"lettere dal palazzo"
finanziaria e spallate

( è finita bene, ma in Afghanistan..)


di Lidia Menapace

17 novembre 2007
Cominciato lunedì 12 novembre con l’ìmpegno comune di concludere mercoledì 14 con la spallata (non si capisce chi l’ha presa e chi l’ha data) l’iter per approvare la finanziaria è stato prolungato fino a giovedì notte dalle manovre ostruzionistiche dell’opposizione che così si è presa una soddisfazione costosa ma inutile. Comunque bene quello che finisce bene ed è finita bene.
Si è evitato il voto dI fiducia, così si vede con chiarezza il funzionamento della maggioranza e la sua tenuta. Non sono affatto finite le insidie, ma si sa da chi vengono: prima di tutto da Dini e poi da Mastella e da Di Pietro. Anche Degregorio ha cercato di avere una qualche parte in commedia dichiarando che gli "Italiani nel mondo" (così si chiama il suo partito) gli avevano detto di non prendere parte al voto ed è uscito dall’aula, tornandovi due minuti dopo, preso per la collottola da Schifani. E’ inutile: per fare l’anguilla gli manca "le fisique du role".
Le sedute sono state faticose non in sè (il percorso era stato accuratamente disposto dalla Commissione Bilancio e dai vari senatori e senatrici delle varie forze politiche e rigidamente blindato) ma per il rumore, le urla, i gesti, gli epiteti scomposti, le minacce, gli improperi soprattutto, ma non solo dell’opposizione. Anche la maggioranza non scherza: qualcuno a cena parlava di fascismo che aleggia anche in aula: e gli atteggiamenti sarcastici e irridenti verso la Levi Montalcini lo sono, così come i rabbuffi per Franca Rame. Tuttavia Titti Valpiana e io tornando a casa finito tutto (abitiamo vicinissime) commentavamo che deve esserci anche qualcosa di intrinsecamente maschile in questo modo di gestire il conflitto (affinchè sfoci nella guerra "continuazione della politica con altri mezzi"?): certo noi senatrici non prendiamo parte a questo aspetto dello scontro, non ci piace proprio, ci avvilisce un po’.
Adesso Dini farà le sue proposte, ma non si sa nemmeno se i due senatori del suo partito lo seguiranno: per ora ha proposto un governo istituzionale, presieduto da Marini che ha respinto al mittente la raccomandata con ricevuta di ritorno a stretto giro di posta, dichiarandosi come per la verità ha sempre detto, non disponibile. Dini si dice liberaldemocratico e non si vede perchè debba fare un partito con le sue iniziali (LD) quando in Senato ci sono già dei liberali nei due poli, Zanone, da noi e poi Sterpa e Bondi con Berlusconi: non potrebbe dedicarsi a unificare quell’area? forse non è disposta a correre per lui, si vedrà.
Intanto è andata e questo va bene, speriamo che per ricaduta si plachino anche un po’ i mugugni contro la sinistra da sinistra e ci si prenda un po’ di tempo per ragionare. Lo sfondo politico è tempestoso e dico quello internazionale: Bush sia pure indebolito farà cose tremende nell’anno che ancora gli resta e Kossovo e Afghanistan sono pericolosamente da lui coinvolti. Se un pezzo del nostro contingente in Afghanistan è stato colpito, sia pure per fortuna senza conseguenze, in un assalto al treno da parte di Talibani alla frontiera con l’Iran, dobbiamo immediatatamente aprire le trattative col governo Karzai per ritirare le nostre truppe che non sono lì per fare la guerra nè per avvicinarsi pericolosamente al confine con l’Iran. E con gli alleati Nato e Usa dobbiamo proporre immediatamente l’intervento delle N.U. e una conferenza sull’intera area. Se qualcosa riuscirà a fermare la deriva verso la terza guerra mondiale sarà la politica, la diplomazia, l’economia, non certo le armi. Cedant arma togae, si ritirino le armi davanti alla politica, lo sapevano anche gli antichi romani che non erano colombe.



Sabato, 17 novembre 2007