Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione.
La libertà e la dignità non sono privilegi, sono il diritto di nascita di ogni persona. Giustizia ed equità non sono
ideali, sono i fondamenti di una società civile. Sfortunatamente, questi diritti non ci vengono dati liberamente.
Sfortunatamente, devono esseri conquistati da uomini e donne di coraggio. Ogni giorno nel mondo migliaia di individui,
alcuni noti ma molti di più del tutto anonimi, mostrano straordinario coraggio nel perseguire l’ottenimento del nostro
comune diritto di nascita. Ogni anno, Human Rights First conferisce i suoi premi per i diritti umani allo scopo di onorare
il lavoro di questi straordinari individui.
Nel 2001, Fariba Davoodi Mohajer, famosa giornalista ed attivista iraniana, fu arrestata all’interno della propria casa e
picchiata di fronte ai suoi bambini. Fu imprigionata e interrogata per quaranta giorni, bendata, in isolamento in una
località sconosciuta. Il suo crimine: aver scritto articoli e parlato nelle università della serie di omicidi di
intellettuali nel suo paese, e l’aver chiesto riforme politiche e diritti per le donne in Iran. Fu processata e condannata
a due anni di prigione, poi la sentenza fu sospesa. Da allora, Fariba ha scritto per una lunga serie di pubblicazioni che
sono state via via bandite, ha guidato un gran numero di gruppi per il cambiamento sociale, ed è divenuta una delle
organizzatrici del crescente movimento delle donne iraniane.
Nel 2006, quando centinaia di donne scesero nelle strade a chiedere la propria uguaglianza di fronte alla legge, Fabira fu
di nuovo arrestata, e poi rilasciata dietro cauzione. Ne’ lei ne’ le altre donne si scoraggiarono. Decisero che poiché si
proibiva loro di dar voce alle proprie opinioni come giornaliste, avvocate, giudici o politiche, e di manifestare
pubblicamente, avrebbero contattato le altre donne porta a porta, una casa dopo l’altra, per informarle sulle legge che
violano i loro diritti umani di base. Questo sforzo, chiamato “La Campagna per un milione di firme”, ha attirato
l’attenzione all’esterno e all’interno dell’Iran, ed è divenuto il movimento riformista più partecipato in Iran oggi.
Parlare a voce alta per i diritti delle donne, in Iran, è pericoloso. Fariba racconta la storia di una delle sue colleghe
che è stata pesantemente picchiata dalla polizia all’atto del suo arresto, solo per essere picchiata di nuovo dal padre
quando è stata rilasciata. Questo è un esempio che indica come le donne subiscano violenza nella società e nelle loro case.
In un clima di repressione, che è pericoloso per chiunque critichi apertamente il governo, le donne come Fariba devono
affrontare numerosi ostacoli sia nella sfera privata che in quella pubblica.
Il 18 aprile 2007, in un processo a porte chiuse al quale Fariba non era presente, un tribunale iraniano l’ha condannata
per “violazione della sicurezza nazionale” in relazione al suo ruolo durante le proteste del 2006. La sentenza è stata di
quattro anni di prigione. Fariba, che si trova all’estero, spera di ritornare in Iran nei prossimi mesi, anche se questo
significherà affrontare la galera.
“Questa è la nostra linea di difesa: se prendete queste donne, ce ne sono altre dietro di loro. Noi saremo qui, e voi
udrete le nostre voci. Il governo deve capire che è naturale, per una donna, dire quello che pensa. La forza del movimento
delle donne sta nel fatto che non hanno paura di quel che può capitargli dopo.” Fariba Davoodi Mohajer, 17 marzo 2007
Human Rights First
(Potete avere maggiori informazioni e vedere il video della consegna del premio su:
www.humanrightsfirst.org)
Lunedì, 03 dicembre 2007
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