15 gennaio 2008
Rientro dalla splendida esperienza abruzzese (Chieti e Pescara), arrivo a Roma per tempo lunedì 14 e trovo anche il
portatile rivisto e aggiustato dallapposito ufficio del Senato (sicchè dora in poi posso ricevere allegati) e mi preparo
a scrivere una lettera.
Ci ho pensato durante il percorso del ritorno, in una bella e fredda mattinata (alla partenza da Pescara 5 gradi e fino a
1, nei tratti di maggiore altitudine) in mezzo alle grandi catene appenniniche, Maiella e Gransasso e molte altre
innevatissime fino quasi alle porte di Roma, dove pian piano le schiene delle montagne appaiono spruzzate o pezzate di
neve, comunque molto più delle Alpi che ho visto tra Capodanno e lEpifania. E quando sono a Roma ho ormai delineato in
testa uno schema di esposizione, che sarà sul metodo delle iniziative e sul merito dei temi trattati. Non è una grande
invenzione teorica, ma spero che sarà utile e chiara.
A Chieti l11 mattina un dibattito nellaula magna di una scuola, dove erano convenute scolaresche di vari istituti e si
è presentato anche il sindaco: ma queste notizie le avete già da Luciano e quindi passo subito al metodo e al merito:
liniziativa è stata preparata con laiuto e per mezzo -direi così- di varie associazioni, attive in città, sicchè abbiamo
un primo ed efficace esempio di azione culturale e politica promossa da soggetti autonomi collegati tra loro, proprio quel
che a mio parere ci vuole di fronte alla crisi della politica per non scivolare nellantipolitica di massa o nella chiusura
a riccio partitica.
Nel merito si è visto che vi è una acuta sensibilità fra le ragazze per il linguaggio inclusivo e domande sono state
poste sulla laicità, sulla nonviolenza e sulla campagna vaticana contro la 194.
Nel pomeriggio in altra sede, il Museo di Scienze biomediche dellUniversità, un altro incontro rivolto alla
cittadinanza, pure costruito con la formula felice di "pool di associazioni politico-culturali in relazione con le
istituzioni": la cittadinanza ha mostrato gradimento (la sala colma con persone in piedi) e anche il dibattito, in parte
previsto (domande predisposte), in parte spontaneo (questo momento si sviluppa anche in una permanenza di crocchi dopo le
conclusioni) è stato molto buono.
Lindomani nel pomeriggio in una bellissima Book&Wine a Pescara, la formula è stata ricollaudata e a mio parere si può
dire che ha passato lesame. Ne sono molto contenta e ringrazio chi ha dato linput e ha seguito lo svolgersi
delliniziativa, sicchè ora ci metto su il "cappello" teorico da lungo tempo pensato sognato e agognato. Secondo me
comunque funziona e potrebbe essere lavvio di un tipo di riaggregazione, che andando contro la frammentazione mortale
della sinistra, via via costruisca una rete molteplice di soggetti politici, adeguata alla società complessa nella quale
viviamo. Evviva!
Alcune caratteristiche già emergono: si tratta di associazionismo politico-culturale autonomo, e di spazi pubblici
(scuole, università) e di esercizi economici di tipo non speculativo che in parte rinnovano la formula dei club, salotti,
osterie e caffè, luoghi cioè di esercizio della cittadinanza in forma ancora prioritaria rispetto all impegno partitico,
prioritaria e fondativa, intendo. Non uso per queste aggregazioni il termine riduttivo di "prepolitica": esse sono
associazioni politiche e praticano un esercizio della politica, che è fondato sui diritti della cittadinanza: essere
informata, controllare i mandati, consultarsi sul da farsi, insomma politicare senza ancora vincoli disciplinari, ma
invece costruendo relazioni responsabili e privilegiando linterlocuzione. Anche i luoghi conviviali che accompagnano
questo modo non sono un particolare insignificante, anzi. Come non lo è luso delle tecnologie informatiche per la
comunicazione veloce.
Anni fa, di fronte alla evidente crisi dei partiti (si parlava molto della "crisi della forma-partito") ho cominiciato ad
elaborare un possibile modello differente di azione politica. Premetto che considero il partito politico di massa una delle
più straordinarie invenzioni che siano esistite. Per questo è tanto difficile rimediare o tenere il passo o trovare forme
sostitutive quando entra in crisi.
Infatti il partito politico di massa (di sinistra o di centro o di destra) rappresenta un veicolo straordinario di
politicizzazione diffusa, di informazione orientata, di conoscenza del mondo. Come strumento di azione si connette con
unarea di movimenti rivendicativi, collegati e posti in posizione meno eminente, in una specie di gerarchia soft, ma
precisa. Questa gerarchizzazione tra partito e movimento viene dal fatto che tradizionalmente a sinistra si definì la
classe operaia per sè incapace di orizzonti politici (limite tradunionistico), sicchè per diventare soggetto politico
generale avrebbe bisogno della mediazione e direzione del partito. Sia pure con questa formula gerarchica che privilegia la
formazione di un ceto politico dirigente spesso non molto collegato alle masse che dirige, il partito di massa ha
esercitato una straordinaria funzione di pedagogia politica in tempi di scarsa scolarizzazione e organizzazione.
Tutto ciò premesso e affermato, oggi non è più così. La società è complessa, contro le idee generali è stata fatta una
lotta vitoriosa da destra, il programma pedagogico è andato perso e addirittura la memoria storica è confezionata da
altri, non ci sono più scuole di partito. Le ragioni sono anche molte altre, ma mi fermo qui.
Oggi la crisi di rappresentanza e direzione del partito è palese: sono cadute anche le tradizioni di onestà correttezza e
responsabilità tipiche della sinistra, è un fatto doloroso e sconcertante, ma vero. Non sto dicendo che invece nella
società tutto è limpido puro e disinteressato, non è possibile sostenerlo, una società limpida e disinteressata non
intreccerebbe relazioni spesso disoneste con i finanziamenti pubblici. Ma invece soggetti politici nuovi che vengono
costituendosi e costreundo culture politiche differenti, portano con sè anche forme diverse di organizzazione e di
controllo e -forse anche perchè sono allo stato nascente- sono meno legate a interessi consolidati e a pratiche disoneste.
Per conto mio dunque è necessario liberare il livello della cittadinanza da sudditanze partitiche, appoggiare la
costruzione e organizzazione di un assetto politico autonomo che esprime varie culture e pratiche e soggettività, insomma
dare vita a un nuovo blocco storico democratico, intrinsecamente democratico ed egualitario, non indistinto, ma molto
individuato e molteplice anche per forme di organizzazione e di insediamento sociale e culturale.
Lazione politica è complessa e tale deve rimanere resistendo a riduzioni autoritarie. Il partito rimane uno dei soggetti
che compongono il blocco o sottoscrivono il patto, in funzione di esperto delle istituzioni che colloquia alla pari con gli
altri soggetti organizzati e li adegua al livello della rappresentanza.
Sembra già deciso: è lunico argomento che interessa, non discutono daltro.
Infatti tornata a Roma ho trovato che la sinistra stava già litigando e dividendosi sulla legge elettorale, mentre il Pd
osserva che lui invece unifica anche culture politiche molto diverse. E suggerisce di imitarlo. Il fatto è che se Pd e Fi
restano gli unici punti di unificazione, lesito che propongono è il bipartitismo e non il bipolarismo, cioè lanticamera
della democrazia autoritaria, il nuovo fascismo, per di più clericale. Peccato!
Capisco che fare di tre o quattro partiti una sola forma vuol dire ridurre di molto i posti da dirigente e se poi pensano
che dovranno anche lasciarne la metà a donne, certo hanno incubi notturni. Ma pensino qualche trucco per contentare tutti e
possibilmente non scontentare troppo tutte, via!
Marted́, 15 gennaio 2008
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