Immigrazione
Integrazione tra culture diverse

Intervista a P. Alberto Maggi su RaiNews24


Trascrzione del testo a cura di Stefania Salomone


Contributo di Alberto Maggi sul tema dell'immigrazione in una discussione a cui ha partecipato il 20 maggio 2009 su RaiNews 24. Tra l'altro si parla anche dell'associazione Asinitas e viene intervistato Dag, il regista di "Come un uomo sulla terra" e c'è un breve filmato che ripende proprio i locali della comunità durante una lezione di italiano. Di seguito il link per guardare il filmato per in intero. http://altrevoci.blog.rainews24.it/

Rai News 24
ALTRE VOCI – DIRITTI NEGATI – Mercoledì 20 maggio 2009
Integrazione tra culture diverse
Conduttrice:      Fra i temi al centro del dibattito politico resta quello dei cosiddetti “bambini invisibili”. L’introduzione del reato di clandestinità rende, infatti, ancora più difficile il riconoscimento e la tutela dei minori che arrivano nel nostro paese. Da qui l’esigenza manifestata da numerose associazioni di volontari che operano nel settore dell’accoglienza, di offrire soprattutto ai minori una rete di protezione che li accompagni nella costruzione di una identità interculturale. Ne parliamo con Maurizio Galvani che è neuropsichiatra infantile – buongiorno, ben arrivato – dell’associazione Obiettivo Psicosociale e con Padre Alberto Maggi che è direttore del Centro Studi Biblici Giovanni Vannucci di Montefano (Macerata) – buongiorno anche a lei – che è in collegamento con noi dalla sede di Ancona.
                       Allora Dott. Maurizio Galvani, parliamo subito dei diritti di questi minori, uno straniero su cinque immigrato o figlio di immigrati ha meno di 18 anni. Allora che cosa ci dicono le convenzioni internazionali?
Dott. Galvani:   Prima di tutto buongiorno e grazie dell’invito. E’ un’occasione per noi di parlare di un aspetto un po’ specifico perché quando si parla di immigrazione si parla un po’ di tutto: uomini, donne, adulti, ma talune volte si tralascia il tema dei minori. I minori sono una grande fetta di questa popolazione e vanno da 0 a 18 anni, quindi è una fascia ampia di età. E quando se ne parla, se ne parla spesso per non ricordare che hanno diritti negati, e questi diritti negati purtroppo sono diritti che vengono inevasi da quasi tutti i paesi, nonostante ci sia una convenzione internazionale e l’Onu che il nostro paese ha firmato e la prima cosa che viene detta in questa convenzione è che il minore va difeso in tutti i sensi, sia perché può essere un rifugiato, sia perché scappa da conflitti sociali, armati, intra-familiari, tribali e così via, oppure può scappare semplicemente anche da condizioni di disagio economico oppure, peggio ancora, vengono portati nei nostri paesi anche per una tratta di natura sessuale, una tratta di natura economica, quindi lavorativa.
Conduttrice:      Dott. Galvani, ma con la nuova legge sull’immigrazione quali sono gli scenari a cui ci troveremo di fronte?
Dott. Galvani:   Ecco, appunto, con la nuova legge sull’immigrazione noi siamo preoccupati per due aspetti: uno, perché nella nuova legge non viene chiarito molto bene quale sarà la sorte del permesso di soggiorno. Il permesso di soggiorno, voi sapete, scade al diciottesimo anno di età dopodiché bisognerebbe affermare una cittadinanza e, per fare questo, ci sono dei percorsi prestabiliti dalla legge Bossi/Fini. Ma questi percorsi sono molto restrittivi; stabiliscono, ad esempio, tre anni di permanenza in una famiglia quando si arriva entro i 15 anni di età, due anni di processo di integrazione, che può essere sociale o lavorativo. La seconda cosa è quella che citava lei, che riguarda l’aspetto dei “bambini invisibili”, cosiddetti bambini invisibili perché il reato della clandestinità può produrre – ancora non è chiaro questo punto perché rimangono sempre i sei mesi di protezione per la donna che ha appena avuto un figlio – ma può introdurre l’idea che il figlio non venga denunciato all’anagrafe. Nel momento in cui non viene denunciato all’anagrafe, perché la denuncia presupporrebbe il riconoscimento della persona …
Conduttrice:      … se ne perde completamente traccia. Dott. Galvani, dai dati emerge che circa il 60% degli immigrati minorenni, insomma al di sotto di 18 anni, che sono sbarcati a Lampedusa, è fuggito dall’isola, facendo perdere ogni traccia. Che cosa c’è che non funziona nella catena dell’accoglienza?
Dott. Galvani:   Prima di tutto voglio fare una piccola premessa, che i minori non sono quelli che sbarcano a Lampedusa, ma sono molti altri che arrivano nel nostro paese con percorsi via terra. Il fatto dei bambini afgani che recentemente ha creato scalpore a livello internazionale se non italiano solo, è legato al fatto che questi ragazzi vengono dall’Afganistan, fanno dei percorsi che durano un anno, due anni, attraverso la Turchia, l’Iran, la Grecia, fino a sbarcare con i traghetti ad Ancona, quindi fanno dei percorsi inimmaginabili, svolgono lavori inimmaginabili.
                       Quelli che arrivano e sbarcano in Sicilia molto spesso non vengono intercettati, ma il loro problema è che non conoscono la lingua.
Conduttrice:      E questa è la prima barriera
Dott. Galvani:   E non conoscendo la lingua non si conoscono i diritti
Conduttrice:      E’ chiaro. Padre Alberto Maggi, come esperto di sacre scritture – lei ha scritto tra le sue pubblicazioni il libro che si intitola “Gesù ebreo per parte di madre” - che cosa significa, anche lui era un bambino che proveniva da una realtà multietnica?
 P. Maggi:        Sì, Matteo è l’evangelista che inserisce nella lista genealogica di Gesù, tra le antenate, quattro donne straniere, e, a quell’epoca ‘donna straniera’ era l’equivalente di ‘prostituta’, infatti sono: Tamar, la prima, una cananea, che, rimasta vedova, si prostituisce al suocero, l’altra è Racab che era di Gerico ed era addirittura la tenutaria del bordello di quella città, poi c’è Rut. Rut era moabita; i moabiti erano nati dall’incesto tra Lot, nipote di Abramo e la sua figlia maggiore e per finire c’e Betsabea, una ittita, che tradì il marito ed ebbe un figlio con il re Davide da cui nascerà poi Salomone.
                       L’evangelista naturalmente non vuole fare una lista anagrafica, ma esporre una verità teologica: Gesù il figlio di Dio si fa luce nella storia dell’umanità con le sue luci e le sue ombre.
Conduttrice:      ecco, allora, se le cose stanno così quanto può aver inciso questo retroterra culturale e familiare nella vita e nell’insegnamento di Gesù?
P. Maggi:         C’è qualcosa che sorprende nell’insegnamento di Gesù, e che forse a noi non lascia molto sconcertati come i lettori o gli ascoltatori di quell’epoca. Gesù si identifica con lo straniero; dirà “Ero straniero e mi avete ospitato”. E’ vero che Gesù si identifica con l’affamato, con l’assetato, col nudo, con l’ammalato e perfino con il carcerato, però, anche se disgraziati o delinquenti sono sempre gente nostra, della nostra razza! Che Gesù arrivi a identificarsi con uno straniero era inconcepibile nella mentalità dell’epoca. Gli stranieri non erano oggetto dell’azione divina, ed era un mondo separato. Pensiamo che addirittura nella morte venivano seppelliti i terre diverse e i giudei avevano la sicurezza che nel paradiso avrebbero avuto un settore tutto per loro distaccato da quello degli stranieri.
Conduttrice:      Ma insomma allora, quale dovrebbe essere l’atteggiamento verso gli stranieri di chi si dichiara cristiano?
P. Maggi:         Dal vangelo emerge che quando noi accogliamo ci arricchiamo. Molti hanno paura di perdere in virtù di quello che dovranno dare e non si accorgono della ricchezza di quello che potranno ricevere. Dai vangeli emerge una profonda verità: si ha soltanto ciò che si dona; ciò che si trattiene per noi non si possiede, ma ci possiede. E noi diventiamo le persone che accogliamo, ogni persona nuova che accogliamo nella nostra vita è quel tassello per diventare maggiormente noi stessi.
Conduttrice:      Vedo il dott. Galvani che annuisce rispetto a questo concetto del farsi dono all’altro. E’ così, anche laicamente?
Dott. Galvani:   Sì, mi colpisce questa idea, perché in fondo, nel nostro lavoro e nella nostra esperienza, rimane sempre un po’ il problema di quale accoglienza permettere a queste popolazioni. L’accoglienza non dipende dall’identità territoriale, cioè io sono di qua, tu sei di là, ma l’accoglienza dipende molto dai principi universali che vengono meno. E questo per noi è molto importante perché il principio universale è un principio che è dato perché ognuno è una personalità di diritto, ma si costruisce anche. Cioè il principio di universalità è un principio che si costruisce col passare del tempo.
Conduttrice:      … insieme. E prima di continuare a parlare con i nostri ospiti vediamo come si può costruire nei fatti questa identità interculturale. Siamo andati con Josefine Alessio nella scuola costituita a Roma dall’associazione Asinitas che accoglie migranti e rifugiati politici. Si trova presso la Comunità Cristiana di Base di S. Paolo. Allora, andiamo a vedere.
Breve filmato girato presso i locali della Comunità di Base di S. Paolo di Roma durante lo svolgimento delle lezioni di italiano, con interviste ad alcuni degli studenti.
Conduttrice:      Maurizio Glavani, dunque l’obiettivo come abbiamo visto in questo servizio è la costruzione di una identità di confine, insomma, che superi le distanze tra le diverse culture. Come si crea secondo lei questo rapporto?
Dott. Galvani:   Dico due cose rispetto al problema della lingua peché è importante. IO ricordo che quando era ministro della solidarietà Paolo Ferrero, a quel tempo, c’era un tentativo di far conoscere a chi voleva approcciarsi al nostro paese, prima di tutto la lingua. Quindi questa costruzione di queste scuole .. tanto è vero che lui si era inventato una scuola alla moschea di Roma …
Conduttrice:      Il primo esperimento di comunicazione, anche se …
Dott. Galvani:   E poi c’è uan cosa importante. Io credo che la lingua non sia semplicemente uno strumetno per conoscere le culture, ma anche per essere pi forti. Quando uno va a contrattare qualche cosa, il lvaoro, lo studio, significa avere la possibilità anche di contrattare.
Conduttrice:      … deve essere messo nelle condizioni di poterlo fare. Padre Maggi, questa cultura dell’accoglienza, insomma costruire insieme all’altro fa parte del messaggio cristiano l’apertura verso gli stranieri?
P. Maggi:         Sì nel vangelo appare la ricchezza degli stranieri. Gesù arriverà a dire che trova più fede in un unico straniero che in tutto il popolo di Israele. E sono stati gli stranieri a riconoscerlo come il salvatore del mondo, i samaritani e non i giudei. Sarà uno straniero, Simone di Cirene, a portare al croce, e non Pietro. Sarà un centurione pagano, un romano, a riconoscere Gesù figlio di Dio, e non i suoi discepoli.
                       Quindi da parte degli stranieri c’è stata un’accoglienza e soprattutto l’apporto di una nuova linfa vitale che era sconosciuta nella sua terra. E non dimentichiamo anche l’altro dato importante: i seguaci di Gesù on sono stati riconosciuti tali in Israele o a Gerusalemme, ma in terra pagana, in terra straniera, da Antiochia, l’attuale Turchia, dove per la prima volta i discepoli di Gesù, i seguaci di Gesù, sono stati riconosciuti come cristiani. E c’è una perla nella letteratura cristiana antica, nella lettera a Diogneto sdove si legge che per i credenti ogni terra straniera è la loro patria e ogni patria è la loro terra straniera.
Conduttrice:      Insomma siamo nei fatti tutti multietnici. Ecco, allora dott. Galvani, oggi come oggi, penso alle adozioni internazionali, troviamo già all’interno della nostra realtà sociale questa situazione così composita. Siamo o non siamo? Lo siamo solo in alcuni casi e non in altri? Qual è la sua opinione?
Dott. Galvani:   Prima di tutto c’è un dato generale che vale la pena ricordare, che i bambini di seconda generazione sono già 700.000 – figli di immigrati in Italia. Riguardo a questo tema dell’adozione internazionale io che vengo con un altro gruppo, l’associazione Obiettivo Sociale, e il 22 faremo un convegno sul tema proprio legato ai minori stranieri, qui a Roma, vorrei ricordare che noi diamo in genere per i minorenni un’idoneità alla coppie che vengono a chiedere l’adozione internazionale. Quest’adozione viene poi gestita con questi organismi non governativi che hanno migliorato la situazione perché hanno eliminato il fai-da-te, cioè nel senso il concetto che ognuno andava nei paesi a prendersi un po’ le realtà che incontrava.
                       Ora queste associazioni regolarizzano i bambini che vengono dal Vietnam, dalla Cambogia, dalla Moldavia, dalla Romania, dalla Russia, dall’Ucraina, quindi, quando poi il bambino viene qui in Italia – non sono solo neonati di 0 anni, ma sono bambini di 4-5 fino a 8 anni, a seconda della condizione dell’adozione – sono il portato di questa cultura, è inutile che facciamo finta di non saperlo. Non è che sono nati in un altro paese, sono nati in quel paese quindi dei ricordi ce li hanno. Quando vengono qui costituiscono una parte di un’altra società che poi si dovrebbe incontrare.
Conduttrice:      Quindi siamo tutti uno. Allora sentiamo adesso la voce di un immigrato che ce l’ha fatta, riuscendo a realizzare insieme a noi quel percorso di integrazione tra culture diverse. Allora ha raccolto la sua testimonianza Josefine Alessio.
Breve filmato con intervista a Dag, regista. L’ultimo suo lavoro “Come un Uomo sulla Terra”, sta avendo molta diffusione e un discreto successo.
Domanda Quante difficoltà hai incontrato qui in Italia prima di realizzare, tra virgolette, il tuo sogno?
Dag:        Per me le difficoltà sono tante, fin dall’inizio quando sono uscito dal centro di prima accoglienza, non avendo un posto dove stare, quella è una difficoltà che ho affrontato qui a Roma, ma tramite amici ho potuto trovare un posto dove dormire e dopo qualche giorno sono venuto in questa scuola come studente nel 2007.
Domanda:      Tu hai realizzato anche un film-documentario. Si chiama?
Dag:        Sì il primo è “Il Deserto e il mare” e dopo, con un altri due autori italiani abbiamo realizzato “Come un uomo sulla terra” che ha avuto un successo molto grande rispetto a quanto ci aspettavamo.
Domanda:      Dag, non possiamo dire che tu ce l’hai fatta, ecco, ti senti di suggerire qualcosa ai ragazzi che sono appena arrivati in Italia e che vorrebbero anche loro, per certi versi, realizzare il proprio sogno?
Dag:          E’ difficile dire che ce l’ho fatta, nel senso che noi fatichiamo il doppio del normale per trovare un posto come questo o per integrarci. Non c’è nessun aiuto da parte sia dei governi, sia della società. Non ci sono luoghi dove possiamo integrarci o conoscerci. Per i ragazzi che sono arrivati da poco l’unico consiglio che posso dare è di cercare di conoscere la lingua. Tramite la lingua si conosce tutto.
Cond. E allora, sempre per citare dei dati, ricordiamo che l’81% degli immigrati regolari nel nostro paese paga le tasse e anche l’Inps, quindi contribuisce a rendere più ricco il nostro paese. P. Maggi, quando parliamo di accoglienza, molti hanno paura di quello che possono perdere e non solo da un punto di vista economico, come lavoro o altro, ma hanno anche paura che gli stranieri possano inquinare il nosro mondo e la nostra cultura. Lei cosa dice?
P. Maggi: Dai vangeli appare che tutte le figure di stranieri, eccetto Pilato che incarna il potere, sono tutte positive, fonte di ricchezza. Quando nel vangelo di Matteo si dà l’annuncio che nasce Gesù, il re dei giudei, il re Erode e tutta Gerusalemme tremano, tremano perché? Per la paura di quello che potranno perdere. Erode era un re illegittimo e Gerusalemme ha paura di perdere il tempio. Poi arrivano i magi, stranieri e pagani, e, scrive l’evangelista, che provarono gioia grandissima per quello che stavano per offrire. E negli Atti si esprime lo stupore di S. Paolo, naufragato nell’isola di Malta, che trova la rara umanità degli abitanti che definisce i barbari. E per questo S. Paolo arriverà a formulare che in Gesù non c’è più né greco, né giudeo, né sciita, né barbaro, ma c’è un’umanità tutta oggetto dell’amore di Dio.
Ecco perché Gesù nel suo messaggio non parla mai di patria – la patria delimita una nazione, un popolo – ma di Regno di Dio, l’amore di Dio è offerto a tutta l’umanità.
Conduttrice:      Insomma è universale. Allora voglio ricordare un documento a proposito di “siamo tutti uguali” che sta circolando in rete sugli immigrati italiani. Lo ha scritto l’ispettorato - pensate – per l’immigrazione del congresso USA nel 1912 e anche noi di RaiNews 24 lo abbiamo pubblicato sul nostro sito, come stiamo vedendo. Vi leggo soltanto alcuni passi “non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e d’alluminio nelle periferie delle città dove vivono vicini gli uni agli altri. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina, dopo pochi giorni diventano quattro/sei/dieci. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione.”
                       Si diceva così di noi quasi cento anni fa. Maurizio galvani, dunque, siamo tutti un popolo di migranti?
Dott. Galvani:   Eh sì, e poi vedendo questi filmati uno si rende conto di quanta energia portano queste persone e quanta positività portano queste persone. Diceva una cosa che secondo me assomiglia appunto a questa idea dell’immigrato italiano: la difficoltà. Cioè quando una arriva trova molte difficoltà perché non è facile entrare in rapporto con situazioni diverse, non trova assolutamente a volte gli spazi aperti, anche se io sono convinto che non tutto il popolo italiano sia “contro”. Questo chiariamocelo, perché ci stanno un sacco di realtà che lavorano su queste problematiche e hanno un rapporto con queste popolazioni straniere anche tra adulti e minori. L’ultima cosa, se mi permette di dirlo, riguarda quest’idea dell’identità di confine che è semplicemente la costruzione di un’idea di identità trans-culturale, un po’ quello che facciamo tra noi interlocutori conversando qua.
Conduttrice:      Padre Maggi, per concludere, al di là delle Sacre scritture, su cui lei, come esperto, fonda le cose che dice, ma qual è la sua opinione personale sui cosiddetti “respingimenti”?
P. Maggi:         Beh, io penso che la santa famiglia sia stata molto ma molto fortunata. Quando sono venuti a conoscenza che re Erode cercava il bambino Gesù per ammazzarlo, fuggono in Egitto e fortuna che non hanno trovato le nostre leggi! Figuriamoci, c’era una coppia irregolare, con un figlio che non è del marito della donna, senza arte né parte, tutti motivi giustificati per respingerli. Per fortuna che i pagani, gli egiziani, sono stati molto più umani dei nostri cattolicissimi legislatori.
Conduttrice:      E su queste parole ringraziamo i nostri ospiti. Prima di salutarci ripetiamo anche il nostro sito RaiNews24.it dove potete rivedere le nostre puntate e scrivere anche le vostre annotazioni sul nostro blog. Arrivederci.


Giovedì 21 Maggio,2009 Ore: 11:24