Riprendiamo questo articolo dal quotidiano la Repubblica : http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/esteri/benedettoxvi-17/messa-latino/messa-latino.html
CITTA DEL VATICANO - Ci sono diocesi e nazioni del mondo, e perfino alti ecclesiastici, che hanno disobbedito al Papa in merito allapplicazione del motu proprio , il Summorum Pontificum, che liberalizzava la messa in latino secondo il rito di San Pio V nella versione riveduta da Giovanni XXIII. Siamo anzi di fronte a una sorta di "crisi di obbedienza verso il Santo Padre". A lanciare lallarme è monsignor Albert Malcolm Ranjith, arcivescovo segretario della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti. Il prelato ne parla in unintervista, rilasciata allagenzia di stampa vaticana Fides, nella quale si fa il punto sullapplicazione del documento.
Ranjith è una delle personalità più vicine al Papa sul tema della liturgia che si sta rivelando snodo nevralgico nel magistero di Benedetto XVI. E, come spiega, sarebbe in atto "in alcuni ambienti" una vera e propria "crisi di obbedienza verso il Santo Padre". E "se tale atteggiamento di autonomia è visibile fra alcuni ecclesiastici, anche nei ranghi più alti della Chiesa, non giova certamente alla nobile missione che Cristo ha affidato al suo Vicario".
Di fatto, in alcune nazioni o diocesi, i vescovi avrebbero emanato delle regole che in pratica annullano o deformano lintenzione del Papa. Comportamento, questo, "non consono con la dignità e la nobiltà della vocazione di un pastore della Chiesa". "Non dico che tutti siano così - aggiunge Ranjith - la maggioranza dei Vescovi ed ecclesiastici hanno accettato la volontà del Papa, con il dovuto senso di riverenza e obbedienza".
Ciò è lodevole, osserva larcivescovo, pur turbato da "voci di protesta da parte di certuni". Né è possibile ignorare, aggiunge, "che tale decisione fu necessaria perché, come dice il Papa, la Santa Messa in molti luoghi non si celebrava in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso veniva addirittura inteso come unautorizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale porta spesso a deformazioni della liturgia al limite del sopportabile".
La Riforma post conciliare, osserva il prelato, "non è del tutto negativa, anzi ci sono molti aspetti positivi in ciò che fu realizzato. Ma ci sono anche cambiamenti introdotti abusivamente, che continuano a essere portati avanti nonostante i loro effetti nocivi sulla fede e sulla vita liturgica della Chiesa". E parla, per fare un esempio, della comunione ricevuta sulla mano, un cambiamento che non fu proposto "né dai Padri Conciliari né dalla Sacrosanctum Concilium".
Tutto questo, continua nellintervista monsignor Ranjith, "ha contribuito a un certo calo di fede nella presenza reale di Cristo nellEucaristia. Questa prassi, e labolizione delle balaustre dal presbiterio, degli inginocchiatoi dalle chiese, e lintroduzione di pratiche che obbligano i fedeli a stare seduti o in piedi durante lelevazione del Santissimo Sacramento riducono il genuino significato dellEucaristia e il senso della profonda adorazione che la Chiesa deve rivolgere verso il Signore, lUnigenito Figlio di Dio". Disappunto anche per chi usa la chiesa, "dimora di Dio", come "unaula per incontri fraterni, concerti o celebrazioni inter-religiose".
E ancora. Luso di strumenti musicali, lintroduzione di danze e canti "che ben poco hanno di liturgico", non sono per nulla consoni allambiente sacro della chiesa e della liturgia. Infine, una frecciata anche a "certe omelie di carattere politico-sociale spesso poco preparate", perché "tutto ciò snatura la celebrazione della messa e ne fa una coreografia e una manifestazione di teatralità, ma non di fede".
Sabato, 17 novembre 2007
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