Preti pedofili
LARCIVESCOVO DI AGRIGENTO LASCIA LA DIOCESI, MA RESTANO ANCORA DELLE OMBRE
di Alberto Giannino
Su segnalazione dellautore riprendiamo questo articolo dal sito: http://www.imgpress. (26/02/2008) - Il Santo Padre Benedetto XVI ha accolto le dimissioni per raggiunti limiti detà dellArcivescovo di Agrigento Mons. Carmelo Ferraro. Al suo posto ha designato lAusiliare di Messina Mons. Francesco Montenegro. Il nuovo arcivescovo è nato a Messina, arcidiocesi di Messina - Lipari - Santa Lucia del Mela, il 22 maggio 1946; ordinato presbitero l8 agosto 1969; eletto alla Chiesa titolare di Aurusuliana e nominato ausiliare di Messina - Lipari - Santa Lucia del Mela il 18 marzo 2000; ordinato vescovo il 29 aprile 2000. Mons. Montenegro è presidente della Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute Presidente della Caritas Italiana, Presidente della Consulta Nazionale per la pastorale della sanità e Presidente della Consulta Ecclesiale degli organismi socio-assistenziali. Linsediamento del nuovo arcivescovo avverrà il 17 maggio. Dunque il Papa ha scelto il Presidente della Charitas Nazionale per sostituire mons. Carmelo Ferraro che ha coperto in tutti i modi un sacerdote della Diocesi agrigentina, don Bruno Puleo, responsabile di atti di pedofilia nei confronti di alcuni seminaristi. Don Bruno Puleo addirittura lha trasferito da una grossa di Palma di Montechiaro a una più piccola per mettere a tacere il tutto. Uno di questi ex seminaristi, Marco Marchese, ebbe il coraggio di denunciare a RAI 3 le violenze e gli abusi sessuali di don Bruno Puleo, ma lArcivescovo non ritenne di chiedergli scusa nè di riceverlo. Il suo problema era quello di nascondere dallassalto dei media don Bruno Puleo che aveva patteggiato la pena davanti ai giudici (due anni e due mesi) e, quindi, ammesso, le sue responsabilità. Non solo: quando Marco Marchese chiese i danni in sede civile, la Curia di mons. Ferraro triplicò la richiesta di Marchese perchè, a suo dire, avevo leso limmagine della Curia. Ci furono moltissime proteste (fra cui la nostra) e quella del sindacato della stampa agrigentina e la Curia di ferraro ritirò il grave provvedimento intimidatorio. Ma ricostruiamo i fatti a futura memoria. Di fronte alle telecamere cè stavolta un giovane ragazzo siciliano: si chiama Marco Marchese e dodici anni fa è entrato in seminario, ad Agrigento. Trovandoci anni di abusi sessuali a opera di un diacono poi diventato sacerdote. Racconta come "don Bruno", un giorno di dicembre del 1994 (Marco aveva dodici anni) lo fece accomodare nella sua stanza, abusando di lui. "La mia prima esperienza sessuale". "Mi diceva che la nostra era unamicizia particolare, e di non parlarne con nessuno: credevo fosse qualcosa di divino". Un rapporto che continua anche a distanza, ancora fino ai sedici anni di Marco: don Bruno è nel frattempo diventato sacerdote e ha lasciato il seminario minore, vedendosi affidata una parrocchia. Finisce davvero tutto quando Marco si confronta con un assistente e scopre la gravità di quanto accaduto: il consiglio che riceve è quello di parlare della cosa al vice-rettore e al rettore. "Lo feci, perché a me non interessava fare del male a quelluomo, ma fare in modo che nessun altro ragazzo dovesse più soffrire quello che io avevo sofferto". ll vice-rettore ascolta il racconto di Marco, promette di parlarne con il rettore per le dovute decisioni, invita il ragazzo a tacere e a tener la cosa per sé. Tempo dopo, anche il rettore ascolta il racconto di Marco, assicura di esserne stato messo al corrente, promette di parlarne con il vescovo per le dovute decisioni e nel frattempo invita il ragazzo a tacere e a tener la cosa per sé. Non accade nulla: don Bruno è ancora là, al suo posto in parrocchia, fra i bambini e i ragazzi. Marco riesce a parlarne direttamente con il vescovo, mons. Carmelo Ferraro. "Gli confidai la mia paura che don Bruno potesse continuare a fare del male ad altri ragazzi; aggiunsi anche che quel sacerdote andava aiutato". Arrivò la rassicurazione che ci avrebbe pensato lui, e linvito a stare tranquillo. Ma lunica cosa che succede è che don Bruno bussa alla porta di Marco: proprio il vescovo ce lo aveva mandato, per chiedere scusa. "Non lo fa, anzi mi rimprovera perché avevo fatto perdere al vescovo la fiducia in lui". Del racconto della vicenda è reso partecipe anche il parroco di Marco: "Mi disse che quella storia era acqua passata. Ormai sono anni che è successa, tu stai tranquillo, fatti la tua vita, chiudiamola qui".Marco esce dal seminario nel 2000: non diventerà sacerdote. Non è la sua strada. Si confida con i genitori riguardo agli abusi del passato, e mentre don Bruno continua tranquillamente a fare il parroco ecco che la vicenda diventa pubblica: stavolta il racconto di Marco è davanti alla magistratura. Si apre uninchiesta: sono ascoltate tutte le parti in causa ed è accertato che Marco non fu il solo. Altri sei ragazzi subirono violenze. I timori del giovane erano fondati. Non si arriva al processo perché don Bruno patteggia come sopra evidenziato una pena di due anni e sei mesi di reclusione. Non finisce qui. Marco scrive allArcivescovo Carmelo Ferraro tutta la sua delusione per il modo indifferente con il quale la sua vicenda è stata trattata, per la responsabilità morale della quale il presule si è macchiato nel non prendere adeguati provvedimenti volti ad allontanare don Bruno da bambini e ragazzi in pericolo. E, di fronte agli anni di abusi subiti, chiede in solido allautore dei crimini, al seminario e alla curia di Agrigento un risarcimento in sede civile di 65mila euro. "Nessuna somma di danaro potrà risarcirmi dei pianti e dei dolori subiti, ma questo tipo di segnale nei confronti di chi ha mostrato solo indifferenza, sapendo e tacendo, andava compiuto". La risposta della Curia di Agrigento è sbalorditiva: contro-citazione. La Curia chiede a Marco, ex seminarista vittima di abusi sessuali, 200mila euro per averne leso lonorabilità, limmagine, il prestigio. Ai fatti "presuntivamente e asseritamente accaduti nel 1994" la Curia "è totalmente estranea" - dicono i legali - e di fronte a tale affronto non si poteva non rispondere sullo stesso terreno. Marted́, 26 febbraio 2008 |