Didascalia foto: Alcuni momenti dellincontro tra cristiani e musulmani di Acqui, in occasione della 6° giornata del dialogo interreligioso.
Nella riflessione di una giovane musulmana acquese
IL FUTURO E IL DIALOGO INTERCULTURALE In occasione dellincontro tra cristiani e musulmani per la 6° giornata del dialogo interreligioso, svoltosi la scorsa settimana ad Acqui, nel corso del mese di Ramadan, cè stata la possibilità di conoscere più da vicino il modo in cui la comunità islamica acquese ha vissuto questo importante tempo di fede. La preghiera e il digiuno, lascolto e la meditazione hanno scandito questo tempo. Ma è stato anche un momento di arricchimento culturale proprio sul tema del dialogo, divenuto motivo di condivisione nellincontro con i cristiani acquesi: pregare insieme e ragionare sul valore della pace, che è messaggio centrale di entrambe le religioni. Ed è certo significativo lintervento preparato in questa occasione da una giovane musulmana acquese, studentessa presso le scuole superiori della nostra città. Parole che ben ci fanno cogliere quanti siano i motivi che ci uniscono e quanto sia importante e bello, per il futuro di tutti, il dialogo sincero tra culture e religioni. Ecco la riflessione di Najat El Hlimi.
Prima di essere ebrei, cristiani o musulmani siamo innanzitutto degli esseri umani. Non bisogna dimenticare la nostra identità comune. Io credo che sia necessario distinguere le pratiche religiose dai valori comuni perché credere in un solo Dio non basta: bisogna definire il ruolo che Egli svolge nella nostra coscienza. Bisogna andare oltre alla tolleranza, bisogna accettarsi gli uni gli altri, accettare che laltro sia diverso e accettare questa diversità come un arricchimento, non come un pericolo. La tolleranza rappresenta la condizione minima per una convivenza pacifica. Ma come la pace significa ben più della semplice assenza della guerra, così una fruttuosa convivenza non richiede solo di sopportare la diversità degli altri esseri umani, ma di amarli. Se si vuole che la diversità diventi una fonte di ricchezza a vantaggio di tutti, occorre che tutti cerchino di collaborare. Cè chi paventa, dopo l11 settembre 2001, una sorta di “scontro di civiltà” religiose che somiglia paurosamente alle antiche “guerre di religione”. Per vivere appieno il nostro presente e il nostro futuro siamo chiamati da un lato a conoscere più e meglio non solo la propria religione, ma anche le religioni altrui, cercando di evitare i ricorrenti pregiudizi. Dallaltro abbiamo bisogno di educarci pazientemente al dialogo e al confronto interculturale e interreligioso, perché il dialogo non esclude nessuno, perché Dio ama tutti. La ferma condanna dellantisemitismo deve portare tutti a riconoscere le radici nel proprio passato e - dove necessario - nel proprio presente per purificarsi, ma deve coniugarsi anche a una più profonda sensibilità nei confronti di tutte le forme di violenza verso i diritti umani, per vivere un effettiva solidarietà verso ognuno di noi, perché le religioni non esistono per separare gli uni dagli altri, ma per vincolarli reciprocamente.
Najat El Hlimi.
Il magistero del Papa sul dialogo Comprendersi per lavorare insieme
Nel corso dellincontro organizzato insieme dal MEIC dellAzione Cattolica diocesana e dalla Comunità Islamica di Acqui, don Franco Cresto, parroco di S. Francesco ha introdotto la preghiera di Vespro, ricordando alcuni importanti passaggi del Magistero della chiesa cattolica. Ha richiamato anzitutto quanto afferma Giovanni Paolo II nella dellenciclica di Redemptoris Missio, al n.57: “tutti i fedeli e le comunità cristiane sono chiamati a praticare il dialogo interreligioso” . Lo scopo non è astratto, ma una necessità per tutte le creature; così dice ancora Giovanni Paolo II: “Le diverse confessioni cristiane e i fedeli delle altre religioni si considerano testimoni di un Dio della giustizia e della pace. Quando si crede che ogni persona umana ha ricevuto dal Creatore una dignità unica, che ciascuno di noi è soggetto di diritti e di libertà inalienabili, che servire il prossimo significa crescere nellumanità, molto di più, quando si vuole essere discepoli di colui che ha detto: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35), si può facilmente comprendere quale capitale rappresentano le comunità dei credenti nella costruzione di un mondo pacificato e pacifico. Si tratta di affermazioni molto chiare e di indicazioni importanti per tutti i credenti, specie in un tempo che sembra sempre più incline alla paura e al pregiudizio; affermazioni che lattuale Papa ha ulteriormente spiegato in diverse occasioni anche nel corso nellultimo anno. In particolare è stato ricordato un passo molto significativo del suo discorso agli ambasciatori di paesi musulmani, che richiama un fondamentale insegnamento del Concilio Vaticano II. Così si esprime Benedetto XVI: “Il dialogo interreligioso e interculturale costituisce una necessità per costruire insieme il mondo di pace e di fraternità ardentemente auspicato da tutti gli uomini di buona volontà. In questo ambito, i nostri contemporanei attendono da noi uneloquente testimonianza in grado di indicare a tutti il valore della dimensione religiosa dellesistenza. E pertanto necessario che, fedeli agli insegnamenti delle loro rispettive tradizioni religiose, cristiani e musulmani imparino a lavorare insieme, come già avviene in diverse comuni esperienze, per evitare ogni forma di intolleranza ed opporsi ad ogni manifestazione di violenza. E altresì doveroso che noi, Autorità religiose e Responsabili politici, li guidiamo ed incoraggiamo ad agire così. In effetti, ricorda ancora il Concilio, " sebbene, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto sinodo esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" (Dichiarazione Nostra aetate, n.3). Lincontro tra le persone, il rispetto, lo sguardo di speranza sul futuro comune, nostro e dei nostri figli, siano motivo per continuare, anche nella nostra città e diocesi, questo incontro e collaborazione. (v.r.)
Martedì, 16 ottobre 2007
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