OMICIDIO ABDOUL: LA CHIESA ITALIANA DENUNCIA L’EMERGENZA RAZZISMO
di Agenzia ADISTA n. 65 del 27/09/2008
34590. MILANO-ADISTA. Ucciso a sprangate per il furto di due pacchi di biscotti, al grido di “negro di merda”. È successo a Milano, lo scorso 14 settembre, ad un diciannovenne italiano – ma di pelle nera, perché originario del Burkina Faso – di nome Abdoul Salam Guibre. Nello stesso giorno, dal palco del tradizionale raduno leghista a Venezia, quello dove viene celebrato il rituale dell’ampolla con l’acqua del “dio Po”, l’onorevole Mario Borghezio arringava così la folla: “Non ci rompete più i coglioni con gli immigrati, vecchie facce di merda! Roma, sono cazzi tuoi, ti facciamo un culo così! E d’ora in poi i nostri schei col cazzo che li vedete!”. Poco prima di lui era stata la volta del prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini: “Macchè moschee, gli immigrati vadano a pregare e a pisciare nel deserto”. Difficile non mettere in relazione l’omicidio di Milano - solo l’ultimo di una lunga serie di episodi di violenza di matrice xenofoba e razzista - con il clima politico che ormai da un po’ di tempo si respira nel nostro Paese. Difficile anche alla luce di esternazioni come quella della moglie dell’aggressore - e madre dell’altro - che per scagionare i propri familiari dall’aggravante dell’odio razziale ha dichiarato: “Mio marito e mio figlio non sono razzisti, si sono dovuti difendere. Io invece lo sono al cento per cento. Non lo ero, ma mi ci hanno fatto diventare. Un mese e mezzo fa ci hanno rapinati, tre mesi fa qui hanno stuprato una donna e non erano italiani, erano extracomunitari”. Che però a compiere rapine siano anche gli italiani dovrebbe essere chiaro anche alla donna, visto che il marito-aggressore aveva già scontato sette anni di carcere proprio per rapina a un portavalori e che anche il figlio aveva una condanna - con pena sospesa - per furto. Allarmata per il “clima violento e minaccioso”, a poche ore dall’omicidio del giovane Abdoul la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato nella Chiesa di S. Bernardino a Milano una “veglia di preghiera per le vittime della violenza e contro l’odio”. “La tolleranza verso facili individuazioni di capri espiatori - si legge nel comunicato stampa diffuso dalla Comunità -, un discorso pubblico che ha indicato a più riprese in minoranze e in ‘categorie’ di persone, e non nei singoli responsabili, la causa di fatti di cronaca amplificati a dismisura, sembrano avere abbassato la soglia di civiltà della vita nelle nostre città”. Sul sito della diocesi di Milano è invece comparsa una “Riflessione sulla tragica morte di Abdoul” in cui si legge: “Sarebbe finita comunque così se il giovane ladro che alle sei di mattina, dopo una notte a zonzo, si è indebitamente impossessato di alcuni biscotti, anziché avere quei tratti somatici fosse apparso agli aggressori come un milanese ‘doc’? Chi ha rispetto della città e dei suoi abitanti, chi davvero li ha a cuore deve porsi l’interrogativo: questo è un isolato fatto di cronaca o è anche il frutto di un clima complessivo che tutti stiamo respirando? Siamo davanti alla furia omicida di singoli o a Milano, in tanti, in troppi hanno mente e cuore offuscati dalla paura che può generare violenza?”. “Il fatto ci riguarda - ha dichiarato al Sir padre Gianromano Gnesotto, direttore dellUfficio Nazionale per la Pastorale per gli Immigrati e Rifugiati della Fondazione Migrantes della Cei - non solo perché spinge a manifestare la stessa indignazione dimostrata per altre uccisioni, ma anche perché pone degli interrogativi su che tipo di società stiamo costruendo”. Per il direttore di Migrantes “evidentemente ci sono italiani che si basano ancora sul colore della pelle per determinare il valore della persona, e italiani culturalmente labili che si possono sentire legittimati ad usare intolleranza nei confronti di chi è ritenuto straniero”. Anche Avvenire (16/9) - che in passato si era distinto per le aperture di credito verso le controverse iniziative del governo in materia di sicurezza (da ricordare, per esempio, l’intervista a tutta pagina al ministro Maroni per “spiegare” la direttiva sulla schedatura etnica dei rom, v. Adista n. 55/08) - ha pubblicato un editoriale contro la tentazione di minimizzare l’accaduto: “Non c’entra il razzismo, ripetono in molti ora, e preoccupa questo non voler vedere quale ombra si va insinuando fra noi”, ha scritto Marina Corradi sulla prima pagina del quotidiano della Cei. Invece, “occorre avere il coraggio di dire che il razzismo, con la fine di Abdoul Guiebre, c’entra. Non lo hanno ucciso per due pacchi di biscotti. La ferocia è scopp*iata alla vista di un branco di ragazzi neri che acciuffavano, come padroni, qualcosa dal banco. Una rabbia oscura allora dalle viscere è risalita, veloce come il sangue, alla testa dei due italiani, in un corto circuito esplosivo”. Don Gino Rigoldi, cappellano dell’Istituto penale per minorenni “Cesare Beccaria” di Milano e fondatore di “Comunità Nuova”, ha redatto insieme a Nico Colonna, Renato Sarti e Moni Ovadia l’appello “Per Abdoul! Perché non succeda mai più!”, con cui è stata convocata la manifestazione del 20 settembre a piazza del Duomo: “Questa Milano non ci appartiene”, si legge nel testo dell’appello. “Non ci appartengono la violenza e il razzismo che si manifestano sempre più apertamente, in un stillicidio di episodi quotidiani di intolleranza di cui sono vittime donne e uomini, quasi sempre inermi. La dilagante campagna razzista e la costruzione del nemico ‘altro’ diventano funzionali a nascondere la questione politica della sicurezza sociale, della coesione e della giustizia sociale per tutti. Laltro e il diverso vengono additati quali cause del malessere sociale ed esistenziale. Il potere e lo sfruttamento si alimentano anche in questo modo. Per questo, per ragioni etiche, culturali e politiche, gridiamo con forza che non ci appartiene lideologia sicuritaria, incentrata sulla repressione e sulla costruzione di alibi culturali che autorizzano le ronde e la violenza privata”. (emilio carnevali) Articolo tratto da Martedě, 23 settembre 2008 |