Le Omelie di Padre Aldo Bergamaschi
Matteo 4,1-11

di Padre Aldo Bergamaschi

10 febbraio 2008

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: “Se sei figlio di Dio, di che questi sassi diventino pane”. Ma egli rispose: “Sta scritto non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Allora il diavolo lo condusse con se nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Se sei figlio di Dio, gettati giù perché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordine a tuo riguardo ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede”. Gesù rispose: “Sta scritto anche non tentare il Signore Dio tuo”. Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io le darò a te se, prostrandoti mi adorerai”. Ma Gesù gli rispose: “Vattene Satana! Sta scritto: “Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto”. Allora il diavolo lo 1asciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.
Matteo 4,1-11

Affrontiamo questo passo evangelico. Avrete osservato nel vostro foglietto che la parola diavolo é con la d minuscola la parola satana é con la s minuscola. Cosa vuol dire, che probabilmente abbiamo personalizzato un concetto che ci perseguita? Il disastro dell’Eden che qui viene raccontato nella prima lettura é un disastro tale per cui non riusciamo a concepirlo se non come avente una causa che va al di là della natura umana stessa.
É successo che quando Dio comincia a fare l’inchiesta, si scarica tutto su quel povero serpente, come se il serpente a sua volta, fosse un personaggio, quando probabilmente si tratta della denuncia della categoria del profondo, che poi con Freud avrà il nome di Es, di Io, di Super-Io. Ed ecco allora che c’é qualcosa di unitario in noi dentro una quantità di componenti per cui, un fatto di questo genere dobbiamo attribuirlo a una entità superiore, alla quale abbiamo dato il nome di demonio. Questo demonio é diventato il diavolo con la D maiuscola, é diventato satana con la S maiuscola, ed ecco dove probabilmente é nato l’equivoco. Congeliamo qui il discorso, però vi avverto che ormai io appartengo alla categoria di quei piccoli o medi pensatori che non credono più al demonio, come persona.
Voi direte che Gesù ne parla nel Vangelo, si, Gesù ne parla nel Vangelo secondo le categorie dell’epoca, poi é da discutere che tutto questo non gli sia stato fatto dire, secondo quella forma, da coloro che hanno costruito o che hanno allargato i fatti, fermiamoci qui. Certo ho le mie buone ragioni per dirvi che non ci credo, ma questo non vuol dire che non ci si debba credere.
Ora commenterò, sunteggerò, una delle più belle pagine della letteratura cristiana del secolo passato, che si trova in un romanzo, che romanzo non è, perché non ha raggiunto quel livello. Si tratta di “Fabiola”, di cui avrete sentito parlare e sarebbe da mettere insieme con quell’altro più conosciuto “Quo Vadis?”. Due romanzi che sono riusciti a sollevarsi da una certa letteratura banale e hanno studiato la struttura del primo cristianesimo, del cristianesimo all’epoca delle persecuzioni. Fabiola é meno conosciuto, avrebbe come sottotitolo, La Chiesa delle Catacombe, scritto da un certo cardinale Wisemann, nel 1850.
Ho deciso di sunteggiarvi questa pagina che probabilmente é la perla di tutto il libro, voglio dimostrarvi come utilizzando un autore si può procedere alla fondazione della morale e quindi come possiamo metterci sulla strada per liberarci dalla tentazione. Perché poi, in fondo, le tentazioni di Gesù sono il paradigma della tentazione del cristiano in ispecie e di ogni uomo, vale a dire la nostra posizione di fronte alla realtà.
In una deliziosa mattina d’ottobre, la padrona Fabiola, figlia del proconsole Fabio, la schiava Sira - la schiava é cristiana la padrona é pagana -, adagiate vicino ad una fonte stanno leggendo alcuni libri, quando Fabiola annoiata, prende dalla sua borsa un manoscritto appena uscito, diremmo oggi, dai torchi della tipografia. Lo presenta alla schiava e la prega di leggerlo. La schiava, Sira, cristiana, esamina il titolo, scorre le prime righe, depone il libro e obbietta coscienzialmente. Noi oggi diremmo, fa obiezione di coscienza.
Mia buona signora, dice: “Non chiedetemi la lettura di questo libro, non conviene a me leggerlo né a voi udirlo”. Posizione netta. Fabiola é sorpresa perché? Per la prima volta sente dire che vi é un limite anche nelle letture. Vi rendete conto? Vi é un limite anche nell’uso del pensiero. Questa é la sorpresa. Mai nessuno autore classico aveva posto il problema, vale a dire un problema morale, su questo tema.
Come, anche la proibizione di leggere? Certo, brutto il giorno in cui la Chiesa ha fatto il libro dell’indice. Non confondiamo le cose. Ed é qui dove poi c’é la contestazione alla istituzione, che crediamo sia quella che debba stabilire il bene o il male. Voi vedete qui che una schiava mette l’alt in nome di un principio e vi attinge la coscienza: via le legislazioni. E in verità a quali principi di virtù si poteva appoggiare la condanna di un’opera che si riproduceva con la penna e con tutti gli altri strumenti artistici, in nome di che cosa, si poteva dunque mettere 1a condanna a una lettura?
Questo ci dice che vi era un sistema educativo che ormai aveva condizionato le coscienze in modo tale per cui, la distinzione tra il bene e il male era caduta. Così come in una tribù di cannibali é caduta la distinzione tra l’uccidere un uomo e il rispettare la sua vita. Dico questo, perché é la concezione del mondo e della educazione. Occorre sapere fino a che punto la società ha il diritto di intromettersi nella educazione della psiche e nella educazione morale degli individui, e soprattutto nei bambini, questo è il punto da discutere.
Fabiola, sempre più sconvolta, obbietta: “E che male può mai fare questo libro, si d’accordo racconta certe azioni ma non ci induce a commetterle”. Vedete? Non ci induce a commetterle e si diverte leggendo il racconto delle azioni altrui. Il dialogo é messo in bocca a personaggi di duemila anni or sono o poco meno e sono i medesimi di sempre.
La schiava obbietta: “Di questi orrori vorreste voi rendervi colpevole?” “No”, dice Fabiola, vedete la maschera. Ebbene, continua la schiava, leggendole, “La vostra mente si riempie di quelle immagini erotiche criminose e siccome vi divertono, il vostro pensiero vi si ferma sopra con piacere”. “Si, - risponde Fabiola - e con ciò?”. Vedete, siamo alle piccole svolte, badate che io vi ho sunteggiato il tutto, andiamo cercando i passaggi del pensiero. Quelle immagini sono costruite con una certa intenzione e quindi contengono un pensiero colpevole.
Certo Wiseman ha fatto dire a una schiava parole un po’ grosse, per cui si sente la mano pesante del romanziere. Anche Manzoni mette dei grossi concetti in bocca a due personaggi illetterati, ma si dice che c’é un equilibrio per cui sembra proprio che siano i pensieri anche di Renzo e Lucia. Qui una schiava aveva capito perfettamente quale era l’insegnamento del Signore. Fabiola continua: “Come é possibile, per essere colpevoli bisogna aver commesso una colpa, e perché ci sia la colpa ci vuole un atto”. Qualcuno dirà che questa concezione era forse del mondo antico. No.
Vi dimostrerò che purtroppo é una categoria ancora viva, tutto ciò che passa dentro al nostro spirito, al nostro pensiero in una seconda mentalità comune, non ha assolutamente bisogno del bene o del male. Quindi il male sarebbe soltanto quello che produce sangue e dove ci scappa il morto. Ma dove non c’é il morto, per noi, non facciamo né bene né male.
Prosegue la schiava: “E’ vero nobile signora, ma anche lo spirito non ha forse come il corpo i suoi atti e quale é l’atto dello spirito dell’anima se non il pensiero”? Spero di avervi trasmesso tutto. La passione che merita un omicidio é l’azione di un tutto invisibile, vale a dire di una potenza invisibile che é lo spirito, e il colpo che compie l’omicidio; quello non é altro che l’atto meccanico del corpo, ben diverso dall’ atto dello spirito.
“Ma chi comanda l’azione - replica la schiava - chi ubbidisce, o chi ha la responsabilità del risultato?”. Alta filosofia, non si esita a far dire a una schiava parole che soltanto Socrate potrebbe costruire. La tesi é semplice, chiunque capisce il messaggio cristiano eo ipso, diventa un genio, cioè eo-ipso diventa un filosofo, intendiamoci, non é che la schiava fosse priva di elementi, voglio dire che un analfabeta, probabilmente, non riuscirebbe ad esprimersi, ma soltanto che ci sia un piccolo patrimonio di base, immediatamente si diventa filosofi, capaci appunto di costruire anche ragionamenti di questa specie.
“Capisco - dice Fabiola - ma vi é una difficoltà ancora, vi é una certa responsabilità degli atti interni, non meno di quelli esterni - ha già capito - ma dinnanzi a chi noi ne saremmo responsabili”?. Qui é il gioco delle due intelligenze.
Ed é vero, davanti a chi ne saremo noi responsabili? Se al pensiero succede l’opera, capisco come i due agenti debbono riguardarne anche la società, avere agganci con la società e con le leggi, se avviene soltanto l’atto interno, davanti a chi noi saremmo responsabili, chi lo vede? Chi può essere colui che di diritto può giudicarlo, quindi chiamarlo a sindacato? La schiava risponde con la più bella semplicità del mondo: “Dio”.
Fabiola si stupisce e ritiene che Sira sia entrata nel campo delle superstizioni. Dice Fabiola: “Tu hai tanta fede in Giove, in Giunone, in Minerva ? - i tre nomi più venerati - Credi che abbiano costoro a che fare coi nostri personali interessi”? “No, - specifica Sira - non parlo di dei e di dee, parlo di un Dio unico e onnipotente”.
Fabiola aveva capito dunque che la schiava apparteneva a qualche religione, il nome é Dio, risponde la schiava, ma il nome non esprime né la natura, né l’origine né gli attributi.
Anche qui vedete, alta filosofia. Fabiola diventa curiosa, vuol sapere, natura, origine, attributi di Dio. Sira risponde con molta semplicità, la sua natura é semplice come la luce che ovunque penetra e si espande. Concetto meraviglioso. Poi, sentite Sira: “Questo Dio fu prima di ogni principio e sarà quando tutte le altre cose non ci saranno più. La sua essenza sono, la potenza, la sapienza, la bontà, e la giustizia, e le sue perfezioni sono infinite coma la sua natura, Egli solo può creare, conservare, distruggere”. Il trattato é completo e c’é da meravigliarsi che una schiava riesca a dire tutte queste cose.
Ma Fabiola a questo punto chiede a Sira - siamo a un altro passaggio - “Credi che questo ente, che tu mi dipingi con tali accenti, possa occuparsi e sorvegliare continuamente, non soltanto le nostre opere, ma persino i nostri segreti pensieri, i pensieri di tutti gli uomini?”. Sira risponde: “Signora non é questa una occupazione, la luce non fa alcuna fatica a illuminare tutte le cose, é nella sua natura stessa. Sono vicino a una fontana, io vedo il fondo di quella fontana perché attraverso l’acqua, il raggio di sole porta la sua luce”.
A questo punto, abbiamo già fatto un altro passaggio, questo Dio guarda, osserva e controlla anche i pensieri. Fabiola é turbata all’idea che non si può mai essere soli. Turbata dall’ idea che non si può essere arbitri del bene e del male, non un desiderio, non un pensiero può restare nascosto, e totalmente proprio, senza dovere rendere conto a nessuno. Questa é un’altra novità che sconvolge Fabiola. Pensiero terribile essere dominati da uno sguardo a cui nulla sfugge, la tortura di una inesorabile sorveglianza.
Certo qui la nostra Fabiola é adulta e ha capito adesso dove arriva il colpo, quale segno raggiunge, cara Fabiola, autonomia etica non ne esiste e andate a rivedere ciò che dice Eva: “Dio ci ha detto…”. Come, Dio vi ha detto, allora tu accetti solo perché Dio ti ha detto. Dio ti ha detto perché ti ha scoperto la dinamica di una situazione pericolosa, in cui c’é la distinzione del bene e del male, allora Dio in questo deve essere un ideale, invece ahimé, resta un padrone. E da qui il tentativo di sottrarsi al suo dominio.
Eppure - dice al termine Fabiola: “Sento che ciò é vero”. Per la prima volta Fabiola, riconosceva di avere - é questo che dice Wiseman - sbagliando, un padrone e un Signore. Altro è avere un Signore, altro é avere un padrone. Finalmente ha scoperto di avere un ideale, di avere un Dio concepito come un ideale. Diversamente può diventare ancora uno errore.
Il pensiero umano aspira a dare i significati a tutte le cose e si ribella al pensiero che qualcuno ha già dato una definizione a tutta la realtà. Da qui la tentazione di negare che le cose hanno una provenienza razionale. Da qui la tentazione allora di imporre i nostri significati a tutta la realtà e dunque la tentazione di creare noi la tabella del bene e del male.

3 marzo 1987



Domenica, 10 febbraio 2008