L’Islam della porta accanto

di ZAHOOR AHMAD ZARGAR

Presidente della Comunità dei Musulmani della Liguria
Responsabile del Dipartimento non arabofoni dell’UCOII.
Autore del libro "L’Islam possibile in Italia"


Ringraziamo ZAHOOR AHMAD ZARGAR, Presidente della Comunità dei Musulmani della Liguria, Responsabile del Dipartimento non arabofoni dell’UCOII, per averci inviato questo suo articolo pubblicato sulla rivista "Amici dei lebbrosi", n. 10 2007 pubblicato dall’associazione AIFO (per info: http://www.aifo.it/.


Autore del libro "L’Islam possibile in Italia"

In questi tempi così difficili, pieni di confusione, contra­sti, guerre, terrorismo, si im­pongono degli interrogativi: è possibile che l’uomo sia capace di vivere in pace e armonia sen­za sottomettere gli altri in no­me di razze, religioni o altro? Se la diversità è un valore aggiun­to da preservare e non da com­battere, si potranno godere i be­nefici del crescente avanzamen­to scientifico e tecnologico nel villaggio globale, o sarà l’era dello scontro tra culture e reli­gioni (in particolare tra l’Islam e l’occidente)? Dopo la tragedia dell’11 settembre il mondo inte­ro è crollato addosso a noi mu­sulmani. Per noi che viviamo in un paese occidentale la vita è diventata tanto difficile, ci sen­tiamo ogni momento sul banco degli imputati e quando arriva una brutta notizia che riguarda dei musulmani dobbiamo giu­stificarci come se fossimo noi i colpevoli. I nostri cuori non so­no in pace. Viviamo nella pau­ra. In più c’è qualcuno che met­te benzina sul fuoco per soddi­sfare i suoi interessi politici o economici. Io sento che c’è tanto bisogno di corretta informazione e serena discussione per combattere l’ignoranza con la sapienza. I musulmani, come tanti altri gruppi, sono qui per vivere. Avere paura dei musul­mani, per come vestono o come pregano, non aiuta a migliorare i rapporti con il vostro vicino di casa. In primo luogo, dobbiamo sgombrare il campo dai pregiu­dizi: l’Islam non è portatore di conflitti e malesseri nel mondo ma, al contrario, promuove la pace, l’amore e l’armonia fra la gente. La parola “Islam” è deri­vata dalla parola araba Salam (pace). I musulmani salutano dicendo “As-salâmu ’alaykum”, che significa “La pace sia con te”. E la risposta è: “Wa ’alay-kum ’s-salâmu”, che ha lo stesso significato. Lo scopo di un buon musulmano è di lavorare per la pace. Il Profeta Mohammed (Maometto) ha affermato che tutti gli uomini vengono da Adamo e non ci deve essere nes­suna supremazia di un arabo su un non arabo, di un bianco su un nero, eccetto che in pietà. Dio ha diviso l’uomo in tribù e nazioni per creare varietà nella creazione e perché l’uomo possa incontrarsi con gli altri in un’atmosfera di rispetto reci­proco e cooperazione e non per essere promotore di ostilità e differenza. “O uomini, vi abbia­mo creato da un maschio e da una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi co­nosceste a vicenda. Presso Dio, il più nobile di voi è colui che più Lo teme. In verità Dio è sa­piente, ben informato.” (Sura 49, Le Stanze Intime, v.13) E anche disse il Profeta: - Chi sol­leva un credente da una pena terrena, Dio lo solleverà da una pena nel Giorno del Giudizio. Chi agevola una persona biso­gnosa, Dio lo agevolerà in que­sto mondo e nell’altro. Chi è in­dulgente verso un musulmano, Dio sarà indulgente con lui in questo mondo e nell’altro. Dio viene in aiuto del suo servo nel­la misura in cui questi viene in aiuto del fratello. Chi segue una via per arrivare alla conoscen­za, Dio gliene renderà facile una per il Paradiso.

Secondo l’Islam sono tre le co­se fondamentali per la pace: la compassione, il perdono, il ri­spetto per tutti. Per quanto ri­guarda il rispetto, vorrei citare una piccola storia assai signifi­cativa. Una volta il Profeta vide la processione di un funerale, che passava davanti a lui. Era seduto e si alzò in piedi. A que­sto punto, il suo compagno gli domandò: Perché ti sei alzato in piedi, visto che il funerale era di un ebreo, non di un musulma­no? - Egli rispose: - Lui non era un essere umano? Ogni essere umano è rispettabile, ci possono essere divergenze nelle religione, cultura, o altro, ma sopra di tut­to noi siamo creature di Dio.

Quando si parla di Islam si pensa di solito al bacino del Me­diterraneo o all’Arabia Saudita. Ma la grande maggioranza dei musulmani si trova, invece, nei paesi asiatici e in altre parti del mondo. Il primo paese è l’Indo­nesia con più di 213 milioni di abitanti, seguito dal Pakistan con più di 162 milioni, l’India (che non viene considerata co­me paese islamico in quanto la sua popolazione è in maggio­ranza induista) è al terzo posto con 145 milioni, il Bangladesh con 130 milioni. Invece, l’Arabia Saudita ne ha solo 26 milioni, la Libia 5 milioni, ecc. In Italia vi sono circa un milione e mezzo di musulmani provenienti da 60 stati diversi che hanno lingua, tradizioni, costumi, differenti gli uni dagli altri. In particola­re, io vengo dall’India, un gran­de paese, appunto, dove le reli­gioni più diverse sono abituate a convivere e a rispettarsi reci­procamente. Sono nato a Srina-gar, la capitale del Kashmir, e ho convissuto nelle strade, nella scuola, nella vita, con persone di altre fedi. Ma noi Kashmiri abbiamo anche una grande te­stimonianza che è quella dei Sufi Rishi, parte fondamentale della nostra storia e cultura. Quando gli ordini Sufi, mistici islamici, arrivarono nel Ka­shmir da paesi come la Persia, l’Asia Centrale e altre zone del­l’India, da noi già erano presen­ti i Rishi, asceti indù. I Sufi, in­vece di entrare in conflitto, fece­ro tesoro della ricchezza delle religioni precedenti dell’India (induismo, buddismo), ne rac­colsero e coordinarono gli aspet­ti positivi, predicando la pace e l’unione del popolo, indipenden­temente dal credo religioso. La nostra identità si è così svilup­pata a prescindere dalle diffe­renze religiose e questo è un modo di vivere che dovrà essere imparato da tutti, se si vorrà far parte del nuovo mondo mul­ticulturale.

In conclusione, però, vorrei in­sistere ancora sul fatto che, in questi tempi, continuamente, noi musulmani siamo sotto esa­me. È come se il terrorismo col­pisse anche noi, distruggesse anche le nostre vite e quelle dei nostri figli! Invece, tutti insie­me, italiani e immigrati, musul­mani e non, dobbiamo lottare contro la guerra e il terrorismo. La comunità musulmana non deve essere emarginata e isola­ta ma presa in considerazione perché esiste, non è “altro” dal­la società, ne è parte integran­te. Se poi qualcuno tra di noi non ama questo paese, non ne condivide le leggi e non deside­ra la pace, io sono il primo a di­re che è bene che se ne torni da dove è venuto.



Quando si parla di Islam si pensa di solito al bacino del Mediterraneo o all’Arabia Saudita. Ma la grande maggioranza dei musulmani si trova, invece, nei paesi asiatici e in altre parti del mondo


Distribuzione della religione islamica nel mondo



Lunedì, 08 ottobre 2007