Di mala voglia entro (fuggevolmente) nello stantio battibecco Resistenza e Fascismo “male assoluto”. Purtroppo ne ho il dovere perché io cero, ma ancora di più perché coltivo il Progetto di Giornalismo di Pace per illusorio che sia. Mi chiedo come conciliano i molti che condannano il Fascismo con il non condannare al contempo il Comunismo staliniano al cui confronto il Fascismo appare ed era una viola mammola? Si ritiene possibile pensare a uno Stalin dalla verginità politica rifatta per essersi trovato dalla parte giustamente vincente? E lecito dimenticare il periodo subito precedente in cui Stalin flirtava con Hitler concertando la spartizione della Polonia, o, ancora di più, passare sotto silenzio la dittatura del terrore da lui instaurata costata la vita a trenta milioni di piccoli proprietari terrieri, i kulaki, o la delazione a tappeto anche tra familiari come unica via di salvataggio dal gulag, o la Psichiatria di Stato cui erano sottoposti i dissidenti fino allannichilazione? E come conciliano questi molti la condanna insistente senza appello e senza distinguo di sorta del Fascismo come male assoluto con lidea e laspirazione della e alla Pace di cui fanno di sicuro in buona fede ininterrottamente un gran parlare? Come può un Veltroni non interrogarsi sullinopportunità ingenerosa di non partecipare alla commemorazione della Shoà a causa della presenza di La Russa colpevole daver sostenuto la buona fede e gli ideali dei “repubblichini” di Salò? E Napolitano? Con il Suo eloquio sapiente ed equilibrato, cerca di salvare “capra e cavoli” con un apprezzabile sincero dire e non dire ma comprensibile a chi vuole capire, non potendo, Lui onesto di sinistra, sia pure apparentemente dirottare dallassioma che alla Resistenza si deve la conquista della Democrazia. Ciò che tecnicamente è vero, senza però dimenticare che a nulla avrebbe servito la Resistenza senza gli alleati liberatori. Come è possibile che noi tutti non ci arrendiamo allidea che qualsiasi enfasi eccessiva unilaterale provoca reattivi sentimenti esasperati negli eredi di chi ha vissuto e dolorosamente pagato la difficile e assai confusa realtà dellepoca rimanendo dalla parte sbagliata? Come è possibile mettere in esagerata evidenza linnegabile eroismo dei veri partigiani che hanno sì sfidato la deportazione e la morte ma con un margine di speranza consapevoli dessere a due passi dalla definitiva vittoria, e non ammettere laltro eroismo quello di comportarsi secondo criteri di fedeltà ( senza forse aver capito che non era più dovuta) senza alcun spiraglio di salvezza ben sapendo dimmolarsi a una assai prossima inevitabile sconfitta.? Chi non ha vissuto quelle vicende non può valutare in quale marasma fosse caduta lItalia tra le due liberazioni, e neppure quanto fosse generalmente stimato il Fascismo prima che scoccasse il delirio imperiale e la fatale amicizia con Hitler. Allepoca gli Italiani in genere e non soltanto i troppi analfabeti conoscevano soltanto un tipo di politica, quella del patriottismo.
Quando la cronaca mi fa toccare con mano le reciproche violenze tra gli estremisti di destra e di sinistra mi sanguina il cuore. Si sarebbero potuti prevenire evitando eccessi celebrativi e eccessi giustizialisti. A questo proposito mi meraviglia che la Scuola che ha in primo piano il proposito di combattere il bullismo e la violenza in genere, non richieda per lassunzione dei docenti il requisito di non essere ideologizzati. Come? Con un giuramento. E se non lo rispettano? Potrei rispondere ma preferisco per ora fermarmi allidea; forse anche solo lidea può far germogliare nella coscienza di molti la responsabilità della Scuola e delle Università nel perdurante protagonismo del linguaggio della violenza. Cosa del resto ben nota.
Per maggiore chiarezza riferisco a memoria una valutazione della Resistenza di Giorgio Bocca; unopportunità politica da cogliere per inaugurare una vera democrazia e per evitare di fare dellItalia un Paese occupato per chissà quanti anni dai vincitori, molto probabilmente Sovietici.
Ai miei occhi - pur sapendo di poter essere in errore- la politica è sempre schiava dellambiguità, pochi sono i casi di trasparenza, lintreccio tra il giusto e la convenienza è intimamente tessuto. Non che manchino gli ideali, ma questi sono soprattutto alimenti per i popoli, chi regge le loro sorti non può cedere a sentimenti sorta, anche se sbandiera, a volte sinceramente, credibili intenzioni idealistiche. Ma questo è un altro difficile argomento che sto per affrontare nel mio “Giornalismo di Pace”.
Gloria Capuano 9 settembre 2008
Mercoledì, 10 settembre 2008
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