappola senza vie di uscita, visto che, per ogni cinque professori universitari che andranno in pensione, gli atenei potranno assumere un solo ricercatore. Oltrepassa poi ogni limite di decenza la riduzione annuale, fino al 2013, prevista dalla legge Gelmini, del Fondo di finanziamento ordinario alle università e il taglio del 46% sulle spese di funzionamento. Ciò si tradurrebbe in una riduzione del finanziamento pubblico di circa 1,4 miliardi di euro, costringendo le università, magari mediante la trasformazione in fondazioni, a cercare fondi privati. Nei giorni scorsi, poi, si è aggiunta anche una nota razzista, giusto per dare il “colore” più adeguato a questo ennesimo scempio dellattuale governo: lapprovazione di una mozione della Lega Nord che istituisce di fatto le classi “per soli stranieri”.
Che dire di una legge così? Il senso di rifiuto è totale, lesigenza di cancellarla è assoluta. Non si tratta di difendere a spada tratta la scuola e luniversità attuali, in quanto certamente non rispondono alla richiesta crescente di sapere e vanno più che profondamente riformate, eliminando tutto ciò che rende difficile, se non impossibile in vari casi, il diritto allo studio per tutti. Ma la legge 133 va in direzione esattamente contraria, mortificando, con pochi ma scellerati provvedimenti, tutti: da coloro che devono insegnare a coloro che devono imparare.
Questa legge va bloccata. Questa legge va cancellata, senza indugi e senza compromessi. Perché lignoranza costa molto di più dellistruzione.
Carlo Olivieri Partito Umanista
Sabato, 25 ottobre 2008
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