Dopo che la predicazione di Muhammed fu codificata nel testo scritto di un libro, il-Corano (al-Qurân), la comunità musulmana si è trovata di fronte al complicato problema dellinterpretazione di tale testo. Occorre notare che tale opera di compilazione del testo, per ammissione della tradizione islamica stessa, non fu unopera direttamente divina, ma umana, fatta con i mezzi allora disponibili. Di conseguenza alcuni interrogativi vengono sollevati, soprattutto dalla critica moderna, sulla compilazione e trasmissione del testo coranico; ad es. a proposito del testo originale, della fedeltà della sua trasmissione, lettura ecc. Ai nostri giorni lesegesi del testo coranico pone molti e seri problemi dal punto di vista critico. Tuttavia, tali interrogativi non dovrebbero costituire un dramma per un musulmano illuminato, dato che già nellantichità islamica si trova unabbondante letteratura al riguardo in cui almeno in parte simili questioni sono state affrontate. Lasciando da parte la questione del califfato, cioè di chi dovrebbe legittimamente guidare la comunità islamica (questione che per sè è pure connessa con la questione dellintepretazione del testo rivelato, vedi sciismo) possiamo distinguere nellIslam sunnita, lIslam professato dalla assoluta maggioranza dei musulmani, due grandi correnti di interpretazione del testo sacro. a. la corrente giuridico-teologica: il legalisimo.
Questa corrente ha come protagonisti i dotti della legge o religione (ulamâ o ulema). Essi hanno inteso fissare in modo normativo il canone del credere e dellagire di ogni musulmano dedotto dalle loro interpretazioni del testo coranico e dalle tradizioni attribuite a Muhammed, il profeta dellIslam. Il loro lavoro, durato alcuni secoli, e sfociato nella compilazione del canone della Legge divina (sharîa). Questa è divenuta il punto di riferimento della comunità musulmana lungo i secoli, e, come sappiamo, costituisce uno dei punti fondamentali di rivendicazione delle correnti islamiste contemporanee. Tale corrente ha il suo parallelo nel rabbinismo ebraico e nel canonismo cristiano. Occorre tuttavia osservare a tale proposito che:
1. lelaborazione della legge islamica fatta dai giuristi musulmani dei primi secoli non può essere considerata unopera divina, ma umana. Questo punto viene messo ora in risalto da molti riformisti contemporanei che si ribellano al monopolio della legge islamica esercitato dai dotti della legge (ulamâ) i quali hanno troppe volte spacciato le loro interpretazioni personali per parola divina, rivelata. 2. lelaborazione della legge islamica si è formata nel contesto di cio che può essere definito limperialismo religioso dellIslam, e specificatamente dellIslam sunnita. I dotti della legge (ulamâ) sono stati per lo più assai servili verso il potere politico costituito, sia nel passato che nel presente. Anche contro tale sacra alleanza fra religione e potere alcuni spiriti più liberi osano ora prendere posizione, molte volte con conseguenze assai violente e disastrose.
b. la corrente spiritualista: il sufismo.
Questa corrente intende dare una valenza spirituale alle norme dogmatico-giuridiche della legge islamica. In linea di principio il sufismo non si colloca fuori della legge codificata dalla comunità islamica, tuttavia privilegia lincontro diretto con la Verita assoluta, con Dio. La legge infatti è per essi la via e non il fine: solo Dio è il fine assoluto. Tale atteggiamento ha portato a dei conflitti, a volte molto violenti, con i dottori-giuristi della comunita, fino al martirio (vedi al-Hallâj). Un detto comune fra i sufi, frutto di amare esperienze storiche, dice: "Sotto la penna di ogni giudice cè la testa di un sufi che cade". I sufi infatti richiamandosi ad una fedeltà più radicale allessenza del messaggio coranico hanno molte volte denunciato le deviazioni della comunità islamica, il formalismo e il fariseismo molto comuni a livello dellIslam ufficiale e dei dotti della legge (ulamâ) in particolare. Per molti sufi la comunità islamica è inevitabilmente soggetta nel corso della storia ad un processo di decadenza, per cui essa deve essere continuamente riformata (islâh). In un certo senso e qui che tocchiamo quello che possiamo chiamare il profetismo continuo presente pure nella comunità islamica. Un comune detto sufi dice "I sufi (awliyâ) sono gli eredi dei profeti". (È da notare tuttavia che i dotti della legge ne hanno contrapposto uno equivalente in cui si dice che: "I dotti della legge (ulamâ) sono gli eredi dei profeti". È su tale base che il sufismo ha esercitato lungo la storia islamica in molti casi il ruolo di coscienza profetica nellIslam. Occorre tuttavia osservare a proposito del sufismo che esso:
1. è vissuto per lo più allinterno di ciò che abbiamo chiamato limperialismo religioso islamico, fatto di guerre di conquista, schiavitù, oppressione dei non-musulmani ecc., apportando ad esso lentusiamo religioso dei loro adepti.
2. è vissuto in un certo isolamento culturale, pago della tradizione islamica, senza unapertura reale verso le altre religioni. Nella mia lettura del sufismo devo ancora incontrare un sufi che abbia accostato, ad esempio, il cristianesimo per quello che esso è nellesperienza dei cristiani, e non nella sua sfigurazione comune ai testi della polemica islamica. Questa situazione va indubbiamente ripensata, e ci sono attualmente delle persone che allinterno del mondo islamico cercano una revisione della sua storia e della sua autocomprensione, in un atteggiamento di più reale ed obiettiva apertura verso le altre religioni. Ci sembra infatti che lIslam, come del resto tutte le altre religioni, è chiamato ad una nuova autocomprensione di fronte alle sfide del mondo moderno e post-moderno. Rosario Amico Roxas
Venerdì, 30 novembre 2007
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