<…> Gandhi e Dossetti Per continuare sul filo delle coincidenze, diciamo che laltro ieri, 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, era, indetta dalla Nazioni Unite, la giornata della Satyagraha, che è la ricerca gandhiana della verità e dellamore, altrimenti detta nonviolenza. Io ricordo la commozione di Dossetti, quando fece sosta presso la tomba di Gandhi a Nuova Delhi, durante un viaggio in India. Dossetti è uno dei maestri che sta nella nostra tradizione; e quella visita alla tomba di Gandhi non era solo un omaggio a un altro grande maestro, era stabilire una comunione, forse una preghiera in comune. Gandhi non è solo il liberatore dellIndia; prima ancora è stato difensore e redentore degli immigrati, quando egli stesso era immigrato in Sudafrica, e come avvocato indiano era considerato meno che niente. Gandhi lottò non solo per sé, ma per dare dignità e parità di diritti agli immigrati: ed è proprio lì, nel ricco e bianco Sudafrica nero che egli ha cominciato ad essere quello che poi sarebbe diventato . Perciò, amici, accogliete gli immigrati: perché in ogni immigrato che sbarca a Lampedusa o che viene dallEst ci potrebbe essere un Gandhi, ci potrebbe essere un liberatore del suo popolo o di molti popoli. Anzi è proprio questa la nuova obiezione di coscienza da fare, contro le leggi antixenite; e le chiamo antixenite, e non xenofobe, perché non sono affatto leggi dettate dalla paura, ma sono leggi dettate dal razzismo, dallodio e dal rifiuto, esattamente come lo erano le norme antisemite. Lobiezione da fare Questa è la nuova obiezione. In Italia non si può fare più lobiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, perché quando lobiezione passò da concessione del potere a diritto del cittadino, per buttare lobiezione buttarono via lesercito di leva. Non si può fare e non si deve fare lobiezione fiscale, perché quella lha fatta il governo, lha fatta la destra diffamando le tasse, definendo come un furto o come un borseggio ogni prelievo fiscale; lo ha fatto trasformando le elezioni in un referendum anticostituzionale sullICI; la destra non toglie le tasse, ma le delegittima, allo scopo di togliere allo Stato tutte le sue risorse, tutti i soldi per la spesa pubblica e così poter dire, per ragioni di cassa e non per ragioni ideologiche, che non si possono fare politiche sociali, che bisogna licenziare 87.000 insegnanti, che bisogna svuotare lIstituto superiore per la sanità, che non ci sono i soldi per i comuni, non ci sono soldi per salvare lAlitalia, non ci sono soldi per la cultura, per il teatro, per leditoria e così finalmente riuscire a chiudere anche Liberazione e il Manifesto. Lattacco della destra al denaro pubblico è un attacco al cuore dello Stato. Senza denaro, e sperperando il poco denaro che si ha, non vivono le città. Senza più soldi, dopo lamministrazione del dottore che cura Berlusconi, Catania era ridotta al buio e sepolta dalla spazzatura, anche se nessuno lo diceva e lo faceva vedere, perché non cera da far perdere a Prodi le elezioni. Allora lobiezione da fare, e che noi proponiamo, è quella contro le leggi ingiuste che vietano di dare ospitalità allo straniero. Nella nostra laicità, se cè una cosa che diciamo “sacra”, cioè che non si può toccare, è lospitalità: ma così è in tutte le culture, o almeno lo era. Noi dobbiamo fare obiezione ospitando e dando asilo agli stranieri come facemmo ospitando gli ebrei nelle nostre case e nelle nostre chiese quando, altrettanto come ora, lospitalità era un delitto. Naturalmente non vi chiediamo di fare unobiezione spericolata, rischiando di farvi confiscare le vostre case come minacciano le leggi razziali del governo. Lart. 5 del decreto legge sulla sicurezza che introduce nella legislazione sullo straniero la norma anti-ospitalità, dice che si commina la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la confisca dellimmobile a chi dà alloggio a uno straniero irregolare “a titolo oneroso al fine di trarne ingiusto profitto”. Dunque per fare obiezione senza esporsi alla vendetta penale, basta ospitare lo straniero gratuitamente e senza “ingiusto” profitto, magari premunendosi col farne apposita dichiarazione presso un notaio. Così la norma finirà per colpire solo quelli che speculano sulla pelle dello straniero.
La patria è al di là del confine Ma perché è così importante il rapporto con lo straniero, e non solo in Italia? Perché il problema globale e imprescindibile di oggi è la riconciliazione di tutti i popoli che sono luno allaltro stranieri; il problema è che ciascuno ritrovi la sua patria, ma la trovi oltre i suoi confini, al di là del fiume, là dove sono altri uomini e donne, altri figli e figlie come lui; se questo non si farà, non ci sarà pace sulla terra, e forse un giorno non ci sarà nemmeno la terra. È stato dato già 2000 anni fa lannunzio della caduta del muro tra giudei e greci, cittadini e barbari, romani e Sciti; è venuto il momento di dare attuazione a questo annuncio. Se non fa questo, la politica è perduta. È perduta in America, è perduta in Europa, è perduta in Israele. Un barlume di luce è venuto in questi giorni da Israele quando il primo ministro uscente, Olmert, per la prima volta ha detto che non esiste lipotesi del grande Israele, dal mare al Giordano; che se Israele vuole rimanere uno Stato ebraico, e non divenire uno Stato in cui gli ebrei siano una minoranza, deve contrarsi per far posto accanto a sé a uno Stato palestinese; e per questo è stato presentato alla Knesset un disegno di legge che offre forti incentivi economici ai coloni ebrei insediati nei territori occupati, perché rientrino dentro i vecchi confini di Israele del 1967. Ciò significa dire: fin qui abbiamo sbagliato. È la rottura di un tabù, riguardo alla terra - Eretz Israel - finora vissuto in Israele come un assoluto religioso. Ma se non si rompe questo tabù, non cè alcuna soluzione per la questione palestinese (vedete fin dove arriva la laicità!); e se le religioni per prime non tolgono la copertura religiosa alle sacre are, ai sacri fiumi e ai sacri confini della Patria, ancora di più i popoli si contrapporranno gli uni agli altri, gli Stati gli uni agli altri e le culture le une alle altre, e non potrà esserci pace, e nemmeno diritto, e quindi nemmeno politica, su scala mondiale. Perciò è importante lobiezione di coscienza che nega obbedienza a tutto ciò che è contro la straniero, che si tratti di armi o di basi offensive, di leggi, di sanzioni o di dazi, di apartheid e di sfruttamento. <…>
Come ristabilire il legame sociale, la “colla” E così veniamo alla nostra iniziativa, perché è sorta e perché ha osato presentarsi con questo nome: per giustificarne lesistenza basterebbe questo compito, che è di lottare per lunità internazionale, politica, pacifica, della intera famiglia umana. Mai lumanità è stata così divisa come in questi tempi di globalizzazione. E questo ci getta nel cuore della crisi di oggi, una crisi che non è solo nostra, ma di tutti, non è della nostra o di altre nazioni, ma è una crisi globale. Il Dio Mammona ci sta per tradire. Non solo cè la crisi della speculazione finanziaria che dai santuari dellAmerica e dellInghilterra si sta diffondendo in tutto il sistema, e anche da noi. Come dice Jeremy Rifkin ci sono tre crisi: la crisi del credito, perché si tratta di ripianare venti anni di spese pazze fatte con denaro virtuale, la crisi energetica perché il petrolio è agli sgoccioli, e la crisi del riscaldamento climatico, contro cui nessuno sa cosa fare. Sono tre elefanti, dice, che si muovono tutti e tre in una piccola stanza, con effetti devastanti. Occorre una riforma radicale del sistema (v. Repubblica del 30 settembre 2008, pag. 9). Come riconoscono ormai anche i più accaniti fautori del mercato, è la crisi della stessa globalizzazione e dellattuale modo di produzione e di sviluppo. Ma al di là dellordine economico, la crisi investe lintero sistema delle relazioni umane. Come interpretare questo tempo della crisi? Io ricordo che proprio Dossetti, osservando lo stato del nostro Paese e del mondo, disse una volta: non cè più la colla. Cioè non cè più il legame sociale che fa stare insieme sistemi complessi. E infatti se noi guardiamo alle radici più profonde della crisi, noi vediamo che esse stanno in questo venir meno della capacità, della voglia e della gioia di vivere insieme, che è ciò in cui consiste la comunità politica, la polis. E infatti non ci sono più o sono stati licenziati i grandi strumenti di aggregazione. Qualificandole come obsolete, sono state licenziate le ideologie. Come troppo invadenti sono stati licenziati i partiti. La scuola è rovesciata in azienda, per liquidare, come si dice esplicitamente, don Milani; il movimento della pace non può più nemmeno esporre in pubblico le proprie bandiere; la Chiesa si mobilita per battaglie certamente legittime, ma che non aggregano e anzi dividono; la Costituzione, fatta a pezzi, non è più la casa comune di tutti gli italiani; e sul piano internazionale il diritto è abbandonato, le Convenzioni di Ginevra sono ricusate, lONU vilipesa, le regole non ci sono più. “Deregulation” è stata lultima e definitiva ideologia del Novecento. È come se avesse vinto l”anomos”, come lo chiama San Paolo, luomo senza legge, senza diritto, quello che annuncia la catastrofe; e lunica idea, disperata, che sono stati capaci di avanzare finora i grandi poteri sovrani, è di risolvere tutto con la guerra. Che fare invece per ridare una chance alla politica? Che fare per ristabilire il legame sociale, per ritrovare la colla, per prendere le vie della giustizia, prima di rotture irreparabili, prima che lamore finisca? Molti tentativi di riaggregazione sono finora falliti. E perciò abbiamo detto: proviamoci come cristiani. Proviamoci come cristiani, con tutti gli altri che sono per la giustizia Sappiamo che è una cosa temeraria. Perché giustamente non si usa più mettere la religione in mezzo alle cose politiche, perché ciò appare in contrasto con la laicità, e di fatto lo è, se a farlo sono le Chiese. Ma soprattutto è una cosa temeraria perché non impunemente ci si può dire cristiani; è un nome che non ci decora, ma che ci giudica, e richiederebbe da chiunque accetti di unirsi a questo titolo una capacità superiore di indignazione e di mitezza, di coraggio e di pazienza, di intransigenza e di indulgenza, di cui non so se tutti saremo capaci. Sicché si è molto discusso durante lestate e fino ad ora se dovessimo mantenere la dizione “sinistra cristiana” che stava in testa al nostro manifesto. Molti dicevano di no, perché cristiane si possono dire solo le persone, non è unetichetta da mettere alle cose; ed avevano ragione. Molti dicevano di sì, perché rispetto a ciò che volevamo evocare con questa parola non cera un altro nome superiore a questo nome, ed avevano ragione. Molti erano incerti, ma ricordavano le ferite profonde e le cicatrici lasciate nella storia dallassociazione della parola cristiana con democrazia, o dal dire cristiana una società, una politica, una dottrina sociale, ed avevano ragione. Allora mi è tornato alla mente un apologo che Leonardo Sciascia ci raccontò nella Commissione parlamentare sul caso Moro, quando non si riusciva a venire a capo di quanto era accaduto e a stabilire la verità politica di quel delitto. Cerano tre discepoli, disse, che andarono da un maestro per sottoporgli una loro disputa, e chiedergli chi di loro avesse ragione. Il primo espose la sua tesi, e il maestro gli disse: figliolo, hai ragione. Il secondo gli espose la tesi opposta, e il maestro gli disse: figliolo, hai ragione. Allora il terzo obiettò dicendo: non è possibile che tutti e due abbiano ragione. E il maestro disse: figliolo, anche tu hai ragione. Questo vuol dire che la verità cè, contro ogni relativismo, ma non subito si trova. Così abbiamo mantenuto la dizione sinistra cristiana, aggiungendo però, perché nessuno si sentisse escluso (nessun ebreo, nessun musulmano, nessun ateo): Laici per la giustizia. Non abbiamo inteso dare una soluzione teorica alla disputa, né pretendiamo indicare un modello normativo sul giusto rapporto tra fede e politica e sui nomi che deve avere. Però non abbiamo voluto che labbondanza delle analisi fosse di paralisi per lazione, e abbiamo tenuto questo nome perché giustamente non abbiamo trovato sinonimi o parafrasi: è vero che cristianesimo ha molti significati; però è anche vero che cè qualcosa che può essere definita solo con questo nome; e abbiamo visto che proprio questo nome dava la speranza di qualcosa di nuovo; e abbiamo capito che se cadeva il nome cadeva anche la cosa. La motivazione più umile e persuasiva, per prendere questo nome, è che si tratta di fronteggiare una situazione di emergenza. In tempi normali non lo avremmo adottato, ma qui si tratta di fare appello a tutte le risorse interiori, a straordinarie risorse di amore e di sacrificio, come diceva Claudio Napoleoni, e fare appello a tutte le energie, anche a quelle nascoste, a quelle non ancora esperite né chiamate in causa esistenti nella società e che magari, fuori della politica, sono allopera nei girotondi e nei movimenti, nel terzo settore, nel volontariato, nella cosiddetta società civile; e forse con questo nome lo si può fare. Può darsi che ci sbagliamo. Ma questa non è la proposta di una ideologia, tanto meno è la rivendicazione di una identità; è il ricorso a un rimedio: un pharmacon, come ha detto qualcuno. Un antidoto alla frantumazione sociale, in funzione di unità, e un antidoto anche allappropriazione strumentale della fede, di cui la destra al potere fa largo uso, lei con i suoi atei devoti. Il pharmacon per gli antichi era insieme medicina e veleno. Lantidoto reca in sé una particella della tossina che vuole combattere. Non ci vogliono certezze, ci vuole umiltà per correre questo rischio. Si tratta di una convocazione alla giustizia, dei cristiani che come tali sono laici, e dei laici anche se non sono cristiani. Non tanto per un incontro tra loro (questo già avviene in molti altri luoghi, ad esempio nel Partito democratico) quanto per dare aiuto allincontro degli altri, per mettersi al servizio della società tutta intera, per rimettere in funzione quella colla che si è perduta, e che il denaro non è riuscito a rimpiazzare. Se deve essere, come abbiamo detto, un “Servizio politico”, questo è nella direzione di una mediazione alta, che non è né il dialogo che un giorno si fa e laltro si nega, né laccordo tattico che snatura i contraenti, né il compromesso deteriore; ma è lo sforzo di promuovere i modelli sociali più alti, le soluzioni più attente agli interessi e ai valori di tutti; una mediazione alta, proiettata sulle cose da fare, nella quale ogni singola parte possa trovare una ragione e crescere essa stessa.
<…> Raniero La Valle Per informazioni: http://www.sinistracristiana.net/Articolo tratto da:
FORUM (110) Koinonia
http://www.koinonia-online.it Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046
Mercoledì, 08 ottobre 2008
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