Poesie scritte tanti anni fa per una donna che mi ha confidato la violenza subita e alcune scritte questanno Rosangela Pesenti
Sulla violenza alle donne 1977 Sto rattrappita ai margini del tempo lunghe parole mi percorrono sotto pelle luoghi ignoti rabbrividiscono i miei pensieri Sulla strada un lampo ha separato luniverso. Ci sono radici che affiorano quando la nostra terra è violata lunghe cicatrici che percorrono la nostra vita dove un tempo avevamo sepolto speranze Tracciano il solco di ferite che non lasceremo lungo i rimpianti della memoria Lunghe radici che ancora ci consentono la primavera Ho paura quando le strade della memoria denudano il mio corpo giovane contro la luce livida di una notte ansimante e feroce Così mi porto questa ferita nei giorni che nessun sole riesce a scaldare dentro il tremore che un gesto ha incrinato su di me per tutto il sempre possibile e futuro ---------------------------- 2007 La città è un profilo di fumo su cui germogliano esili antenne nell’alito rosato del crepuscolo i pensieri s’allungano come dita invisibili sulla tastiera dei giorni nuove melodie risuonano infilandosi tra note dimenticate Il tempo è un baluginio d’infinito tra gli occhi e l’aldilà della strada Rosso un maggiolino procede verso una goccia di rugiada in cima a un filo d’erba non sete lo guida ma l’arcobaleno che brilla nel precario diamante del mattino lui è un puntino rosso di speranza mentre il sole cambia una lacrima in giada e poi ancora un’ametista violetta e una pietra turchina e smeraldo in cui specchia una farfalla l’ala nella sua breve danza e insieme per l’infinito di un momento s’incontrano due antenne vite di diversa sostanza e la scoperta vale per un tempo che riscatta ogni altro male, la bellezza dell’alba. Ho messo un segnalibro tra i pensieri per separare i bianchi, i grigi, i neri di scriverli non ho voglia seguo il ronzio di un’ape mi trascina oltre la soglia lascio un fermacarte colorato per quelli che volano leggeri di peso come il sasso che basta alla tovaglia sotto il pergolato dove la sera accendiamo i ceri i fili d’ombra nuova nel giardino confondono i sentieri alle formiche mi chiedo dove sia il loro riparo quale sia il buco del terreno a cui tornano come le navi al faro m’incantano i colori della sera che indovino nel giorno poco a poco così anche il dolore si fa fioco e si consuma la vita come cera. C’è un vuoto piccolo senza luce o rumore scavato dal tumore dentro il seno meno del buio ambiguo di un’ostrica appoggiato appena sopra il cuore una striscia sottile di ceralacca a suggello del futuro che non temo Immagino le cuciture e i nodi il taglio è di alta sartoria ricorda la traccia lieve di un fossile che nella morte insegna la via Aspetto che dal buio misterioso delle mie cellule impazzite nasca un gioiello, un tesoro che diventino ricamo tutte le invisibili ferite una mappa di filigrana d’oro, che una notte una fata pellegrina lasci nel vuoto del mio seno una perla una luce che riscatti la mia vita come laurora una qualsiasi mattina mi basta anche un biglietto, un promemoria di quella forza che a ogni giorno rimette sulle spalle la sua gerla
Domenica, 25 novembre 2007
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