Lc 9, 18-24
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».
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Questo racconto ha chiaramente due parti. La prima (vv. 18-21) ci riassume quello che si pensava e si diceva di Gesù: che era un “profeta”. Anzi, che era il “Messia di Dio”. Gesù ha ascoltato quella confessione e non ha detto che non fosse certa; la ha accettata, ma ai discepoli ha proibito in maniera perentoria di dirlo ad alcuno. In ogni caso, è fuori dubbio che Gesù veniva riconosciuto come un “uomo ispirato”, un “uomo pubblico”, un “uomo minacciato” (José L. Sicre). E di lui si sussurrava che era il Messia, cioè “l’Unto” da Dio per portare salvezza e speranza al popolo.
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La seconda parte (v. 22) è il primo annuncio della passione. In quest’annuncio, come negli altri due giunti fino a noi, Gesù non solo dice che morirà in maniera violenta, ma indica anche i responsabili di quella fine di fallimento e di morte. E notevole è il fatto che indica sempre i sommi gerarchi della religione come autori del delitto. Nel dire questo, Gesù stava realmente annunciando che a toglierlo di mezzo sarebbero stati gli uomini consacrati, i responsabili del tempio, le gerarchie religiose. E con questo per gli apostoli, per i discepoli e per i seguaci di Gesù si poneva un problema duro da comprendere e difficile da accettare. Se loro avevano le loro convinzioni e pratiche religiose, all’improvviso si trovavano nella situazione che dovevano accettare come centro delle loro vite uno sconcertante profeta ed un messia che la religione assassinava.
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Per questo Gesù ha aggiunto la conclusione di questo racconto drammatico: seguire il Vangelo è caricarsi con la croce della contraddizione tra Gesù e la religione. Una contraddizione così forte che porta direttamente a vedersi incompresi, esclusi, rifiutati. Il Vangelo è possibile viverlo solo a partire dalla posizione di chi si rende conto di questo problema, lo accetta e lo vive come lo ha accettato e lo ha vissuto Gesù. Gesù ha fatto questa fine perché ha anteposto il bene delle persone ai doveri imposti dalla religione. Solo chi è disposto a questo, nella vita prende la stessa strada di Gesù: prima di tutto, la felicità dell’essere umano. Per chi non accetta questo, il Vangelo si fa inaccettabile.
Lunedì 13 Giugno,2016 Ore: 18:09 |