La visita di Benedetto XVI negli USA
Una valutazione critica del primo triennio di pontificato di Benedetto XVI

di Organizzazione Internazionale We Are Church (Noi Siamo Chiesa):

(Traduzione di Stefania Salomone)


Reinterpretazione del Concilio Vaticano II
La fine del lungo pontificato di Giovanni Paolo II, sotto la guida e l’ispirazione del nuovo Vescovo di Roma, avrebbe potuto rappresentare un ritorno al processo di riforma della Chiesa Cattolica Romana, così come offrire una proposta rinnovata di evangelizzazione capace di rapportarsi al mondo moderno. Questo non è accaduto.

Dopo i primi tre anni di pontificato di Benedetto XVI, che abbiamo attentamente analizzato, possiamo formulare alcune impressioni, avendo a cuore il vero bene della Chiesa Cattolica Romana, nella quale siamo nati e cresciuti, e in considerazione dei problemi pastorali sostanziali che essa deve affrontare all’inizio del terzo millennio.
Per Papa Ratzinger il relativismo è il nemico numero uno, l’Europa è il territorio conteso, la famiglia e la vita sono il terreno di battaglia, e l’arma usata per questo conflitto è l’affermazione della razionalità e della natura fondate sull’etica cristiana e sull’antropologia.

La posizione dominante, in altre parole, è quella di coloro che sono convinti della plausibilità razionale della fede, di cui la Chiesa Cattolica, nella sua struttura gerarchica, è la sola ed unica depositaria, con la missione stabilita di rendere pronunciamenti definitivi su temi antropologici, dei diritti umani, dell’etica, della natura e perfino dell’interpretazione della storia.

Secondo Benedetto XVI, tutte le società, tutte le culture, e quasi tutte le religioni devono conformarsi ai valori che, in qualità di leader spirituale mondiale, lui propone. La visione globale, piuttosto evidente, è quella di una reintroduzione di una societas Christiana guidata dalla Chiesa Cattolica Romana. Questo principio di base, applicato con inevitabili mediazioni e ritardi, ci sembra essere quella cui l’attuale pontificato si ispira. Le conseguenze sono molteplici, serie e diffuse. Le principali:


(1) Vengono percepiti sono gli aspetti negativi della secolarizzazione, senza considerare quanto invece possa essere utile per purificare quella fede antica tipica di molti credenti, quella della tradizione, neanche vagamente collegata alla vita reale. Il messaggio del Concilio Vaticano II è in contrasto con tutto questo: La Chiesa e i fedeli devono imparare dal mondo, non solo propagandare concetti su di esso. La loro attitudine, comunque, deve essere quella del dialogo positivo e costruttivo, non alla luce di una rigida dottrina, ma di una fede che sia frutta delle esperienze di vita. Il messaggio che viene da Roma è spesso quella della paura, del pessimismo, dei verdetti definitivi. L’istruzione religiosa caratterizzata dal timore non può offrire quella speranza cristiana così come dovrebbe, specialmente in momenti di incertezza o di difficoltà, propri di questo inizio secolo. Siamo molto lontani da quella nuova Pentecoste auspicata da Papa Giovanni, che ha ispirato il Concilio Vaticano II e che ancora guida la vita di molti individui e comunità, chiamati all’attivismo sociale proprio in qualità di cristiani.
(2) Una stretta osservanza di un orientamento teologico conservatore negli insegnamenti di Benedetto XVI ha portato sia all’aumento della rigidità dottrinale e al riemergere di una struttura gerarchica e autoritaria della Chiesa e al suo interno. Ne sono la prova:
- la scelta di vescovi conservatori (salvo rare eccezioni) a capo delle diocese e degli uffici della Curia Romana;
- la reintroduzione del Rito Tridentino (con la sfortunata correzione della preghiera per gli Ebrei del Venerdì Santo) le cui conseguenze non tarderanno ad evidenziare problemi già difficili da risolvere;
- la rinnovata persecuzione dei teologi (in primis Jon Sobrino, censurato alla vigilia della riunione della Conferenza Episcopale Generale dell’America Latina ad Aparecida);
- i sfortunati riferimenti di Ratisbona;
- il battesimo da parte del Papa, alla vigilia di Pasqua, di un musulmano già noto per le sue crociate contro l’Islam;
- i dubbi riguardo l’inculturazione causati dall’insistenza di un legame diretto tra la fede cristiana e la cultura ellenistica;
- l’assenza di un attitudine penitenziale quanto al riconoscimento dei peccati commessi da figli e figlie della Chiesa;
- la riproposizione delle posizioni contenute nella Dominus Iesus, in particolare le risposte alle questioni riguardo alcuni aspetti della dottrina della Chiesa;

- il continuo muro di gomma rispetto a seri e urgent problem (dal ruolo del Vescovo di Roma fino allo stato della collegialità delle conferenze episcopali locali; dal ruolo delle donne nella Chiesa, fino all’etica sessuale e della famiglia, dalla povertà della Chiesa e dentro la chiesa, e molti altri);
- l’interventismo nella situazione politica italiana è parte di questo orientamento generale.
(3) Il riferimento al Concilio Vaticano II è, generalmente, rituale e a volte tendenzioso. Nel discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, la posizione di Benedetto XVI fu espressa molto chiaramente. L’interpretazione del Concilio, non inteso come occasione di innovazione profonda, ma solo di riforma di ciò che, in pratica, è la vita quotidiana e l’insegnamento della Chiesa, determina un implicito rifiuto della gran parte dei contenuti del Concilio, e ancor peggio, di tutte le tematiche relative allo spirito riformatore del Concilio stesso.

Da allora tutti i circoli ecclesiastici ostili al cambiamento hanno usato questo discorso come base di riferimento. Essi concepiscono una Chiesa monolitica e auto-sufficiente, e disconoscono la ricca varietà di modalità e di sentimenti che contraddistinguono i rapporti tra gli individui, la comunità e Dio che si manifesta nel mondo.
Una delle conseguenze di ciò è la scarsità dell’approccio pastorale degli insegnamenti cattolici verso i problemi reali, il peccato, la gioia e le sofferenze degli uomini e delle donne di oggi. Troviamo invece un messaggio dottrinale, un approccio didattico, giudizi e avvertimenti. Quindi, ci sembra una risposta decisamente inadeguata alla ricerca sempre attuale di significati nella società, con la conseguente caduta di molte ideologie: quelle della pienezza della parole evangeliche. Questo dovrebbe essere l’obiettivo dei credenti e degli insegnamenti della Chiesa.


(4) Il desiderio implicito di ricostruire una chiesa per la cristianità, e il conflitto con le società secolarizzate e relativiste dell’occidente, sembrano assorbire molta parte dell’attenzione di Benedetto XVI, e sfociano in un Insegnamento Sociale Eurocentrico, mentre i problemi seri e drammatici delle relazioni tra il Nord/Sud del mondo, i problemi sempre attuali della guerra e della pace, il riarmo (armi nucleari in particolare), della protezione dell’ambiente e del futuro socio-economico del paese, sono considerate cose meno rilevanti.

L’opzione preferenziale per i poveri è di secondaria importanza, l’impegno per la pace è assoggettato a ciò che si ritiene compatibile con l’appartenenza della Chiesa al mondo occidentale. Invece di testi profetici di denuncia di situazioni di peccato mortale, troviamo solo ciò che sembrano essere frasi di rito.
Sappiamo, comunque, che entro pochi mesi dovrebbe essere pubblicata una nuova enciclica dedicata ai problemi del mondo: speriamo che in questo documento, denunciando le gravi ingiustizie di oggi, possiamo trovare quei toni profetici che finora sono stati sporadici e inefficaci. Nel caso si trattasse di una enciclica progressista Papa Benedetto darebbe luogo ad una nuova fase del suo pontificato.



(5) L’ossessiva affermazione della centralità della Chiesa romana ha portato l’ecumenismo in un vicolo cieco, riaffermando che le chiese associate al protestantesimo non sono chiese nel vero senso del termine. Oltre poche frasi di cortesia, Benedetto XVI e la Curia Romana guardano alle Chiese riformate come non origine di salvezza, dato che, avendo sostenuto la modernità, hanno svenduto il Vangelo; mentre si sono riaperte le porte alle chiese ortodosse (a dispetto delle differenze insormontabili sullo stesso senso del pontificato), poiché sono allineate nel contrasto alla modernità.
In conclusione, ci sembra che Papa Ratzinger si sia posizionato nel contesto di una controriforma, che nega il Vaticano II, e speriamo ardentemente in un cambiamento dell’orientamento dell’attuale pontificato, che ha troppe ombre. Abbiamo sempre auspicato che il Vescovo di Roma, mettendo da parte i privilege storici, sarebbe stato in grado di testimoniare il Vangelo in modo credibile, così da incoraggiare tutti i vescovi cattolici e la Chiesa intera, come Gesù ha fatto, divenendo credible agli occhi del mondo.



Martedì, 15 aprile 2008