Lc 1, 26-38
[In quel tempo,] l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
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Il luogo: quello che si racconta a questo punto, di così fondamentale importanza per l’umanità, avviene in Galilea, la regione di quelli che in Israele si consideravano ignoranti, impuri, con i quali non si doveva entrare in relazione (M. Pérez Fernández). Il disprezzo degli antichi per i galilei era così forte che nell’anno 362 d.C. l’imperatore Giuliano scrisse una lettera ad Artabio, nella quale parlava della “stupidità dei galilei” (G. Luchetti). Era famoso il detto di Yojanán ben Zakkai: “Galilea, Galilea, tu odi la Toráh”. In un popolo perduto, da un luogo così Dio si fa presente. È lo stile di Dio che si rivela in Gesù. Così sono le abitudini del Dio di Gesù.
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La persona: centrale nel racconto è Maria, una donna sconosciuta e umile, della quale si dice che era “vergine”. Una parola che nel giudaismo di quel tempo designava una ragazza, a partire dalla sua pubertà fino al suo primo parto. Il racconto di Luca vuole sottolineare che il fatto prodigioso successo in Maria è molto più importante di quello della sua parente Elisabetta. Il testo non parla di verginità biologica di Maria, ma della sua totale fedeltà a Dio. Il Magistero della Chiesa ha predicato sempre la verginità biologica di Maria. Ma una verginità simile può averla una donna alla quale si è praticata una inseminazione artificiale e dopo le si è praticato un cesareo. Questa donna sarebbe “madre” e “vergine” (K. Rahner). È evidente che la verginità di Maria si riferisce ad una qualità superiore concessale da Dio, l’essere madre di Gesù.
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Il messaggio: da Maria nascerà il Messia atteso da Israele. E molto più di quello che attendeva. Questo testo è stato scritto quando già si aveva coscienza di quello che dice Paolo in Rm 1, 3-4: il figlio di Davide è stato costituito per mezzo della sua resurrezione Signore e Figlio di Dio. Sebbene Luca non conoscesse questo testo di Paolo, quello che dice il testo era già noto nella Chiesa.
Giovedì 17 Dicembre,2020 Ore: 12:05 |