[Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 marzo 2008, col titolo "Chi tiene la democrazia sotto sequestro?" e il sommario "La politica della guerra dopo l11 settembre, la crisi di legalita e lo scontro di religione dentro la societa americana. Brown: Il fenomeno Obama rivela lurgenza per la sinistra di ritrovare un senso religioso della speranza e del futuro". Allintervista ha collaborato Marina Impallomeni. Wendy Brown, filosofa, docente e saggista, e professoressa di Scienza politica allUniversita di Berkeley. Ha insegnato in precedenza a Santa Cruz e al Williams College in California, e membro dellIstituto di studi avanzati di Princeton e ha discusso i suoi lavori in varie universita europee. Studiosa di confine fra teoria politica, teoria critica, studi femministi e postcoloniali, e nota soprattutto per avere intrecciato le prospettive di Marx, Nietzsche, Weber, Freud, Foucault, dei teorici della Scuola di Francoforte e dei filosofi continentali contemporanei nellanalisi critica del potere, della liberta, della tolleranza, dellidentita, della cittadinanza, della soggettivita politica nelle democrazie liberali contemporanee. Attualmente lavora sulle trasformazioni della sovranita nel quadro del capitalismo globale e del conflitto interculturale. Tra le opere di Wendy Brown: Manhood and Politics: A Feminist Reading in Political Theory, Rowman and Littlefield, 1988; States of Injury: Power and Freedom in Late Modernity, Princeton 1995; Politics Out of History, Princeton 2001; Left Legalism/Left Critique (con Janet Halley), Duke 2002; Edgework: Critical Essays in Knowledge and Politics, Princeton 2005; Regulating Aversion: Tolerance in the Age of Identity and Empire, Princeton 2006]
- Ida Dominijanni: Potere e liberta sono due questioni centrali nel tuo lavoro. Un caso raro nel panorama filosofico-politico di sinistra, dominato negli ultimi decenni dalle questioni dellequita, dei diritti, delle procedure - mentre la liberta, in versione liberista, diventava una bandiera della destra. Tu hai analizzato questo quadro in States of Injury (1997), spostando lattenzione sul desiderio di liberta e sul suo background storico e psichico. Il paradigma neoliberista dellultimo decennio, che successivamente hai messo a fuoco in Neo-liberalism and democracy, ha cambiato i termini del problema, e come? - Wendy Brown: Quando ho cominciato a lavorare sulla scomparsa della liberta dallagenda e dal pensiero critico della sinistra, avevo in mente due aspetti della cultura politica europea e americana degli anni 80 e 90: quella che e stata poi chiamata "politica dellidentita", cioe le rivendicazioni di inclusione e di uguaglianza dei gruppi definiti dalla ferita dellesclusione; e il disperato tentativo della sinistra di aggrapparsi a un welfare in rapida disintegrazione, tentativo che la spingeva ad abbracciare alquanto acriticamente lo statalismo assistenziale gettando a mare la sua precedente critica delle dimensioni regolative e oppressive del capitalismo e dello Stato. Ero preoccupata che, per queste due vie, la sinistra stesse sempre piu rinunciando al valore della liberta intesa come lopposto del dominio, della regolazione e anche della protezione, e dunque allidea che gli esseri umani possano conquistare un potere collettivo sulle condizioni della loro vita. Ma in seguito, la saturazione del campo del politico da parte del neoliberismo, ovvero il suo assurgere a paradigma di razionalita non solo economica ma politica, ha aggravato i termini del problema. La razionalita neoliberista riduce la liberta a scelta di mercato e definisce il soggetto "libero" come un imprenditore di se stesso in tutti i campi dellesistenza, dalla professione alla sessualita. Questo toglie valore perfino alla limitata promessa di liberta politica come partecipazione e sovranita popolare propria delle democrazie liberali. E pone nuovamente alla sinistra il problema del che fare quando i soggetti e la cittadinanza si costruiscono senza alcun visibile desiderio di liberta dal dominio del capitale o dello stato. * - Ida Dominijanni: Sempre in States of Injury hai analizzato la politica dellidentita e i suoi paradossi evidenziando il peso dei "wounded attachments" (lattaccamento alle ferite subite) e del risentimento nella formazione della soggettivita degli oppressi. Negli ultimi anni, la politica dellidentita ha assunto per un verso i caratteri estremi del fondamentalismo; per laltro verso, rimane la base della domanda di riconoscimento e della rivendicazione di diritti per i gruppi svantaggiati. Il superamento della politica dellidentita e un tema centrale per una parte rilevante del pensiero politico italiano, in particolare per il femminismo della differenza, che lo lega alla critica della grammatica dei diritti. Nella sfera pubblica americana vedi soggettivita e pratiche che vanno oltre la politica dellidentita? E nella scena mainstream, la competizione fra Hillary e Obama, la donna e il nero, va letta come il trionfo o come il punto limite della politica dellidentita? - Wendy Brown: Una cosa interessante della competizione Obama-Clinton e che fino a poco tempo fa nessuno dei due faceva ricorso alla politica dellidentita: puntavano entrambi sullintenzione di intercettare elettorati diversi, unificare le divisioni della comunita nazionale, risanare la reputazione del paese allestero. Non che rimuovessero limportanza, per loro e per la nostra storia, del genere e della razza, stile Margaret Thatcher; ma non correvano esplicitamente come donna bianca e uomo nero. Sono stati entrambi letteralmente costretti in queste categorie dai discorsi che li interpellavano attraverso il genere e la razza, da elettorati (sessisti e femministi, razzisti e antirazzisti) che battevano su questo tasto, da eventi (le lacrime di Hillary, il ministro troppo loquace di Obama) fatti su misura per definirli in questi termini. Questo dice qualcosa sulla presa della politica dellidentita negli Usa, ma anche sulla presa del sessismo e del razzismo: i due candidati, semplicemente, non possono evitare di essere ridotti alla fisiologia e al fenotipo. Quanto alla tua domanda piu generale, secondo me la coalizione queer dietro Act Up, che negli anni 90 ha lavorato sodo per portare la questione dellAids/Hiv nellagenda politica ed economica, ha inaugurato una politica della giustizia post-identitaria. E oggi ne i no-war, ne i no-global ne gli ambientalisti sono identitari. E sperabile tuttavia che ciascuno di essi porti con se consapevolezza delle questioni di genere, razza e sessualita - speranza solo a volte esaudita. * - Ida Dominijanni: Malinconia e conservatorismo della sinistra, due capitoli del tuo lavoro di grande interesse per la sensibilita italiana. Schematizzando, dall89 in poi in Italia la sinistra si e divisa fra unarea moderata, che ha abbracciato una "nuova" visione del mondo post-socialista e post-ideologica senza elaborare il lutto della sua identita perduta, e unarea radicale, che e rimasta attaccata alla sua identita senza elaborare il lutto per la fine dellepoca in cui era cresciuta. In unintervista su "Contretemps" (2006) hai detto che la sinistra deve imparare ad amare di nuovo, ad aprirsi a una nuova lettura del presente, ad accettare che il "noi" da cui e stata fatta possa diventare diverso da prima. Sono del tutto daccordo. Nella sinistra americana ed europea di oggi, vedi dei nuovi oggetti damore, o una nuova apertura alle possibilita del presente? - Wendy Brown: Una risposta positiva e una preoccupata. In Europa, negli Usa e altrove, la rabbia contro limperialismo americano in Medioriente e la presa datto che un capitalismo senza briglie ci sta portando rapidamente verso un collasso planetario stanno dando alimento, a sinistra, alla ricerca - sia pure iniziale, nei fini e nei mezzi - di una diversa economia politica e di un diverso ordine mondiale. Penso che questa ricerca sia animata da quello che Hannah Arendt definiva "amore del mondo", e che questo amore stia riaffiorando a sinistra in forme nuove, dopo decenni. Detto questo, negli Stati Uniti di oggi il desiderio della sinistra di avere di nuovo qualcosa da amare, qualcosa in cui credere, sta emergendo in un modo sgradevole, che smentisce lidea che la mobilitazione religiosa sia appannaggio della destra. Mi riferisco al folle entusiasmo per Obama di tanti compagni. Niente quanto il fenomeno Obama ha reso palpabile la disponibilita della sinistra al fervore religioso. Rispondere alla disperazione, alla rassegnazione, allinerzia con la speranza, la possibilita, il cambiamento e la firma della sua campagna; ma il messaggio va oltre. Obama spinge a contrastare il cinismo con il credo, una forma di credo religioso tanto quanto quello contrabbandato dai cristiani evangelici. Il dono di Obama ai progressisti non e la fiducia in un progetto o in un percorso: e il credo in se stesso, il credo nel credo, un credo che solleva, ispira, ci risveglia e ci eccita dopo tanti anni senza credo, senza eccitazione, senza fiducia nel futuro. Obama e certamente un politico di grande talento, ma cio che colpisce e quello che rivela di noi: quanto noi di sinistra desideriamo questo credo, questa rinnovata speranza, questa eccitazione di desiderio politico... anche se e senza contenuto ne scopo, anzi proprio in quanto lo e. Sotto questo aspetto, la somiglianza di Obama con John Kennedy non sta tanto nel fatto che anche lui e un leader giovane, bello, carismatico, con unoratoria piu di sinistra delle sue scelte effettive: sta nel fatto che in questo momento le doti e limprevista ascesa di Obama suscitano un sentimento di redenzione e di speranza nel futuro, proprio come avvenne per lascesa di Kennedy dopo gli anni bui di Hoover e McCarthy. Lo slogan di Obama "yes we can" e un si contro i nostri dinieghi, il nostro inesorabile cinismo, la nostra rinuncia a credere in un futuro promettente, per lAmerica e per il mondo. Lavversario, il no, non e un nemico esterno, ma il no interno, la negazione del credo e della volonta. Ecco perche per Obama e stato facile respingere laccusa di Hillary di generare "false speranze". La speranza che lui diffonde non e vera o falsa: e speranza in se stessa. Lattacco di Clinton e stato un boomerang, era come dire a persone rinate di tornare nelloscurita in cui si erano perse, allennui, alla deriva, al nichilismo. Altro che Assault on Reason, il libro del 2007 sui Bush in cui Al Gore sosteneva che i democratici avrebbero ripreso la Casa bianca perche sono piu razionali, si attengono ai fatti, alla scienza e a norme motivate. Oggi la religione viene affrontata con la religione, e davvero lAmerica potrebbe andare verso un bizzarro tipo di guerra santa: la fede contro la fede, le nostre speranze contro le loro, il nostro messia contro il loro. Ecco dunque il pericolo insito nellinvitare la sinistra a trovare un nuovo oggetto damore - lamore puo essere, e spesso e, illusorio e reazionario, specialmente in politica. Cio detto, e stante che tutta questa religiosita difficilmente fara il miracolo di portare alla Casa bianca un uomo nero, di vaga ascendenza musulmana e di secondo nome Hussein, io ho votato per Obama nelle primarie in California e lo voterei come presidente. * - Ida Dominijanni: Ti presenti come una pensatrice della democrazia radicale, sottolineando che il compito teorico e politico di oggi e "dissequestrare la democrazia dal liberismo e dal capitalismo". Di nuovo sono daccordo, ma provo ad andare oltre. Negli ultimi anni, le democrazie occidentali hanno mostrato la loro faccia peggiore: guerre in nome della democrazia medesima, politiche di sorveglianza in nome della sicurezza, subalternita al mercato, corruzione delle classi dirigenti, populismo, crisi della rappresentanza, apatia e manipolabilita delle masse, rovesciamento, come dicono alcuni, del desiderio di liberta in una sorta di servitu volontaria. E solo un "sequestro" neoliberista della democrazia, o si tratta di una deriva ineluttabile? Nel mondo unificato post-89, dove la democrazia ha trionfato come lunico regime desiderabile e non e possibile alcuna nostalgia per lalternativa del socialismo reale che fu, la democrazia e lorizzonte esclusivo del nostro immaginario politico, o possiamo aprire il nostro desiderio di liberta ad altre possibilita? - Wendy Brown: E una questione assai importante e complessa. Importante, perche se una cosa diventa un limite per la nostra immaginazione, si spenge anche dentro di essa. Complessa, perche oggi la parola "democrazia" spesso significa solo elezioni e mercato, ma al tempo stesso porta nella sua stessa etimologia - demos/kratos, popolo/governo - lopposizione a tutti i poteri che governano lesistenza umana e planetaria. E un termine vuoto e degradato, e allo stesso tempo sovversivo e radicale. E il discorso legittimante del dominio e dellimperialismo Usa, nonche della pretesa di supremazia della civilta occidentale; e continuamente equiparata al libero mercato; eppure resta un, se non il, termine che ci consente di fare una critica radicale dellordine costituito. Mai nella storia le democrazie liberali sono state meno democratiche; il capitalismo e lantitesi della democrazia; un governo fatto di esperti e antidemocratico; la razionalita politica neoliberista, con la sua enfasi sulla gerarchia e gli interessi personali e la sua antipatia per valori politici che non siano quelli del mercato, e inesorabilmente antidemocratica. Ti diro di piu. Mi lascia perplessa il modo in cui la democrazia e stata abbracciata non solo dal mainstream ma anche dalla sinistra post-marxista europea e nord-americana. Da Balibar a Derrida, da Habermas a Ranciere, la democrazia e diventata, come dici tu, esaustiva del politicamente possibile. Penso che qui non agisca solo una mancanza di immaginazione, ma anche qualcosa di un tantino reazionario: come se la democrazia rappresentasse lEuropa e la civilta, anche per coloro che dovrebbero essere piu avvertiti, contro il suo presunto nemico individuato in un immaginario Islam teocratico. Anche la "democrazia a venire" di Derrida, o la democrazia intesa come lemergere di "quelli che non contano" secondo Ranciere, continua a rimandare a una ragione pubblica laica, al parlamentarismo, al pluralismo, allindividuo moralmente autonomo associato allOccidente, il cui esterno costitutivo e la teocrazia, lortodossia, lorganicismo sociale. Questa opposizione e falsa, xenofobica, autoingannatoria e pericolosa, ed e assai negativo che cosi tanti nella sinistra europea labbiano fatta propria. Dunque sono diffidente, sia per il degrado della democrazia, sia per la sua idealizzazione a scopi reazionari. Tuttavia non sono pronta a buttare via ne i valori che la democrazia liberale ha rappresentato (spesso ipocritamente), ne il sogno piu folle che questo termine serba dentro di se. Non possiamo abbandonare una cosa solo perche il suo significato e il suo concreto dispiegarsi non sono nelle nostre mani: questa potrebbe essere la prima lezione della democrazia radicale. * Postilla biobibliografica su Wendy Brown
Wendy Brown insegna Scienza politica allUniversita della California di Berkeley. Studiosa di confine fra teoria politica, teoria critica, studi femministi e postcoloniali, e nota soprattutto per le sue analisi del potere, della liberta, della tolleranza, dellidentita, della cittadinanza, della soggettivita politica nelle democrazie liberali contemporanee. Attualmente lavora sulle trasformazioni della sovranita nel quadro del capitalismo globale e del conflitto interculturale. Frai suoi testi, Manhood and Politics, Rowman and Littlefield, 1988; States of Injury, Princeton 1995; Politics Out of History, Princeton 2001; Left Legalism / Left Critique (con Janet Halley), Duke 2002; Edgework, Princeton 2005; Regulating Aversion, Princeton 2006. Tratto da NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE Supplemento settimanale del giovedi de La nonviolenza è in cammino
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
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Numero 172 del 28 marzo 2008
Domenica, 30 marzo 2008
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