Da: nonviolenza-request@peacelink.it per conto di Centro di ricerca per la pace [nbawac@tin.it] Inviato: lunedì 26 maggio 2008 11.33 A: nonviolenza@peacelink.it Oggetto: Coi piedi per terra. 100 =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 100 del 26 maggio 2008 In questo numero: 1. Un ringraziamento 2. Guido Viale: Rifiuti 3. Luciano Gallino: Cosi' l'Occidente produce la fame nel mondo 4. Gianni Mattioli e Massimo Scalia: La favola atomica 5. Franca Ongaro Basaglia: Il sale della terra 6. Vandana Shiva: Economie di vita 7. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. INIZIATIVE. UN RINGRAZIAMENTO Per inizativa del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo si e' svolta domenica 25 maggio 2008 una passeggiata nei luoghi d'interesse naturalistico e storico-culturale che l'eventuale realizzazione di un mega-aeroporto devasterebbe irreversibilmente. All'iniziativa hanno preso parte tante persone che tutte ringraziamo. Nel prossimo numero del notiziario riporteremo un ampio resoconto. 2. RIFLESSIONE. GUIDO VIALE: RIFIUTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 maggio 2008 col titolo "Rifiuti. L'ideologia del sacro fuoco". Guido Viale e' nato nel 1943, e' stato uno dei leader della protesta studentesca nel '68, lavora a Milano, si occupa di politiche attive del lavoro in campo ambientale, fa parte del Comitato tecnico-scientifico dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa). Opere di Guido Viale: segnaliamo particolarmente Il Sessantotto, Mazzotta, Milano 1978; Un mondo usa e getta, Feltrinelli, Milano 1994, 2000; Tutti in taxi, Feltrinelli, Milano 1996; Governare i rifiuti, Bollati Boringhieri, Torino 1999; A casa, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2001; Vita e morte dell'automobile, Bollati Boringhieri, Torino 2007] Nessuna novita' di rilievo, rispetto alle anticipazioni, nelle notizie relative alla strada scelta dal governo Berlusconi per portare la Campania fuori dall'emergenza rifiuti. Si continua a ritenere che gestire i rifiuti, anche in situazioni di crisi estrema come quella campana, si riduca a costruire degli inceneritori e aprire delle discariche: la stessa idea che era alla base del Piano Regionale varato 14 anni fa dalla Giunta campana di Rastrelli - e poi confermato da Bassolino e dagli altri commissari - che prevedeva la costruzione di ben 24 inceneritori. Che poi sono stati ridotti a 13, poi a 3, poi a uno solo - ma di dimensioni immani - mentre nel frattempo, in attesa di accendere il loro fuoco purificatore, non si e' fatto altro che cercare siti vecchi e nuovi per aprire o riaprire discariche dove sotterrare la montagna crescente dei rifiuti che ogni giorno la regione produce, e che ogni giorno si accumula o riaccumula sulle strade. Di fonte a questo, la soluzione proposta dal governo si articola in quattro punti. * Piu' inceneritori Quattro inceneritori, e non piu' solo tre: a quello mai finito di Acerra si dovrebbero aggiungere quelli gia' programmati di S. Maria La Fossa e di Salerno e un quarto a Napoli. Dei nuovi impianti non e' stata comunicata la capacita'. L'inceneritore di Acerra ha una capacita' di 700.000 tonnellate all'anno di Cdr. Se i tre nuovi inceneritori fossero altrettanto grandi, si arriverebbe a quasi tre milioni di tonnellate: piu' di tutti i rifiuti prodotti dalla regione in un anno. Se, piu' sensatamente, avranno un terzo o poco piu' di quella capacita' - diciamo 250.000 tonnellate/anno ciascuno - e quello di Acerra, posto che si riesca a farlo entrare in funzione, lavorera' alla meta' della sua capacita' teorica, avremmo comunque un potenziale di oltre un milione di tonnellate/anno. Poiche' il Cdr e' meno della meta' della frazione indifferenziata trattata, questo vuol dire che tra quattro anni, quando nella migliore delle ipotesi i nuovi inceneritori entreranno in funzione, la raccolta differenziata della regione non dovra' superare le 6-700.000 tonnellate/anno: cioe' poco piu' del 20%. La legge prescrive di raggiungere l'obiettivo del 40% entro quest'anno e del 60% entro il 20011. E' una legge fatta dal precedente governo Berlusconi, (Dlg. 152/06), mentre la nuova direttiva sui rifiuti dell'Unione Europea prescrivera' di arrivare almeno al 50% di recupero di materia, obiettivo per raggiungere il quale bisogna pero' realizzare almeno il 60% di raccolta differenziata. Quindi, se il governo non intende violare in Campania le sue stesse leggi, il Cdr per alimentare i nuovi inceneritori dovra' arrivare da fuori regione. Oppure si pensa di bruciare in questi inceneritori anche i sette milioni di tonnellate di ecoballe (grazie a un'ordinanza varata in articulo mortis dal governo Prodi) che si e' gia' dimostrato impossibile smaltire in altri inceneritori. Sempre grazie a un'altra ordinanza finale del governo Prodi, gli inceneritori campani continueranno a godere del famigerato Cip6; il che, negli otto anni di vigenza dell'incentivo, corrispondera' a un esborso a favore dei gestori da uno a due miliardi di euro, a seconda della effettiva capacita' installata. Il tutto a spese delle utenze elettriche; e poi ci si lamenta che in Italia l'energia costa troppo. Per costruire i nuovi inceneritori rispettando le prescrizioni di legge ci vogliono almeno quattro anni. Nel frattempo dovranno lavorare a pieno ritmo le nuove discariche. Ma il governo intende attivare delle procedure accelerate per ridurre i tempi. E' una strada decisamente sconsigliata: la ha gia' seguita una volta la giunta Rastrelli, la cui commissione valutatrice ha assegnato l'inceneritore di Acerra a Impregilo (il progetto tecnicamente peggiore tra quelli in gara) perche' il gruppo si era impegnato a realizzarlo in 300 giorni. La conseguenza e' che siamo ancora li' e, per metterlo a norma, ci vogliono altri 150 milioni di euro: quasi il costo di un inceneritore nuovo. E non e' detto che funzioni. * Otto discariche Otto siti per aprirvi nuove discariche "semisegrete"; per difendere cio' che vi viene fatto dentro provvederanno l'esercito e l'inasprimento delle pene per chi si oppone: una soluzione che verosimilmente verra' applicata anche a chi contrastera' i piani di incenerimento. Cosi' l'"ambientalismo del fare", che negli ultimi mesi si e' speso per promuovere l'incenerimento assai piu' che la raccolta differenziata o la riduzione alla fonte, per non parlare del trattamento meccanico biologico del residuo indifferenziato, che potrebbe ridurlo quasi a zero, puo' celebrare i suoi trionfi. A condizione che a proteggerlo ci sia l'esercito. * Zero differenziata Niente sulla raccolta differenziata. Ne ha parlato il ministro Prestigiacomo, peraltro esclusa dalla competenza sulla materia, che e' stata consegnata alle cure del "nuovo" sottosegretario Bertolaso, che da Commissario straordinario non era riuscito a far valere le sue doti organizzative. Resta fermo il dettato del Commissario attuale: i comuni che non hanno presentato un piano per la raccolta differenziata (ma quanta? e con che risultati?) verranno commissariati e sanzionati. Ma per fare la raccolta differenziata non basta un piano: quelli consegnati al Commissario dagli oltre 500 comuni campani sono in gran parte inutili pezzi di carta. Ci vogliono risorse materiali (mezzi e uomini), strutture organizzative e competenze tecniche oggi in gran parte inesistenti e, soprattutto, un rapporto stretto tra i cittadini e le loro amministrazioni: tutte cose ancora in gran parte da costruire; assecondando i comuni piu' virtuosi e facendo far loro da traino a quelli inefficienti. Proprio quello che la gestione commissariale, sempre in attesa del fuoco purificatore, non si e' mai sforzata di fare, perche' e' un processo che richiede l'attivazione di tutte le risorse inutilizzate o latenti di un territorio, che non si comandano dall'alto. Questa si', sarebbe una politica del "fare": una politica che pero' ha sistematicamente trovato di fronte a se' un "no" inespresso, ma non per questo meno efficace, di chi era in attesa del fuoco salvifico dell'inceneritore. I risultati di questa attesa sono davanti agli occhi di tutti. * Sprechi a pioggia Niente sulla riduzione dei rifiuti alla fonte; la Campania continuer‡ a produrre 7.200 tonnellate di rifiuti al giorno, con aumenti - se a contrastarli non provvedera' il carovita - del 2-3% all'anno. Non c'era quindi bisogno di spostare a Napoli tutta la compagine governativa per decidere un pacchetto simile. Di questa trasferta ha finora beneficiato, solo per un giorno, il centro della citta', lungo il percorso presidenziale dall'aeroporto a Piazza del Plebiscito. Ma il dado e' gettato. Adesso si apre una corsa: tra chi pensa di risolvere tutto con inceneritori e discariche, con un enorme dispendio di risorse e in contrasto con gli obiettivi di legge, e chi invece ritiene che la soluzione del problema stia nella riduzione dei rifiuti a monte, in una vera raccolta differenziata e in impianti decentrati e diffusi a valle (innanzitutto di compostaggio della frazione organica, poi di trattamento degli imballaggi, delle apparecchiature elettriche e elettroniche e dei rifiuti ingombranti; e magari di trattamento meccanico e biologico della frazione residua: cioe' di un potenziamento impiantistico degli attuali Cdr), secondo quanto prescritto dalla normativa e attuato dalle citta' italiane, europee e statunitensi che hanno intrapreso un percorso virtuoso (S. Francisco, per fare un esempio, ha gia' raggiunto il 65% di raccolta differenziata; pochi anni fa non ne faceva affatto). Ci potranno essere - e sicuramente ci saranno - mobilitazioni per opporsi all'aperture delle nuove discariche e dei vecchi e nuovi inceneritori. Ma la vera partita si gioca qui. Nell'impegno dei cittadini, dei loro comitati e associazioni, delle loro amministrazioni e delle nuove imprese provinciali previste dalla recente legge regionale a battere sul tempo il programma del "tutto fuoco". 3. RIFLESSIONE. LUCIANO GALLINO: COSI' L'OCCIDENTE PRODUCE LA FAME NEL MONDO [Dal quotidiano "La Repubblica" del 10 maggio 2008 col titolo "Cosi' l'Occidente produce la fame nel mondo". Luciano Gallino e' docente di sociologia all'Universita' di Torino, ed e' uno dei piu' autorevoli sociologi contemporanei. Dal sito www.mediamente.rai.it riprendiamo per estratto la seguente scheda: "Considerato uno dei maggiori esperti italiani nello studio del rapporto fra le nuove tecnologie e la formazione, Luciano Gallino e' professore ordinario di sociologia presso la facolta' di Scienze della formazione dell'Universita' di Torino. Dal 1987 e' presidente del Centro interdipartimentale servizi informatici e telematici per le facolta' umanistiche (www.cisi.unito.it), che si occupa del modo in cui le nuove tecnologie incidono sulla formazione, la ricerca, la didattica. Presiede il corso di laurea in Scienze dell'educazione della facolta di Scienze della formazione, ed e' direttore dei "Quaderni di sociologia". Come sociologo si e' da sempre occupato di rapporti tra tecnologia e cultura. Autore di numerose ricerche nel campo della sociologia del lavoro e dell'industria, Luciano Gallino ha dedicato molti dei suoi studi ai processi d'interazione uomo-macchina e all'intelligenza artificiale. I suoi principali campi di ricerca sono la teoria dell'azione e la teoria dell'attore sociale; le implicazioni sociali e culturali della scienza e della tecnologia; gli aspetti socio-culturali delle nuove tecnologie di telecomunicazione. Tra le opere di Luciano Gallino: Personalita' e industrializzazione, Loescher, Torino 1968; Questioni di sociologia, Edizioni di Comunita', Milano 1969; Indagini di sociologia economica, Edizioni di Comunita', Milano 1972; Dizionario di sociologia, Utet, Torino 1978, Tea, Milano 1993; La societa': perche' cambia, come funziona. Un'introduzione sistemica alla sociologia, Paravia, Torino 1980; Informatica e qualita' del lavoro, Einaudi, Torino 1983; Mente, comportamento e intelligenza artificiale, Edizioni di Comunita', Milano 1984; Il lavoro e il suo doppio. Seconda occupazione e politiche del lavoro in Italia, Il Mulino, 1985; L'attore sociale: biologia, cultura e intelligenza artificiale, Einaudi, Torino 1987; Sociologia dell'economia e del lavoro, Utet, 1989; La sociologia della politica, Utet, Torino 1989; La sociologia: concetti fondamentali, Utet, Torino 1989; Strani anelli. La societa' dei moderni, La Stampa, Torino 1990; L'incerta alleanza. Modelli di relazioni tra scienze umane e della natura, Einaudi, Torino 1992; (diretto da), Manuale di sociologia, Utet, Torino 1994; Se tre milioni vi sembran pochi. Sui modi per combattere la disoccupazione, Einaudi, Torino 1998; L'impresa responsabile. Un'intervista su Adriano Olivetti, Einaudi, Torino 2001; Globalizzazione e disuguaglianze, Laterza, Roma-Bari 2002; La scomparsa dell'Italia industriale, Einaudi, Torino 2003; (con M. Ivana Vitrotto), Stato giuridico. Stato economico, Lattes, 2004; L'impresa irresponsabile, Einaudi, Torino 2005; Il costo umano della flessibilita', Laterza, Roma-Bari 2005; Italia in frantumi, Laterza, Roma-Bari 2006; Tecnologia e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici, Einaudi, Torino 2007] Tempo fa l'allora presidente della Banca Mondiale, James Wolfensohn, ebbe a dire che quando la meta' del mondo guarda in tv l'altra meta' che muore di fame, la civilta' e' giunta alla fine. Ai nostri giorni la crisi alimentare che attanaglia decine di Paesi potrebbe far salire il totale delle persone che muoiono di fame a oltre un miliardo. La battuta citata e' cosi' diventata ancor piu' realistica. Con una precisazione: la nostra meta' del mondo non si limita a guardare quel che succede. Si adopera per produrre materialmente lo scenario reale che poi la tv le presenta. Sebbene varie cause contingenti - i mutamenti climatici, la speculazione, cinesi e indiani che mangiano piu' carne, i milioni di ettari destinati non all'alimentazione bensi' agli agrocarburanti, ecc. - l'abbiano in qualche misura aggravata, la fame nel mondo di oggi non e' affatto un ciclo recessivo del circuito produzione alimentare - mercati - consumo. Si puo' anzi dire che per oltre due decenni sia stata precisamente la fame a venir prodotta con criteri industriali dalle politiche americane ed europee. L'intervento decisivo, energicamente avviato sin dagli anni '80, e' consistito nel distruggere nei Paesi emergenti i sistemi agricoli regionali. Ricchi di biodiversita', partecipi degli ecosistemi locali, facilmente adattabili alle variazioni del clima, i sistemi agricoli regionali avrebbero potuto nutrire meglio, sul posto, un numero molto piu' elevato di persone. Si sarebbe dovuto svilupparli con interventi mirati ad aumentare la produttivita' delle coltivazioni locali con una scelta di tecnologie meccaniche ed organiche appropriate alle loro secolari caratteristiche. Invece i sistemi agricoli regionali sono stati cancellati in modo sistematico dalla faccia della terra. Dall'India all'America Latina, dall'Africa all'Indonesia e alle Filippine, milioni di ettari sono stati trasferiti in pochi anni dalle colture intensive tradizionali, praticate da piccole aziende contadine, a colture estensive gestite dalle grandi corporation delle granaglie. La produttivita' per ettaro e' aumentata di decine di volte, ma in larga misura i suoi benefici sono andati alle megacorporation del settore, le varie Monsanto (oltre un miliardo di dollari di profitti nel 2007), Cargill (idem), General Mills, Archer Daniel Midland, Syngenta, l'unica non americana del gruppo. Da parte loro i contadini, espulsi dai campi, vanno a gonfiare gli sterminati slum urbani del pianeta. Oppure si uccidono perche' non riescono piu' a pagare i debiti in cui sono incorsi nel disperato tentativo di competere sul mercato con i prezzi imposti - alle sementi, ai fertilizzanti, alle macchine - dalle corporation dell'agro-business. Nella sola India, tra il 1995 e il 2006, vi sono stati almeno duecentomila suicidi di piccoli coltivatori. E' noto che il braccio operativo dello smantellamento dei sistemi agricoli regionali sono stati la Banca Mondiale, con i suoi finanziamenti per qualsiasi opera - diga, autostrada, oleodotto, zona economica speciale, ecc. - servisse a tale scopo; il Fondo monetario internazionale, con l'imposizione degli aggiustamenti strutturali dei bilanci pubblici (leggasi privatizzazione forzata di terra, acqua, aziende di servizio) quale condizione di onerosi prestiti; l'Organizzazione mondiale per il commercio. Non ultima, soprattutto per quanto riguarda l'Africa, viene la Commissione Europea, la cui Politica agricola comune ha contribuito a spezzare le reni a milioni di contadini africani facendo in modo, a suon di sussidi e jugulatori contratti bilaterali, che i prodotti della Baviera o del Poitou costino meno, in molte zone dell'Africa, dei prodotti locali. Il tutto con la fervida adesione dei governi nazionali, che preferiscono avere buoni rapporti con le multinazionali che non provvedere al sostentamento delle popolazioni rurali. Braccio ideologico della stessa operazione sono stati le migliaia di economisti che in parte operano alle dipendenze di tali organizzazioni, in parte costruiscono per uso e legittimazione delle medesime, nelle universita' e nelle business school, infinite variazioni sul principio del vantaggio comparato. In origine (1817!) tale principio sosteneva una cosa di paterno buon senso: se gli inglesi son piu' bravi a tessere lane che non a fabbricare porto, e i portoghesi fan meglio il porto che non i tessuti di lana, converra' ad ambedue acquistare dall'altro Paese il prodotto che quello fa meglio. Ma l'onesto agente di cambio David Ricardo sarebbe sbalordito al vedere che esso, reincarnato in complessi modelli econometrici digitalizzati, viene impiegato oggi nel tentativo di dimostrare che al contadino senegalese, o indiano, o filippino, conviene coltivare un'unica specie di vegetale per il mercato mondiale, piuttosto che coltivare le dozzine di specie di granaglie e frutti che soddisferebbero i bisogni della comunita' locale. Una volta sostituito a migliaia di sistemi agricoli regionali in varia misura autosufficienti un megasistema agrario globale che si dava per certo esser capace di autoregolarsi, il resto e' seguito per vie naturali. Le grandi societa' dell'agrindustria accaparrano e dosano i flussi delle principali derrate in modo da tenerne alti i prezzi. Fondi pensione e fondi comuni investono massicciamente in titoli derivati del settore alimentare, praticando e incentivando la speculazione al rialzo. Cosa che non avrebbero motivo di fare se la maggior parte delle aziende agricole del mondo fossero ancora di piccole o medie dimensioni. Da parte loro, illusi dall'idea d'un mercato globale delle derrate autoregolantesi, i governi dei Paesi sviluppati hanno lasciato cadere a livelli drammaticamente bassi la quantita' delle scorte strategiche: meno di 10-12 settimane per il grano, in luogo di almeno 24. Il prezzo del sistema agricolo globale lo pagano i poveri. Compresi quelli che si preoccupano perche' anche il prezzo delle tortine di argilla, la terra che mangiano per placare i morsi della fame quando il mais o il riso sono diventati inaccessibili, e' aumentato troppo: succede ad Haiti. La crisi alimentare in atto non e' infatti dovuta alla scarsita' di cibo; esso non e' mai stato, nel mondo, altrettanto abbondante. E' un problema di accesso al cibo, in altre parole di poverta', di cui il sistema agricolo globale ha immensamente elevato la soglia. Se un gruppo di tecnici avesse costruito un qualsiasi manufatto meccanico o elettronico tanto rozzo, perverso nei suoi effetti, costoso e vulnerabile quanto il sistema agricolo globale costruito da Usa e Ue negli ultimi vent'anni, verrebbe licenziato su due piedi. I funzionari delle organizzazioni internazionali che l'hanno costruito, gli economisti che hanno fornito i disegni di base, e i politici che ne hanno posto le basi con leggi e trattati, non corrono ovviamente alcun rischio del genere. Al singolo individuo di questa parte del mondo resta da decidere che fare. Puo' spegnere la tv, per non doversi sorbire ancora una volta, giusto all'ora di pranzo, il tedioso spettacolo di bimbi scheletrici che frugano nell'immondizia. Oppure puo' decidere di investire una quota dei suoi risparmi in azioni dell'agrindustria, come consigliano sul web dozzine di societa' di consulenza finanziaria. Un investimento promettente, assicurano, perche' i prezzi degli alimentari continueranno a crescere per lungo tempo. Infine puo' scrivere al proprio deputato in Parlamento chiedendogli di adoperarsi per far costruire attorno alla penisola, Alpi comprese, un muro alto dodici metri per tener fuori gli affamati. Se qualcuno conosce altre soluzioni che la politica, al momento, sia capace di offrire, per favore lo faccia sapere. 4. RIFLESSIONE. GIANNI MATTIOLI E MASSIMO SCALIA: LA FAVOLA ATOMICA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 maggio 2008 col titolo "La favola atomica". Gianni Mattioli, docente universitario di fisica, tra i promotori del movimento antinucleare e dell'ambientalismo scientifico in Italia, gia' parlamentare, sottosegretario e ministro. Tiene l'insegnamento di Complementi di Fisica matematica per il corso di laurea in Matematica e gli insegnamenti di Fisica (laurea triennale) e di Complementi di Fisica (lauree specialistiche) per il corso di laurea in Scienze naturali presso la facolta' di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Universita' di Roma "La Sapienza". Ha effettuato ricerca in fisica delle particelle elementari, meccanica quantistica, moti quasi-periodici nel formalismo hamiltoniano. Si e' occupato inoltre di energia e dell'impatto ambientale delle fonti energetiche, in particolare per quanto attiene alle radiazioni ionizzanti e ai modelli di diffusione in aria di sostanze inquinanti. Piu' recentemente, si e' dedicato all'approfondimento delle tematiche dell'effetto serra e della sostenibilita'. Ha pubblicato articoli su riviste scientifiche internazionali ed e' coautore di alcuni libri sulle questioni energetiche e sui problemi della sostenibilita'. Sui problemi energetici e' stato ascoltato come esperto in sedi istituzionali nazionali ed europee. Dal 1987 al 2001 e' stato deputato per i Verdi e, nella penultima legislatura, ha fatto parte dei governi che si sono avvicendati come sottosegretario ai Lavori pubblici e come ministro delle Politiche comunitarie e, ad interim, dell'Ambiente. Attualmente e' membro della giunta del Centro di ricerca de "La Sapienza" per le scienze applicate per la protezione dell'Ambiente e dei Beni Culturali. E' membro della Presidenza del Comitato scientifico del Decennio per l'Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell'Unesco e del Comitato scientifico di Legambiente. Massimo Scalia, docente universitario di fisica matematica, tra i promotori del movimento antinucleare e dell'ambientalismo scientifico in Italia, gia' parlamentare. Dal sito di Greenpeace (www.greenpeace.org) riprendiamo la seguente scheda: "Massimo Scalia, nato a Roma il 27 maggio 1942, e ivi residente, si e' laureato in Fisica nel 1969. E' titolare del corso di Modelli di Evoluzione nelle Scienze Applicate (Fisica Matematica) e insegna Fisica Ambientale presso la Facolta' di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Universita' di Roma "La Sapienza". E' titolare di un programma di ricerca sulla teoria dei sistemi dinamici e sulle applicazioni alla Meccanica (sistemi lagrangiani e hamiltoniani), alla Fisica e alla Biologia. La sua ricerca, dopo gli esordi nella Fisica Teorica Nucleare (decadimenti b, "materia nucleare") , si e' orientata, da trent'anni, sugli aspetti qualitativi dell'evoluzione dei sistemi dinamici (stabilita', turbolenza, caos). Nello stesso periodo, dalla meta' degli anni Settanta, inizia lo studio delle questioni energetiche: impatto ambientale dei diversi tipi di produzione energetica (in particolare del ciclo del combustibile nucleare e aspetti di sicurezza), innovazione tecnologica, bilanci energetici su scala paese e su scala mondo, aspetti economici connessi. E' stato invitato come relatore alle conferenze regionali sull'energia - Basilicata (1978), Piemonte (1979), Puglia (1984) - e alle conferenze sull'ambientalizzazione del carbone di Brindisi e di Lignano Sabbiadoro (entrambe nel 1984). Subito dopo l'incidente di Chernobyl (1986), due periodici nazionali, "Espresso" e "Airone", richiesero dei volumetti divulgativi, per un'ampia tiratura, sul nucleare e sull'energia, che vennero redatti da lui insieme al prof. Gianni Mattioli, e pubblicati. Viene chiamato dal Governo a far parte della Commissione Energia/Economia presieduta da Paolo Baffi (1987), per la preparazione della Conferenza Nazionale sull'Energia. Viene invitato a far parte di varie commissioni scientifiche, attivate da enti locali e territoriali per la valutazione dell'impatto ambientale di impianti di produzione industriale e di energia; in tale contesto sviluppa e pubblica un modello fisico-matematico per descrivere la diffusione in atmosfera di inquinanti (1989). Dal 1981 al 1993, come direttore editoriale del periodico "Quale Energia" - la rivista sull'energia del movimento ambientalista italiano - cura, nelle rubriche piu' strettamente scientifiche della rivista, le analisi di valutazione del rischio di incidenti nucleari, la critica rigorosa ai diversi piani energetici del Governo ("I conti sbagliati del Piano energetico nazionale") e l'innovazione tecnologica legata all'uso efficiente dell'energia e alle fonti rinnovabili. Nel 2003-2004 ha fatto parte del gruppo di ricercatori che ha messo a punto il "Progetto Arese" per una mobilita' sostenibile, commissionato all'Enea dalla Regione Lombardia, curando in particolare l'analisi energetica e dei costi per i diversi modi di produzione da fonti rinnovabili dell'idrogeno insieme ai professori Gianni Mattioli ("La Sapienza") e Vincenzo Naso (direttore del Cirps). Nel luglio 2004 e' stato nominato, su indicazione della Regione Basilicata, componente della Commissione tecnico-scientifica per l'emergenza sulla sicurezza nucleare (Dpcm 3355/04, prorogata con Dpcm del 17/2/06). In relazione a tali problemi ha pubblicato: "Una strategia per la gestione delle scorie nucleari" (Geologia dell'Ambiente, n. 2, 2004), dove si illustra la ricerca fisica fondamentale in corso (Ads, laser) per affrontare la questione delle scorie radioattive di emivita lunghissima. E' stato deputato del Parlamento italiano nella X, XI, XII e XIII legislatura (1987-2001). Nella XII e XIII legislatura e' stato presidente della Commissione di inchiesta sui rifiuti. Nei lavori che tale Commissione ha realizzato nella XIII legislatura (1996-2001) ha, tra l'altro, redatto come relatore il primo documento parlamentare che affrontava organicamente la questione delle scorie nucleari, tenendo conto di inderogabili vincoli fisico-geologici e biologici, oltre che normativi, e predisponeva una strategia per la gestione dei rifiuti. Le linee essenziali del documento, approvato all'unanimita' nell'aprile 1999, venivano condivise dal Governo di allora con vari atti conseguenti. Quella strategia e' stata gravemente disattesa (purtroppo, vedi "Decreto Scanzano") nella successiva legislatura (2001-2006)"] Ministri, politici e Confindustria ripetono che dall'energia nucleare si puo' trarre energia abbondante, tanto da liberarci dalla schiavitu' del petrolio e del gas, energia pulita, tanto da contrastare l'incubo del cambiamento climatico, energia a prezzi ben piu' limitati, tanto da ridar fiato alla nostra stanca economia. Tutto cio' e' una favola, non ha alcun fondamento scientifico razionale: non poco o tanto discutibile, semplicemente inesistente. Tanto che sorge una domanda ingenua: e' possibile che ministri, politici e industriali possano proclamare tante assurdita' senza che un tecnico amico gli suggerisca qualche dato? Basterebbe guardare gli altri paesi nucleari: forniscono un quadro di crisi dell'energia nucleare, documentata dai rapporti dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (Aie) e, in particolare, dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) delle Nazioni Unite. * L'energia nucleare abbondante. Di che parliamo? Oggi essa copre il 6,4% del fabbisogno mondiale di energia, e di uranio fissile, a questo ritmo modesto di impiego, secondo il rapporto Aiea del 2001 ce n'era per 35 anni. Certo, si potrebbe ricorrere all'uranio 238, ben piu' abbondante in natura: si tratta di un tipo di uranio non fissile, ma attraverso il processo di cattura di un neutrone, si puo' trasformare in plutonio, materiale fissile, anzi ingrediente principale per le bombe. Materiale dunque ad alto rischio di proliferazione militare e anche sanitario: un milionesimo di grammo e' la dose che puo' essere letale per inalazione. La Francia, che aveva perseguito con decisione questa strada, l'ha abbandonata col venir meno dell'urgenza strategica della force de frappe. * La questione delle scorie radioattive provenienti dalla fabbricazione e dall'impiego del combustibile nucleare. Solo per l'Italia, con il suo modesto passato nucleare, si tratta di un centinaio di migliaia di metri cubi, da sistemare in modo che non vengano piu' a contatto - per "ere" intere - con l'ambiente, la falda idrica, tutti noi. Oggi non c'e' soluzione. Si era fatto molto affidamento - anche per Scanzano - sulle strutture geologiche saline, fidando sul carattere idrorepellente: l'acqua e' un temibile avversario per la sua capacita' di fessurazione di qualsiasi contenitore e conseguente messa in circolazione dei materiali radioattivi. La fiducia e' crollata qualche anno fa, quando, nel corso della messa a punto del deposito Wipp del New Mexico, l'acqua ha fatto irruzione la' dove non ci si sarebbe aspettati di trovarla e, inoltre, si e' anche ipotizzata la possibile circolazione d'acqua a causa dell'insediamento di materiali ad alta temperatura (a causa della loro radioattivita') con conseguente alterazione delle condizioni di stabilita' geologica. Oggi si spera nelle rocce argillose e la Francia indirizza a queste strutture geologiche la sua ricerca. * Ma allora quanto costa il kilowattora, in una situazione nella quale il ciclo del combustibile nucleare e' tutt'ora materia di ricerca fondamentale? E si torna alla complessita' di una tecnologia che ripropone il problema della radioattivita', l'insoluta sfida che conosciamo dal 1896, con la scoperta di Becquerel. E' questo in definitiva il fattore che ha fatto lievitare il costo dell'energia prodotta, man mano che le popolazioni (e i lavoratori) statunitensi chiedevano standard di protezione sempre piu' elevati. Vorremmo ricordare a ministri, politici e Confindustria che tutt'ora il danno sanitario da riadioazioni non ammette soglia al di sotto della quale non c'e' rischio: dosi comunque piccole - questa e' la valutazione della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti - possono innescare i processi di mutagenesi che portano al danno somatico (tumori, leucemia) o genetico. Da qui la lievitazione dei costi per la riduzione di rilasci di radiazioni, si badi, in condizioni di funzionamento di routine, degli impianti. E, a maggior ragione, la questione della sicurezza da incidenti. * Nasce da tutto questo il progressivo abbandono del nucleare civile, che dal 1978 diviene totale per gli Usa e all'inizio degli anni '90 per tutti i paesi Ocse (con la sola eccezione del Giappone), Francia compresa. Di qui il consorzio di ricerca guidato dagli Stati Uniti, Generation IV, che proclama la messa a punto di un reattore che si vorrebbe piu' sicuro, che usi con maggior efficienza l'uranio, non proliferante e che dovrebbe costare di meno. Il prototipo non e' atteso prima del 2025, ma il premio Nobel Carlo Rubbia giudica gia' insufficiente il programma. * In questo quadro e' incredibile parlare di energia pulita e poco costosa: il Department of Energy situa a 0,06 euro il prevedibile costo del kWh al 2010 e vien da sorridere se si pensa al costo del vento e alla sua formidabile espansione, altro che nucleare, su scala mondiale. Certo, le imprese elettromeccaniche devono pur lavorare e forniscono impianti per esempio a Cina e India, ma continuano a non piazzarli in casa: solo gli enormi incentivi del provvedimento di Bush fanno dire alla Exelon, una delle principali imprese elettriche Usa, che, in virtu' di quegli incentivi, partiranno un paio di impianti entro il decennio, ancora di terza generazione, come di terza generazione e' quello che si annuncia in Francia in mancanza di meglio. E' questo che ci propongono governo, politici e industriali? Attendiamo chiarimenti. 5. MAESTRE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: IL SALE DELLA TERRA [Da Franca Basaglia Ongaro, Una voce, Il saggiatore, Milano 1982, p. 148. Franca Ongaro Basaglia, intellettuale italiana di straordinario impegno civile, pensatrice di profondita', finezza e acutezza straordinarie, insieme al marito Franco Basaglia e' stata tra i protagonisti del movimento di psichiatria democratica; e' deceduta nel gennaio 2005. Tra i suoi libri segnaliamo particolarmente: Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982; Manicomio perche'?, Emme Edizioni, Milano 1982; Una voce: riflessioni sulla donna, Il Saggiatore, Milano 1982; Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo narrate da lui medesimo, Editori Riuniti, Roma 1987; in collaborazione con Franco Basaglia ha scritto La maggioranza deviante, Crimini di pace, Morire di classe, tutti presso Einaudi; ha collaborato anche a L'istituzione negata, Che cos'e' la psichiatria, e a molti altri volumi collettivi. Ha curato líedizione degli Scritti di Franco Basaglia. Dalla recente antologia di scritti di Franco Basaglia, L'utopia della realta', Einaudi, Torino 2005, da Franca Ongaro Basaglia curata, riprendiamo la seguente notizia biobibliografica, redatta da Maria Grazia Giannichedda, che di entrambi fu collaboratrice: "Franca Ongaro e' nata nel 1928 a Venezia dove ha fatto studi classici. Comincia a scrivere letteratura infantile e i suoi racconti escono sul "Corriere dei Piccoli" tra il 1959 e il 1963 insieme con una riduzione dell'Odissea, Le avventure di Ulisse, illustrata da Hugo Pratt, e del romanzo Piccole donne di Louise May Alcott. Ma sono gli anni di lavoro nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, con il gruppo che si sta raccogliendo attorno a suo marito Franco Basaglia, a determinare la direzione dei suoi interessi e del suo impegno. Nella seconda meta' degli anni '60 scrive diversi saggi con Franco Basaglia e con altri componenti del gruppo goriziano e due suoi testi - "Commento a E. Goffman. La carriera morale del malato di mente" e "Rovesciamento istituzionale e finalita' comune" - fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell'ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos'e' la psichiatria (1967) e L'istituzione negata (1968). E' sua la traduzione italiana dei testi di Erving Goffman Asylums e Il comportamento in pubblico, editi da Einaudi rispettivamente nel 1969 e nel 1971 con saggi introduttivi di Franco Basaglia e Franca Ongaro, che traduce e introduce anche il lavoro di Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972). Dagli anni '70 Franca Ongaro e' coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia, da Morire di classe (1969) a La maggioranza deviante (1971), da Crimini di pace (1975) fino alle Condotte perturbate. Nel 1981 e 1982 cura per Einaudi la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia. Franca Ongaro e' anche autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, la condizione della donna, le pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali, i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (Einaudi, Torino 1979), raccolta delle voci di sociologia della medicina scritte per l'Enciclopedia Einaudi; Una voce. Riflessioni sulla donna (Il Saggiatore, Milano 1982) che include la voce "Donna" dell'Enciclopedia Einaudi; Manicomio perche'? (Emme Edizioni, Milano 1982); Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo narrate da lui medesimo (Editori Riuniti, Roma 1987). Tra i saggi, Eutanasia, in "Democrazia e Diritto", nn. 4-5 (1988); Epidemiologia dell'istituzione psichiatrica. Sul pensiero di Giulio Maccacaro, in Conoscenze scientifiche, saperi popolari e societa' umana alle soglie del Duemila. Attualita' del pensiero di Giulio Maccacaro, Cooperativa Medicina Democratica, Milano 1997; Eutanasia. Liberta' di scelta e limiti del consenso, in Roberta Dameno e Massimiliano Verga (a cura di), Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella societa' contemporanea, Angelo Guerrini, Milano 2001. Dal 1984 al 1991 e' stata, per due legislature, senatrice della sinistra indipendente, e in questa veste e' stata leader della battaglia parlamentare e culturale per l'applicazione dei principi posti dalla riforma psichiatrica, tra l'altro come autrice del disegno di legge di attuazione della "legge 180" che diventera', negli anni successivi, testo base del primo Progetto obiettivo salute mentale (1989) e di diverse disposizioni regionali. Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health, e nell'aprile 2001 l'Universita' di Sassari le ha conferito la laurea honoris causa in Scienze politiche. E' morta nella sua casa di Venezia il 13 gennaio 2005"] Il sale della terra e' la diversita': e' il conflitto che dalla diversita' deriva a dare senso e vita. 6. MAESTRE. VANDANA SHIVA: ECONOMIE DI VITA [Da Vandana Shiva, Il bene comune della terra, Feltrinelli, Milano 2006, p.97. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008] Le economie di vita si fondano sulla nonviolenza e sulla solidarieta' compassionevole, a differenza delle economie di mercato, che sono mosse dalla violenza e dall'avidita'. Un'economia che apporta la vita puo' crescere soltanto se viene nutrita e coltivata da una democrazia che protegge la vita. 7. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info@coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta@libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac@tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it Numero 100 del 26 maggio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request@peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request@peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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