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www.ildialogo.org Rischia di chiudere il corso di laurea in Scienze per la Pace dell'Università di Pisa.,di Rocco Altieri*

Rischia di chiudere il corso di laurea in Scienze per la Pace dell'Università di Pisa.

di Rocco Altieri*

Sarebbe una grave perdita per la cultura della nonviolenza. Appello alla mobilitazione per impedire un tale crimine.


(*) Rocco Altieri è docente del corso di laurea in scienze per la pace dell’Università di Pisa per i seguenti insegnamenti:
“Teoria e prassi della nonviolenza: il pensiero dei maestri fondatori”;
“Trasformazione nonviolenta dei conflitti e costruzione della pace”;
“Conflitto, pace e guerra nella cultura sociologica”.
 
Quest'estate, in modo sistematico, i giornali nazionali di destra hanno lanciato un'offensiva mediatica contro il corso di laurea in “Scienze per la Pace”, attivo dall'anno accademico 2001-2002 presso l'Università di Pisa.
Ha iniziato  il Giornale di Berlusconi con un articolo pubblicato domenica 26 luglio 2009, additandolo in tutta evidenza come il più assurdo tra i corsi di laurea destinati presto a sparire. Ha fatto seguito un servizio dei primi di agosto sul TG 5 delle 20,  per finire con il TG1 mattina del 10 settembre. Come dato comune si ridicolizzava il corso, ma ancor più l'insegnamento della nonviolenza  presente nei curricula. Mai ci saremmo aspettati tanta attenzione dai mass-media per un corso dotato di mezzi poveri, privo di spazi e di finanziamenti adeguati. Infatti, negli ultimi due anni, subiti due sfratti consecutivi, vengono ora utilizzate le aule gentilmente concesse in via provvisoria  dalla Facoltà di Ingegneria, rincorrendo per le lezioni i buchi lasciati liberi, in un continuo girovagare di studenti e professori da un padiglione all'altro, mentre i docenti nella quasi totalità prestano la loro opera gratuitamente (ad eccezione di pochi giovani docenti  a contratto, comunque sottopagati). La pace, a differenza della guerra, non viene finanziata!
Nonostante le gravi deficienze strutturali, il corso, strutturato come 3+2, tre anni di laurea base più due anni di specialistica,  rischia di chiudere o di essere drasticamente ridimensionato (conservando la sola laurea magistrale, ex biennio specialistico) non per mancanza di studenti (complessivamente sono più di 200 gli iscritti, con molti studenti lavoratori), o per questioni di mera procedura (la necessità richiesta dalla riforma di trovare in tutto l'ateneo 20 docenti strutturati, lasciati liberi dalle facoltà per fare da garanti ad un corso 3+2), ma per una chiara volontà politica che mira a soffocarlo, demotivando studenti e professori dal proseguire in un’impresa senza speranza.
In un processo inarrestabile di degrado morale e culturale rischiano di scomparire, nell'indifferenza generale, i pochi spazi di nonviolenza presenti nelle istituzioni, e il corso di Pisa, dopo la scomparsa di quello di Firenze fondato dal prof. Alberto L'Abate (assorbito in un corso più ampio di cooperazione allo sviluppo), è l'unico rimasto in Italia a proporre un percorso formativo completo e specifico nel campo dei Peace Studies, il solo dove si possa studiare il pensiero di Gandhi, Capitini e degli altri maestri della nonviolenza .
Avendo accreditato gli eserciti nelle missioni all'estero e chiamata pace la guerra,  c'è oggi una gara tra le forze politiche italiane a dichiararsi patriottiche nel sostenere la spedizione bellica in Afghanistan, in nome della vocazione dell’Italia a “grande” potenza mondiale nell’opera di “civilizzazione democratica”. Le vecchie istanze pacifiste presenti nella tradizione politica della sinistra e del cattolicesimo post-conciliare sono diventate quasi uno scandalo da rimuovere con vergogna. Ecco i frutti avvelenati di chi in questi anni, violando spudoratamente la costituzione repubblicana, ha unanimemente votato, destra e sinistra insieme, il finanziamento della guerra in Afghanistan, spacciata ipocritamente come missione di Pace.
E tuttora non sembra ci siano segnali di ravvedimento. È altamente simbolico e scandaloso che il Presidente della  Repubblica  abbia difeso nei giorni scorsi, di fronte al governo, l’ identità guerrafondaia dell'opposizione di centro-sinistra, in quanto essa ha sempre coerentemente sostenuto col proprio voto la guerra in Afghanistan.
Tra un congresso e l'altro non si sentono ripensamenti o interventi autocritici sulle questioni centrali della pace e della guerra. Anzi, nel nuovo partito democratico il tema della guerra  non viene minimamente affrontato da nessuno dei tre candidati alla segreteria. La sinistra è morta a Kabùl, ma forse era già morta un decennio prima in Kossovo, dove un generale NATO come Fabio Mini ha dato lezioni di pacifismo ai leader politici italiani sull’assurdità di quella guerra.
 La storia si ripete, come tragedia o come farsa.  Di fronte alla prima guerra mondiale la socialdemocrazia tedesca e tutto il movimento socialista internazionale  entrò in crisi votando i crediti di guerra, così  aprendo la strada all'avvento delle successive tragedie del nazi-fascismo, dello stalinismo, dei campi di sterminio e delle bombe atomiche.
Oggi, ugualmente, il sostegno alla guerra contro il popolo afgano ha dissolto irrimediabilmente la cultura politica della sinistra, barriera democratica della società italiana nata dalla resistenza al nazi-fascismo. I rigurgiti razzisti e xenofobi di questi mesi non sono che la conseguenza ineluttabile di un processo lungo e terribile che si è affermato nel nostro paese, riportando in vita forme plateali e spudorate di fascismo. Tutto si collega, la guerra esterna e la guerra interna, in uno spaventoso miscuglio che genera timore e tremore di fronte al futuro!
La questione di un corso di laurea come quello di Pisa rimanda, così, alla crisi drammatica della società italiana, in preda alle peggiori convulsioni di un sistema avvolto dalle spire soffocanti del disastro ambientale e del dominio mafioso.
Allora ci si chiede perché un corso di Peace Studies spaventi tanto le forze di governo, da farne un bersaglio continuo di ironia , e ugualmente ci si interroga su quale opposizione si possa fare leva per difenderlo, considerato il tradimento della sinistra.
 È triste e drammatico che, nella retorica generale per gli eroi morti per la grandezza della patria, l'unica opposizione alla guerra, l'invocazione universale alla pace, sia lasciata alle prediche di pochi sacerdoti coraggiosi: don Paolo Farinella di Genova, don Giorgio De Capitani di Lecco, don Giorgio Pisano di Portici, che, a causa delle loro omelie domenicali in cui hanno denunciato l’idolatria della guerra moderna, sono stati prima linciati da certa stampa e poi minacciati di morte da forze  fasciste di vario genere. Nessuna voce della politica si è alzata a difenderli!
Quando la società politica raggiunge un punto di crisi di non ritorno, la rigenerazione diviene possibile solo attraverso un profondo rinnovamento morale e culturale dal basso. Per le forze reazionarie che vogliono impedire un tale processo di rinnovamento, diventa indispensabile cancellare il piccolo, ma significativo esperimento di Pisa, eliminando i germi di un possibile risveglio delle coscienze delle nuove generazioni, un laboratorio concreto per elaborare alternative funzionali ai modelli sociali attualmente dominanti. È necessario eliminare un esempio che può diventare contagioso, chiudere uno spazio che in dieci anni è diventato un luogo ideale di aggregazione della migliore gioventù, di qualificazione e formazione del vasto mondo dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione internazionale, un luogo di progettazione per interventi civili e non armati nelle aree di conflitto, dando corpo e sostanza ai mitici corpi civili di pace, pensati da Gandhi come l’esercito della pace, lo shanti sena del domani dell’umanità.
Il 10 novembre dell'animazione di questo Decennio. Così, per ironia della sorte, il corso di laurea di Pisa, nato nel primo anno di tale decennio, rischia la chiusura proprio all’approssimarsi della sua conclusione. 1998 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva proclamato il primo decennio del XXI secolo e del III millennio, gli anni dal 2001 al 2010, Decennio internazionale di promozione di una cultura della nonviolenza e della pace, incaricando l'UNESCO
Per chi voglia unirsi in questa lotta per salvare il corso di laurea in scienze per la Pace è possibile sottoscrivere la petizione lanciata dagli studenti sul sito:

http://www.petitiononline.com/savesplp/petition.html

Rocco Altieri



Lunedì 12 Ottobre,2009 Ore: 15:18
 
 
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Pace dal basso

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