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www.ildialogo.org La torre pių alta del mondo il Burj Khalifa di Dubai,di Michele Zarrella

Editoriale
La torre pių alta del mondo il Burj Khalifa di Dubai

di Michele Zarrella

In questi giorni tutti i media hanno parlato della realizzazione della torre più alta del mondo. Il Burj Khalifa (la Torre del Califfo) è alto 828 metri di acciaio, calcestruzzo e vetro conquista il guinness dei primati. È 320 metri in più del “Taipei 101“, il grattacielo sito nella capitale di Taiwan che, fino a pochi giorni fa, deteneva il primato. Ne hanno parlano come una grande conquista dell’essere umano, come espressione della potenza dell’uomo capitalista. Negli articoli e nei servizi, venivano fatti i paragoni con le precedenti torri che, col trascorrere del tempo, hanno perso il loro primato. Ricordando anche le torri gemelle di New York che oramai non esistono più. Molti avevano una patina di dolce euforia che nascondeva un messaggio abbastanza chiaro: “Con i soldi posso arrivare dove voglio”. Io, homo sapiens sapiens, posso sfidare le leggi della natura e della fisica, posso arrivare anche fino al cielo. Il sistema nervoso della nostra società è troppo malleabile alle pressioni mediatiche. Esso si adegua ai cambiamenti che hanno un gradiente piccolo, ai fenomeni ed eventi graduali, come per la torre. Infatti essa è stata paragonata con quelle precedenti che ora sembrano sempre più piccole e del tutto normali e possibili. Così la società è indotta a pensare che sia cosa buona e giusta, espressione della potenza economica, perché così dicono la maggioranza e i più seguiti mezzi di informazione. Ma quando poi per una causa umana o naturale succede una disgrazia si piangono i morti, si leccano le ferite si contano i danni. E la colpa è sempre degli ‘altri’. Allora i mass media dimenticano le glorie cantate all’atto delle inaugurazioni.
Che ne sarà di questa torre che già si pensa verrà sottoutilizzata perché dieci anni fa, quando fu progettata, la crisi non esisteva, né si pensava che potesse arrivare? Intimamente in ognuno di noi scatta un senso di ‘gloria’ pensando che l’uomo è forte, è potente e può arrivare a mete tecnologicamente così alte da sfidare le leggi e gli equilibri della natura. Però trascura e dimentica quelle dell’umanità, della solidarietà e dello spirito. A cosa serve arrivare in alto quanto si vuole se poi si calpestano la dignità, la libertà e i diritti di altri uomini? Ci vuole qualcosa che minacci molto seriamente una delle nostre più care illusioni, ci vuole la sfida psicologica di un grosso pericolo scampato, il superamento di una grave malattia, o la morte improvvisa di un amico… per farci prendere coscienza delle illusioni e della futilità di molte cose alle quali diamo valore e a cui ci aggrappiamo nella corsa della nostra vita.
Anche in Italia impera il glorioso capitalismo. Continuiamo a progettare e/o a costruire grandi opere: il ponte più lungo del mondo ad una sola campata, autostrade più larghe, treni più veloci ma poco puntali, luci dappertutto, (anche dove non servono, anche se provocano inquinamento luminoso, dando fastidio alla natura e alle piante), grandi grattacieli, ecc.. Molte di queste opere vengono costruite con i soldi del petrolio che inquina l’aria di tutti, o con attività criminali, o con attività imprenditoriali operanti in scantinati ammuffiti, per niente igienici e scarsamente agibili. Una vita inumana fatta di schiavitù, di gente e, a volte, perfino bambini che vengono sfruttati e costretti a lavorare per oltre dodici ore al giorno nella stessa struttura dove si dorme, insieme ai compagni di sventura, in camerate uniche condividendo in luoghi comuni i propri bisogni, affetti e sentimenti. Tutto ciò ai margini o dentro città stracolme di supermercati e di immensi cartelloni pubblicitari inneggianti alla ‘bella vita’ e allo spreco, di strade intasate da automobili e gente che perde ore e ore nel traffico semiparalizzato che fiancheggia ‘montagne’ di rifiuti nauseabondi, buttando nella spazzatura quintali e quintali di pane al giorno di cui 180 quintali al giorno solo a Milano [Corriere della sera].
Una società capitalistica, ben rappresentata dagli articoli e i servizi dei mass media in occasione dell’inaugurazione del Burj Khalifa di Dubai,  che sembra anelare ad un solo scopo: fare-soldi.
Questa società del fare-soldi pensa solo al presente senza capire, o, peggio, fregandosene delle conseguenze delle sue azioni sull’umanità e sul futuro. Conseguenze che possono essere pericolose per l’intera specie, perché, Gaia, il pianeta in cui viviamo, ha le sue regole e i suoi equilibri raggiunti in miliardi di anni. Questo comportamento sta caricando un peso e una responsabilità enormi sulle spalle delle generazioni future. 
Chissà se portando i capi di stato sulla torre più alta del mondo riuscissero a vedere meglio i problemi che assillano l’umanità: la fame nel mondo, abbiamo superato il miliardo di affamati [fonte FAO], i diritti umani, la solidarietà, la valorizzazione delle donne, i danni ambientali, i cambiamenti climatici…, solo così la torre avrebbe raggiunto il suo scopo più alto.
Gesualdo 11 gennaio 2010
Michele Zarrella


Lunedė 11 Gennaio,2010 Ore: 15:18
 
 
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