IL 24 GENNAIO, con il segretario di European Jews for a Just Peace, ho presentato allOms, a Ginevra, la nostra lettera
contro lassedio di Gaza. Li abbiamo ringraziati per aver condannato il taglio dellelettricità agli ospedali,
sollecitandoli a trattare anche della mancanza di acqua potabile e dello sfascio delle fognature. Poiché sono medico, ho
suggerito di denunciare anche la carenza di cibo e limpossibilità di scaldare le case (mentre Israele minaccia di far
mancare, fra poco, anche il gas da cucina): anche questo nuoce alla salute. Lalto funzionario ha commentato che le loro
dichiarazioni sono sempre esito di faticose mediazioni: Israele fa parte dei comitati. Tornando a casa, mi sono sentita
scema: ero andata a Ginevra per dire allOms che la fame è nociva!
Alla riunione con gli organizzatori della Fiera del Libro, il consigliere regionale Chieppa del Pdci, il Comitato di
solidarietà con il popolo palestinese di Torino ed io avevamo chiesto di porre gli scritti palestinesi sullo stesso piano
di quelli israeliani. La risposta è stata un No secco.
Al governo israeliano, la Fiera serve da autocelebrazione, per far dimenticare le atrocità compiute. Parteciparvi, anche
con spirito «critico», vuol dire stare al gioco. Non basta far credere al mondo intero che Yehoshua (che vuole il muro), Oz
e Grossman siano pacifisti: ad Israele, gli oppositori servono per dimostrare la propria «democraticità». Non si finisce in
carcere perché si è di BTselem. Halper può manifestare per i palestinesi: lui, non lo arrestano. Chi è arrestato,
torturato e ucciso senza processo, sono gli abitanti dei Territori Occupati, coloni esclusi: sono quelli della «razza» e
della religione «sbagliata». Ma, poiché questi non hanno la cittadinanza, Israele si proclama «democratico». Lo è persino
con i cittadini non ebrei. Sempre che non mettano in causa lebraicità dello stato: in tal caso, se sono importanti,
rischiano di finire come Bishara, accusato - con una scusa - di tradimento, onde il suo partito, il Balad, finisse allo
sbando (come puntualmente è avvenuto); o, se non lo sono, come i palestinesi cittadini israeliani, uccisi dalla polizia
allinizio dellIntifada. Per queste uccisioni, Israele ha deciso che nessun poliziotto sarà processato.
Lo sterminio degli ebrei è un crimine incomparabilmente più grave della nakba. Ma Israele ne usa il ricordo, non per
rifiutare alleanze con fascisti e simili (che dire dellalleanza con il regime di Videla? del viaggio di Fini?
dellamicizia di Berlusconi, al governo con una Lega razzista?), ma per cacciare i palestinesi. A compiere lo sterminio
furono tedeschi (e polacchi, italiani, etc.): non palestinesi. Responsabili della nakba, invece, furono coloro che vollero
uno stato a maggioranza ebraica, e chi li sostenne (Stalin compreso). I palestinesi funsero da capro espiatorio, come dalle
prescrizioni del Levitico: quello su cui scaricare i peccati, prima di mandarlo a morire nel deserto. Peccati, notare, non
compiuti affatto dal capro (Lv 16, 10.21s.).
La levata di scudi contro il boicottaggio della Fiera suona male: si prese una posizione analoga nel 2006, quando Israele,
con gli Usa e lUnione Europea (anche lItalia, cioè) boicottarono i palestinesi, per il voto a Hamas? Allora, nei
Territori Occupati, chiusero scuole ed ospedali: i dipendenti non erano pagati. Durante la prima Intifada, Israele aveva
chiuso - per anni – scuole e università palestinesi. Il rettore delluniversità di Al-Quds, Nusseibeh, è in ottimi rapporti
con Israele: ha firmato uniniziativa di pace con Ayalon, ex capo dei servizi segreti. Ciononostante, dentro luniversità
cè il muro; per entrare e uscire, gli studenti devono passare un posto di blocco. Stante il muro e i checkpoint, occorrono
ore per raggiungere, da Betlemme, luniversità di Al-Quds; e sono pochi chilometri. Questi, va da sé, non rientrano fra i
boicottaggi culturali: il mondo – diversamente da Parlato – non considera i palestinesi i nuovi ebrei. I dirigenti della
Fiera hanno tenuto a dirci che questa è fortemente sostenuta dalle autorità istituzionali del Piemonte, sindaco di Torino
incluso.
Un paio di anni fa, il Comune di Torino aveva fatto sì che diverse organizzazioni scrivessero un testo per insegnanti
(«Israele/Palestina. Palestina/Israele». Sussidio Informativo, edito dalla Città di Torino e dal Coordinamento di Comuni
per la Pace). Del libretto, dichiaratamente per la non violenza, avevo preparato il capitolo sui movimenti pacifisti
israeliani. Quando lo presentammo, nel settembre 2006, il presidente della comunità ebraica insorse. Ad un incontro
successivo, invece, non sono stata invitata. Mi dicono che è andato dal sindaco lambasciatore israeliano, per spiegargli
l’«inopportunità» del testo, perché «non equidistante». Risultato: il librino è sparito. Nemmeno chi ha scritto il libro sa
se il Comune lha mandato al macero, o se ne ha sepolto le copie in un ripostiglio, scelto fra quelli più abitato dai topi. Per molti, non si può chiedere ad un evento letterario, come la Fiera, di essere «equilibrata». Ma se un testo non piace
allambasciatore israeliano, basta laccusa di mancato equilibrio perché il Comune si faccia piccolo piccolo, chieda scusa,
e nasconda il libro.
È chiaro che in questo caso non si parla di «censura», di «inutilità» di un boicottaggio antidemocratico. Non sha da
boicottare Israele: chi lo fa rischia di essere definito «antisemita», magari «nazista». Far scomparire un testo, e (più
grave) impedire ai palestinesi di andare a scuola, non è boicottaggio culturale. È normale «democrazia» israeliana
(esportata, almeno in un caso, anche qui da noi). E, per Parlato, gli ebrei israeliani sono diversi dai sudafricani
bianchi. È vero. Sono peggiori: in Sudafrica lo scopo era di sfruttare i neri, non di espellerli.
Ebrei contro l’occupazione
Giovedì, 14 febbraio 2008
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