LItalia non ha bisogno di lezioni per rimanere in piedi con dignità, eppure cè nellaria una tensione strana, un bisogno e una necessità impellenti. Lo Stato, la società, le persone esercitano il dovere e il diritto di tutelare e essere tutelati, solo che a volte queste esigenze insopprimibili sono ridotte a battute tra serio e faceto, sebbene non abbiano niente a che vedere con il galateo, con una certa estetica, piuttosto sono espressione morale ed etica. Non viviamo nel segno della discriminazione razziale, la perplessità nasce ogni qual volta ribadiamo la nostra estraneità a questa pratica del rigetto e dellintolleranza, come a voler sottolineare per chi legge, la nostra avversione per questo tipo di violenza. Ma la notizia non sta nellaffermare fastidio e inaccettabilità per lodio razziale, per quei comportamenti “facili” con cui si è forti con i deboli e deboli con i forti, neppure nello schierarsi dalla parte di chi viene messo in croce per il colore della pelle o per la sua condizione precaria. La notizia diventa tale quando cresce inavvertitamente e esponenzialmente lurto del disagio. Non desideriamo il male degli altri, perché differenti da noi, eppure questa inondazione di “nero è bello”, di nord e sud che si incontrano, di poli opposti che debbono convergere, non posseggono più energie sufficienti a colmare i vuoti, le ansie, le paure, inopportunamente ( o forse opportunamente ) dimenticate qua e là. Siamo allarmati perché angosciati dallinsicurezza, allora volgiamo le spalle in fretta di fronte alla notizia in cui sono protagoniste persone dalla pelle diversa, siamo frettolosi nella conclusione, come a voler scrollarci di dosso un ulteriore problema, che non percepiamo come nostro. Non è razzismo che bussa alla porta, forse è solo confusione sulleducazione alla Giustizia, quella Giustizia che è stile educativo alla vita, comportamenti quotidiani che non è possibile sottrarre al confronto di tutti i giorni, per debellare una malattia difficile come lignoranza. Un nero ucciso a sprangate, un cinese preso a pugni, altri trucidati allintorno, in nome di pseudo ideologie da supermercato, nefandezze che consegnano alibi quasi perfetti per poter prevaricare e sottomettere. Mettere un po di ordine non significa esser razzisti, non importa il colore della pelle, la differente cultura, religione, mettere ordine vuol dire fare prevenzione e sicurezza, anche e soprattutto per gli invisibili, i cui diritti non sono stati mai riconosciuti. Non siamo un paese razzista, xenofobo, disumano, anche quando rimane inascoltato il comandamento cristiano di Gesù: amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi. Forse cè bisogno di pretendere un po di meno dagli altri e un po di più da noi stessi, richiamando doverosamente giustizia e equità, ma rispettando davvero chi ha una vita più misera, ma la custodisce con dignità e decoro. Vincenzo Andraous
Lunedì, 20 ottobre 2008
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