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www.ildialogo.org Breve digressione su tre profili criminali italiani,di Giuseppe P. Fazio

Rubrica CRIMINALMENTE/7
Breve digressione su tre profili criminali italiani

di Giuseppe P. Fazio

Riannodandosi al modello di analisi approcciato nel corso dell’esame della carriera deviante illustrato nei precedenti articoli è possibile, a questo punto, operare un confronto ed una osservazione sulla condotta deviante di tre serial killer che hanno agito in Italia in tempi relativamente recenti, andando alla ribalta delle cronache: Luigi Chiatti, Gianfranco Stevanin e Donato Bilancia.

Lo scopo è quello di mettere in risalto gli aspetti prominenti delle analisi effettuate in relazione alla carriera deviante dei tre soggetti per evidenziare le analogie nello sviluppo delle loro azioni criminali, nelle caratteristiche personali e nei precedenti della loro infanzia che, in qualche modo, abbiano facilitato una scelta nella fase di crisi, e come questi elementi possono essere utili per predire la pericolosità sociale di un soggetto o facilitare il compito dell’analista criminale.

Alcuni aspetti sono di particolare interesse in quanto mettono in evidenza la direzione comune dei casi presi in considerazione. Tra i tanti, sicuramente il più interessante, comune ai tre casi, è il difficile rapporto con le figure genitoriali, la percezione di abbandono da parte di queste ultime ed una infanzia pressoché travagliata.

Nei tre soggetti in esame è evidente una percezione di abbandono da parte delle figure genitoriali ed un rapporto alquanto conflittuale con esse. Essendo l’infanzia un periodo fondamentale per la salute ed il corretto sviluppo psicofisico del futuro adulto, è importante, in questo periodo, far si che avvenga la formazione di un buon legame di attaccamento fra il bambino e chi, di lui, si prende cura: la mancata formazione di questo legame rende il futuro adulto incapace di provare empatia, affetto o rimorso per un altro essere umano, caratteristiche comuni alla maggior parte degli assassini seriali.

Sebbene queste situazioni infantili difficoltose non possono essere considerate in un rapporto di causa-effetto con l’insorgenza di una carriera da serial killer, non si può non dare importanza a questi vissuti traumatici che in ogni modo hanno contribuito alla definizione di una personalità particolarmente fragile, sfociata poi nell’inizio di una carriera da serial-killer. Queste situazioni infantili traumatiche quindi, possono essere considerate come dei fattori predisponenti per una formazione di una carriera deviante da assassino seriale.

Altro aspetto comune, conforme alla casistica internazionale, è l’elevato quoziente intellettivo: in tutti e tre i casi analizzati il valore del Q. I. è superiore alla media! In ogni caso, questo, deve essere considerato come dato comune nella stragrande maggioranza dei serial-killer i quali, per porre in essere la varie strategie omicide, hanno necessità di un intelletto particolarmente sviluppato, capace di ragionamenti complessi relativi alla preparazione degli omicidi e del comportamento da adottare rispetto alle forze dell’ordine e sul come approcciare la vittima.

Un aspetto che si discosta di molto dalla casistica internazionale, per uno dei tre casi, quello di Donato Bilancia, è l’età al momento del primo omicidio della serie. Infatti mentre per Luigi Chiatti e Gianfranco Stevanin le età si conformano alla casistica che li vuole compresi tra i 20 ed i 30 anni, Donato Bilancia al momento del primo omicidio della serie ne aveva ben 42.

Ovviamente, la sommaria ed incompleta analisi qui avviata non deve assolutamente essere considerata esaustiva del fenomeno ma, al contrario, deve essere vista come punto di partenza per approfondimenti maggiori.



21 aprile 2009
 
 
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O Ruofolo - Periodico della Comunita' di fede di Sant'Angelo a Scala (Av)

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