“Sono indipendenti, crescono da sole. Sono un po anarchiche, vanno dove vogliono e non si lasciano comandare. Sono robuste e irriverenti, non cercano complimenti e ignorano ladulazione. Si offrono naturalmente allutilizzo di ogni vivente, allo sguardo, allolfatto, al gusto, al calpestio.
Sono libere e liberamente disponibili, non hanno prezzo.
Sono come laria, come lacqua libera, come il mare aperto, non hanno padroni: sono beni comuni”.
In questo modo il messaggio intrigante e provocatorio contenuto nel titolo si aggira tra le pagine del libro, insinuandosi tra nozioni di botanica, richiami alla filosofia della natura, preparati erboristici, gustose ricette e suggerimenti per un giardino poco conformista. Ed il lettore, di pagina in pagina, mentre apprende rimedi erboristici ed impara sfiziose ricette gastronomiche, viene indotto a rielaborare il punto di vista comunemente negativo verso le “malerbe” ed a ripensare le categorie tradizionali che includono persino i canoni estetici nelle logiche del mercato.
Nota introduttiva Questo libro nasce un po per gioco, quel tipo di gioco che ha come suo ingrediente base la scommessa. La scommessa è quella di vincere il pregiudizio, frutto e segnale di un modo di produzione del potere che si concretizza in un determinato stile di pensiero, spesso trasversale alle classi sociali, alle convinzioni politiche e religiose e, in buona parte, anche al genere. Vi chiederete: ma che centra questo con le erbe? Ebbene, centra moltissimo. Centra perché il rapporto dellessere umano con la natura riflette il modello di pensiero e di comportamento che riguarda, in modo sostanzialmente uguale, gli altri aspetti della vita, a partire dall emarginazione di ciò a cui non viene dato valore economico. “È più facile spezzare latomo che il pregiudizio” ci dice Einstein, e ce ne accorgiamo non appena mettiamo in discussione una convinzione consolidata, non importa se supportata o meno da verità dimostrabili. Questo libro, trattando delluso erboristico ed alimentare di alcune erbe spontanee, odiate perché infestanti, proverà a vincere il pregiudizio che le vuole brutte oltre che dannose, mostrando che la prospettiva da cui muove losservazione cambia la percezione delloggetto. Tradizionalmente, le donne che conoscono ed usano le erbe, vengono inserite nella categoria delle streghe o, più banalmente, in quella delle massaie. Gli uomini che conoscono e usano le erbe vengono invece inseriti nella categoria dei botanici o in quella degli erboristi. Se ci si ferma a riflettere sul potere delle parole ci si accorge come queste possano formare una gabbia entro cui vengono rinchiusi i pensieri. Ecco perché, in questo libro, viene analizzato il linguaggio dei più comuni manuali di giardinaggio, quelli che si acquistano in libreria, ma anche in edicola o sulle bancarelle, entrando in ogni casa quasi quasi come la televisione e pian piano, anche senza intenzione, fanno passare la convinzione che è bene chiudere la porta alle erbe “clandestine” pericolose e invadenti, lasciando libertà di soggiorno nei nostri giardini o nei nostri balconi solo a quelle che, muovendo denaro, fanno crescere il pil e facendo crescere il pil diventano anche preziose e, quindi, belle. Se la moda cambia, le clandestine vengono “legalizzate”, ma il dispositivo teorico rimane lo stesso! Il libro si divide in due parti, la prima affronta i caratteri generali, mentre la seconda analizza dieci piante diffuse nella fascia mediterranea. Per ciascuna di esse vengono spiegate le caratteristiche botaniche ed officinali e le preparazioni erboristiche di uso curativo, viene inoltre spiegato il funzionamento degli organi del corpo umano su cui la droga erboristica produce il suo effetto ed infine vengono fornite delle ricette gastronomiche. Il principio che ha guidato alla scelta delle dieci piante è stato quello del loro essere considerate dannose e antiestetiche in quanto infestanti, ma erboristicamente utilissime, anche se non inserite tra le erbe comunemente definite officinali e quindi, in qualche modo protette. Le foto che sono state inserite nel testo ritraggono le piante infestanti (compreso un albero imponente) nel loro aspetto ordinario, non sono cioè foto artistiche tendenti a magnificare qualche caratteristica particolarmente gradevole. Al contrario, si è voluto mostrare il soggetto così comè e, se il libro vincerà la scommessa per cui è stato scritto, sarà lo sguardo della lettrice e del lettore a farsi diverso e a dare unaltra luce a queste “erbacce” di cui, forse con un po di stravaganza, si tesse lelogio.
Patrizia Cecconi
Lautrice Di formazione socio-economica, ha insegnato per molti anni economia negli istituti superiori. Si è poi avvicinata al mondo vegetale per passione ed ha scoperto che ad esso vengono spesso applicati gli stessi meccanismi che guidano le scelte economiche e, conseguentemente, gli stessi pregiudizi che affliggono le società umane. Nel 2006 ha costituito unassociazione culturale attraverso la quale propone iniziative di educazione ambientale. Iniziative che spaziano dai corsi sulla valorizzazione e luso pratico delle erbe spontanee agli incontri per costruire lhumus per una diversa economia, il tutto seguendo un filo verde che fa delle sue “erbacce” una chiave di lettura per un modello sociale in cui ci sia spazio per ognuno e in cui il bello e lautorevole non abbiano come unica coniugazione la moneta e lassoggettamento acritico al potere.
“Belle e selvatiche” - Patrizia Cecconi - Chimienti editore
Venerdì, 31 ottobre 2008
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