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LA CHIESA CHE È IN VATICANO:
ANTIMODERNISTA E DOGMATICA, IERI E OGGI
"SOLO DIO SALVA". I "NO"
CATTOLICI ALLA "DOMINUS IESUS"
GESÙ È STATO FATTO
PRIGIONIERO E LO SPIRITO MANDATO IN PENSIONE
LA DOCCIA FREDDA DELLA
"DOMINUS IESUS"
LA "DICHIARAZIONE"
DI RATZINGER CHIUDE LE PORTE ALLECUMENISMO
UNA REGRESSIONE NEL CAMMINO
DEL DIALOGO
"RINGRAZIO LE CHIESE
SORELLE"
QUESTA È LIDEOLOGIA
CATTOLICA
UN DOCUMENTO ESCLUSIVISTA
DOC-1001. ROMA-ADISTA. Vanno ancora in
parallelo, su questo numero di Adista, i due
argomenti che hanno "riempito" il n. 64/00:
il documento del card. Joseph Ratzinger
sull'unicità e universalità salvifica di Cristo
e della Chiesa cattolica, "Dominus Iesus",
e la beatificazione di Pio IX, avvenuta il
3 settembre, insieme a quella di Giovanni
XXIII. D'altronde, sono argomenti di uno
stesso discorso. Proprio alla luce
dell'atteggiamento dogmatico e inappellabile che
traspare dalla "Dominus Iesus", sembra
che all'istituzione romana stia a cuore, perché
congeniale, Pio IX piuttosto che Giovanni XXIII.
E la contemporaneità degli avvenimenti (beatificazione
il 3 settembre, presentazione del documento di
Ratzinger il 5 settembre) ha messo bene in
rilievo la similiarità fra il modello di Chiesa
proposto allora da Pio IX e quello proposto dalle
attuali gerarchie ecclesiastiche. Il "popolo
di Dio" che ha reagito ad entrambi i momenti
è invece la Chiesa giovannea e conciliare. Non
è dunque questo il volto della Chiesa vincente
in Vaticano. Numerose e significative le reazioni
che continuano a pervenirci. Ne rendiamo conto di
seguito, prima sulla dichiarazione "Dominus
Iesus", poi su Pio IX.
"SOLO
DIO SALVA". I "NO" CATTOLICI ALLA
"DOMINUS IESUS"
GESÙ È STATO FATTO
PRIGIONIERO E LO SPIRITO MANDATO IN PENSIONE
di p. Marcelo Barros
monaco benettino del
monastero di Goiás (Brasile)
Carissimi fratelli
e sorelle nella fede in Cristo,
ho appena letto la
Dichiarazione "Dominus Iesus" che porta
la firma del Prefetto della Congregazione per la
Dottrina della fede, il Card. Ratzinger. Il testo
mi provoca un profondo sentimento di sconcerto,
amarezza e incredulità. È difficile accettare,
che in questo anno del Giubileo, in
contraddizione con tutto il lavoro che il papa
sta facendo, qualcuno da Roma possa dare al mondo
un documento come questo, contenente
dichiarazioni e affermazioni tanto infelici, sia
sul versante spirituale e umano che sul versante
dottrinale.
1. Il Documento
parte dalla preoccupazione missionaria. Gesù ha
mandato a predicare lEvangelo a tutte le
creature (n. 1). Dice che la missione universale
della Chiesa "si adempie nel corso dei
secoli nella proclamazione del mistero di Dio,
Padre, Figlio e Spirito Santo, e del mistero
dell'incarnazione del Figlio, come evento di
salvezza per tutta l'umanità. Sono questi i
contenuti fondamentali della professione di fede
cristiana" (n. 2). E di seguito cita il
testo che non per caso si chiama "Simbolo"
Niceno-Costantinopolitano. Dico "non per
caso" perché, leggendo la Dichiarazione, ho
limpressione che il testo confonda il
Simbolo con la realtà che questo evoca e riduca
la rivelazione cristiana, e ciò che Gesù ha
insegnato, alla formulazione di determinati
contenuti dottrinali. Non si apre, cioè, al
senso profondo che levento di Gesù rivela
e al quale la stessa formula del Simbolo di fede
rinvia. Concretamente: che significa per i
cristiani professare Dio come Padre, Figlio e
Spirito e affermare "lIncarnazione"
della Parola di Dio? La fede è un convincimento
e una collocazione che si riferisce alla Vita che
coinvolge tutti gli esseri umani oppure è solo
un concetto-categoria che si riferisce al sapere
degli intellettuali di professione (in questo
caso: accreditati teologi cattolici)? Sembra che
questa Dichiarazione faccia di Gesù Cristo un
docente di catechismo venuto solo per insegnare.
Identificando Gesù in quel modo anche la
missione della Chiesa viene menomata. Il testo
chiarisce che "la Chiesa, nel corso dei
secoli, ha proclamato e testimoniato con fedeltà
il Vangelo di Gesù". Sarà forse unallusione
di "condanna" alle richieste di perdono
da parte del Papa e alla cosiddetta "purificazione
della memoria" invocata da Giovanni Paolo
II?
2. LEcclesiologia
che emerge da questo Documento è contro tutta la
teologia contemporanea, anche quella dei più
accreditati teologi europei. Afferma che "Il
Signore Gesù, unico Salvatore, non stabilì una
semplice comunità di discepoli, ma costituì la
Chiesa come il mistero salvifico¼ I fedeli sono
tenuti a professare (la sottolineatura è nel
testo originale) che esiste una continuità
storica tra la Chiesa fondata da Cristo e la
Chiesa Cattolica: "È questa l'unica Chiesa
di Cristo" (n. 16). Risuscita il Concilio
Vaticano I che definisce la Chiesa come società
perfetta. E viene, così, neutralizzato il
Concilio Vaticano II che, nella Costituzione
dogmatica Lumen gentium (n. 8) ufficializzò
la formula subsistit in (la Chiesa di
Cristo "sussiste nella" Chiesa
cattolica). Lattuale Dichiarazione pretende
di mostrare che il Concilio, su tale materia,
dice e non dice. Già la Congregazione per la
Dottrina della fede aveva condannato il libro di
padre Leonardo Boff (citato nella nota 56)
sostenendo che la formula "subsistit in"
doveva essere interpretata in forma "esclusivista"
e confermando in tal modo il Vaticano I. È certo
comunque che lallusione alla notifica
inviata al fratello Leonardo Boff, unico teologo
citato nel testo, non contiene alcuna minaccia
implicita ai teologi che continuano a mettere in
dubbio che il Cristo si manifesti nel potere
della Chiesa Romana. Questa affermazione che Gesù
fondò letteralmente la Chiesa cattolica mi ha
fatto ricordare una dichiarazione del card.
Alfredo Ottaviani, allora segretario della stessa
Congregazione per la Dottrina della Fede prima
del Concilio Vaticano II. Ricevendo la visita di
Giovanni XXIII nella "Suprema Congregazione
del Santo Ufficio", il cardinale parla a
nome della Curia romana: "questo unico
glorioso corpo, tanto glorioso e tanto antico da
sembrare contemporaneo degli apostoli nei suoi
primordi e tanto giovane nella sua attività,
pieno di ardore e zelo e fecondità che pare nato
ieri". Non sembra, da questa affermazione,
che Gesù abbia fondato non solo una comunità di
discepoli, ma anche la Chiesa cattolica, il
Diritto canonico e, come disse il Cardinale, la
Curia Romana?
3. Il testo tratta
della unicità (e solo questa) e della
universalità salvifica del Cristo e della Chiesa.
Pretende di combattere ogni relativismo e
riaffermare il carattere di verità assoluta del
mistero di Cristo e della Chiesa. Il Capitolo 1
ha come titolo "Il carattere pieno e
definitivo della Rivelazione di Gesù Cristo".
Qualunque Inquisitore alla ricerca di eresie
potrebbe porre domande sullo Spirito Santo. Dove
è finito? È stato mandato in pensione? Ho
sentito parlare, da parte di qualcuno, del "Cristomonismo".
Non ci sarà, per caso, qualche traccia nel
testo? Nella storia delle eresie, non ricordo che
ne esista una che abbia separato Cristo dallo
Spirito Santo. Di fatto, cinque paragrafi più
avanti nello stesso capitolo, si parla dello
Spirito che insegna agli apostoli e, per mezzo di
essi, a tutta la Chiesa questa "verità
totale" (n .6) che qui viene intesa come un
insieme di dottrine che il Cristo ha insegnato e
che la Chiesa Cattolica ha codificato a partire
dallapparato linguistico-simbolico della
propria cultura. Nel numero 7 il testo allude
alla famosa differenza tra Fede e Religione, o
come dice il testo tra Fede e
"credenze". Pare che questa distinzione
venga da Karl Barth, teologo protestante di una
Chiesa che "non merita neppure il nome di
Chiesa" dal momento che non ha passato il
test della successione storica dei vescovi e non
riconosce il papa così come insegna la Chiesa
cattolica. La distinzione è tra la fede
teologale come adesione alla rivelazione - grazia
che ci proviene da Dio e le credenze nelle
altre religioni come cammino umano di ricerca di
Dio. Il limite di questo Documento è cercare di
decidere preliminarmente dentro quali canali
opera la grazia e soffia lo Spirito di Dio. Non
rivela una certa dose di megalomania? Negli
Evangeli la fede che salva non consiste nel
credere che Dio è uno, tre o quattro persone.
Gesù dice alla cananea o al centurione romano:
"La tua fede ti ha salvato". Qual è il
contenuto della fede di queste persone?
Semplicemente una certezza di poter essere
curati? Mettendo a confronto il concetto di fede
soggiacente a questo Documento e ciò che Gesù
qualifica come fede appare come questa sia, nello
stesso tempo, più semplice e più complessa, nel
senso che la fede assume differenti espressioni
in sintonia con le persone e le situazioni. Gesù
accoglie la fede di Pietro che dice: "Tu sei
il Figlio di Dio" e anche quella dellemorroissa
che alcuni dei nostri teologi liquiderebbero
facilmente come superstizione. In tutte le sue
varianti, la fede ha in comune la "fiducia e
lassenso allamore
incondizionato di Dio, quale che sia la
religione, la cultura, lesperienza umana in
cui si manifesta. Non si può contrapporre Fede e
Religione, facendo semplicisticamente di una
Chiesa (fosse anche quella cattolica), la
manifestazione pura ed esclusiva della
Rivelazione. Una Chiesa fedele al proprio
mandato, non può chiedere per sé nientaltro
che essere semplice testimone della Verità
scritta eternamente nel nome di Gesù: "Solo
Dio salva". Ogni religione, Chiesa,
istituzione, gruppo o persona che pretendessero
sottrarre a Dio la parola di salvezza per
trasformarla in suo proprio monopolio,
bestemmierebbe come lantica Babele e si
coprirebbe di ridicolo davanti a Dio. La fede è
rivelata in parole umane e conserviamo questo
tesoro nei vasi di creta delle nostre religioni.
La Dichiarazione identifica a tal punto Gesù, il
Regno e la Chiesa che "la Verità, che è
Cristo, si impone come autorità universale"
e "lunica vera religione sussiste
nella Chiesa cattolica e apostolica" (n. 23)
governata dal successore di Pietro. Da qui si
capisce che egli pone la Chiesa non sul versante
delle risposte umane alla Rivelazione, ma come
oggetto e pienezza della stessa Rivelazione.
4. Non conosco
alcun teologo cristiano che sostenga, come
afferma il testo, "il carattere limitato,
incompleto e imperfetto della rivelazione di Gesù
Cristo" (n. 6). Anzi, se cè un testo
che più mi offre questa impressione è proprio
questa Dichiarazione. Volendo far risaltare, con
questo suo metodo, luniversalità e unicità
di Cristo e della sua rivelazione, di fatto le
ingabbia nella razionalità dei dogmi
ecclesiastici e della espressione occidentale
della fede, le limita pesantemente al tipo di
cristianesimo incarnato dalla Chiesa cattolica,
le spinge in direzione contraria a qualsiasi
universalità profonda e unicità intesa come
differenza tra Cristo e la Chiesa. Dicendo che
nel cristianesimo si trova già ciò che le altre
religioni ancora ricercano, il testo dà limpressione
di imprigionare Dio (Padre, Figlio e Spirito
Santo) in una gabbia stretta e rinchiusa dalla
cultura occidentale e dalla tradizione latina. Ho
letto le dichiarazioni di Giovanni Paolo II che
chiama sacri e ispirati i testi delle altre
religioni. È certo che questo documento intende
criticare il papa. Secondo quanto riferisce lagenzia
Fides, il Patriarca di Babilonia dei
Caldei, Raphaël I Bidawid, durante una recente
udienza privata in Vaticano, è andato in visita
dal papa accompagnato da due dignitari musulmani.
Uno di loro teneva in mano una copia del Corano.
Quando il papa se ne accorse, si inchinò a
baciare il sacro libro (cf. La Vie, n.
2809 del 01/07/99, pag. 66). Parlando dei riti e
dei culti dei seguaci di altre religioni, il
testo dice che "alcune preghiere e alcuni
riti delle altre religioni possono assumere un
ruolo di preparazione evangelica, in quanto sono
occasioni o pedagogie in cui i cuori degli uomini
sono stimolati ad aprirsi all'azione di Dio"
(presupponendo che non sono ancora aperto) ed
anche: "Ad essi tuttavia non può essere
attribuita l'origine divina e l'efficacia
salvifica ¼Altri riti, in quanto dipendenti da
superstizioni o da altri errori costituiscono
piuttosto un ostacolo per la salvezza" (n.
21). Di fonte a queste affermazioni, lunica
conclusione possibile è pensare che il papa
Giovanni Paolo II sbagliasse quando scriveva:
"La ferma credenza dei seguaci delle
religioni non cristiane sono effetto dello
Spirito di verità operante oltre i confini
visibili del Corpo Mistico" (Redemptor
Homini,s n. 6). Inoltre in più occasioni e
in diversi luoghi ha affermato che "ogni
preghiera autentica presente in qualsiasi
tradizione religiosa è ispirata dallo Spirito
Santo".
5. Nella Lettera
apostolica che nel 1994 annunciava il Giubileo (Tertio
millenio adveniente) il papa sognava di
giungere allanno 2000 con passi decisivi e
nuovi per lunità delle Chiese. Questa
Dichiarazione invece pare essere un antidoto
contro tale rischio. Il papa desiderava convocare
un incontro con tutti i credenti delle religioni
abramiche. Questo testo ne impedirà la
realizzazione per lungo tempo. Non sarà che il
apa non colse bene la portata di ciò che stava
approvando? Poco tempo fa la stampa scoprì che
il presidente del Brasile aveva firmato un
documento che legittimava una enorme corruzione
economica. Il presidente chiese scusa dicendo:
"Ho firmato senza leggere". Questa
Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina
della fede non è stata neppure firmata dal papa.
Quando leggo in questa Dichiarazione che il
valore del dialogo interreligioso si risolve in
una strategia per potenziare lannuncio
della dottrina cattolica, penso che il Documento
contraddica decine di affermazioni del papa e due
documenti del Pontificio Consiglio per il Dialogo
interreligioso, uno dei quali citato nella
Dichiarazione (nota 7). E necessario informare le
Chiese che sono in comunione con il Patriarcato
latino, che questo documento è scismatico.
Pretendendo assolutizzare ununica
espressione di fede e identificando il Regno di
Dio con la Chiesa romana, invalida il Concilio
Vaticano II, nonostante ne usi qualche
espressione. È urgente informare le altre Chiese
che il Decreto Unitatis Redintegratio e lEnciclica
Ut unum sint di Giovanni Paolo II
conservano tuttora il loro valore. Molte volte
evangelici e pentecostali scettici si chiedono se
il dialogo della Chiesa cattolica sia sincero. È
necessario garantire che almeno il papa e il
Concilio sono stati sinceri. Quanto invece ai
fratelli e alle sorelle di altre religioni viene
da chiedersi come fare affinchè non sospettino
che il dialogo provocato dalla Chiesa cattolica
miri solo ad essere una strategia per potenziare
lannuncio di Cristo. Il testo dice che è
solo un mezzo per la missione "ad gentes".
Non è giusto che tanti anni di lavoro siano
annullati e tutte le dichiarazioni e i gesti del
Papa siano depotenziati. Purtroppo ci sono
cattolici che non sanno discernere in cosa
consista il ministero del vescovo di Roma o,
peggio ancora, attribuiscono agli innumerevoli
documenti che escono dagli uffici vaticani la
medesima autorità che compete al papa.
Immaginiamo se vescovi e padri, tanto carenti
della ecclesiologia di comunione e che ancora non
vedono la Chiesa come essenzialmente una delle
Chiese, fanno proprio un documento come questo
considerandolo direttivo e cogente¼entriamo male
nel secolo XXI.
6. Per concludere.
La cosa più triste di questa faccenda è "il
volto di Dio" che emerge da questo documento.
Pare lecito chiederci: in quale Dio crede lestensore
di questo documento del Vaticano? Avrà mai,
alcune volte, sentito parlare di "Abbà",
il papà di Gesù di Nazareth? Dove è andata a
finire, in questo testo romano, la gioia
manifestata da Gesù per il fatto che Dio rivela
i suoi segreti ai piccoli che non riescono e non
riusciranno mai a star dietro ai meccanismi di
potere contenuti nel dogmatismo formulato dalle
loro Chiese? Perché un testo, proveniente da
ministri dai quali ci aspetteremmo la conferma
nella fede, di fatto è tanto pessimista e chiuso
allazione della grazia e alla libertà
dello Spirito di Dio? Grazie a Dio, la fede alla
quale ci educa Gesù è esattamente il contrario:
"Io posso morire e uscire di scena perché
è il Padre lultima Parola e troverà
sempre la spinta di reiterare il suo sì alla
vita dellumanità". Un fratello mi ha
ricordato che nellEvangelo si dice che Gesù
comanda ai demoni di tacere, anche quando dicono
una verità: la professione di fede in lui. Sono
spiriti diabolici (cioè divisori). Mi pare che
lo spirito di questo testo abbia bisogno di un
esorcismo. Da parte mia resto in preghiera per la
Chiesa perché si lasci convertire ogni giorno ed
accetti di morire se il prezzo è la vita dellumanità.
È necessario che mai un popolo possa cantare,
piangendo, come in questo poema maya:
"¼Quando
gli stranieri giunsero quici insegnarono la
paura,fecero appassire i nostri fiori.Per far
vivere i loro fioridanneggiarono e inghiottirono
i nostri fiori¼"
Gesù è venuto ad
annunciare la vita per tutti i fiori e i colori e
le razze e le culture e le religioni. Solo così
le Chiese possono dare prova della loro fedeltà
allEvangelo senza correre il rischio di
essere confuse con gli scribi di qualche
Congregazione romana. Manteniamoci fedeli nella
testimonianza dellamore di Dio e nella
fiducia che un giorno ci sia concesso il diritto
che i vescovi latinoamericani chiesero nel 1968,
nella II Conferenza generale dellepiscopato
latinoamericano, a Medellín: "Che si
presenti sempre più nitido il volto di una
Chiesa autenticamente povera, missionaria,
pasquale, spogliata di potere e coraggiosamente
compromessa con la libertà di tutti gli esseri
umani e di tutto intero lessere umano"
(Medellin 5, 15).
In questa speranza
vi abbraccio come amico e compagno.
P.
Marcelo Barros
Settembre
2000
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(sommario)
LA DOCCIA FREDDA DELLA "DOMINUS
IESUS"
di p. Tissa Balasuriya
teologo cattolico, Sri Lanka
(anticipazione da "Nigrizia", ottobre
2000)
La
dichiarazione Dominus Iesus
dellex SantUffizio ha gettato molti
nello sconcerto. Il teologo cingalese si "limita"
a giustapporle un altro documento vaticano, di
ben altro tenore. Quale sarà la linea del terzo
millennio?
In questi ultimi
giorni ho ricevuto due documenti vaticani: il
primo si intitola Dominus Iesus e arriva
dalla Congregazione per la dottrina della fede (Cdf),
guidata dal cardinale Joseph Ratzinger; il
secondo è leggibile in Pro Dialogo (2000/1),
organo ufficiale del Pontificio consiglio per il
dialogo interreligioso (Pcdi), presieduto dal
cardinale Francis Arinze: si tratta di un
rapporto sullas-semblea svoltasi a Città
del Vaticano, giusto un anno fa, con circa 200
partecipanti provenienti da 50 Paesi e in
rappresentanza di una ventina di religioni.
Si può commentare
in molti modi - citando i padri della Chiesa, la
cura di Dio per il creato, la storia umana e la
liberazione delluomo, la volontà di Dio
per la salvezza universale e per la giustizia per
tutti, i sacramenti, lecumenismo? - la
recente dichiarazione della Cdf: i suoi
presupposti e la terminologia filosofica, la
teologia trinitaria e la sua comprensione della
"ispirazione divina". Mi riferirò
solamente, per motivi di spazio, allim-patto
di questi documenti sul dialogo interreligioso,
specialmente in Asia, così ricca di religioni e
di culture. I due documenti offrono un approccio
ben diverso.
Dominus Iesus
La dichiarazione Dominus
Iesus è un approccio teoretico e dogmatico
alle relazioni interreligiose. Inizia con una
affermazione sullunicità e la superiorità
del cattolicesimo, e la necessità della Chiesa
cat-tolica per la salvezza di tutta lumanità.
Rivendica alla Chiesa il possesso della verità
assoluta in materia religiosa, e alla Bibbia di
essere lunica parola ispirata da Dio. Solo
i cristiani hanno una "fede teologale",
per il dono della grazia di Dio; gli altri hanno
al massimo una "credenza", sostanziata
da "tesori umani di saggezza e di religiosità"
(n. 7).
"Se è vero
che anche i seguaci delle altre religioni possono
ricevere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente
si trovano in una situazione gravemente
deficitaria se paragonata a quella di coloro che,
nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi
salvifici" (n. 22). Si dice che il primo
obiettivo del dialogo interreligioso è "lannuncio
della necessità della conversione a Gesù Cristo
attraverso il battesimo e gli altri sacramenti".
Il dialogo interreligioso viene visto come parte
della missione evangelizzatrice della Chiesa, che
quindi "deve essere impegnata primariamente
ad annunciare a tutti gli uomini la verità,
definitivamente rivelata al Signore, e a
proclamare la necessità della conversione a Gesù
Cristo e alladesione alla Chiesa attraverso
il battesimo e gli altri sacramenti, per
partecipare in modo pieno alla comunione con Dio
Padre, Figlio e Spirito Santo". Questa può
essere la conclusione di una dichiarazione sulla
teologia dogmatica così come si è evoluta allinterno
della Chiesa cattolica. La dichiarazione cita
numerosi documenti, del papa e della stessa Cdf.
Mette in guardia contro il relativismo, il
sincretismo e lin-differentismo, ma non
affronta i problemi del dialogo interreligioso
nel mondo reale.
Fondamentalismo
cristiano
Quando ho
mostrato, qui in Sri Lanka, questa dichiarazione
ad alcuni credenti di altre religioni, persone
ben disposte al dialogo, mi hanno detto: "Non
ci interessa più questo tipo di dialogo, il cui
fine ultimo è la conversione al cattolicesimo".
Trovano che la Dominus Iesus li tratti
come minus habentes (gravemente
deficienti, nel senso letterale) nei riguardi
della salvezza. Viene presentato un Dio che
privilegia i battezzati. Queste persone di buona
volontà vedono che i cattolici dialogano da una
posizione di superiorità e di particolare
amicizia con Dio, avvalendosi della conoscenza
dei segreti del mistero della vita umana e del
suo destino. Non possono nutrire un serio
desiderio di dialogo con i cattolici se le loro
religioni non vengono riconosciute per la loro
dignità intrinseca. E aggiungono che, se si
arroccassero a loro volta su simili posizioni
dogmatiche, probabilmente nessun dialogo avrebbe
più senso. Sono soddisfatti della loro vita
religiosa, non avvertono il bisogno di
convertirsi alla Chiesa cattolica.
Domandano inoltre:
come si sono comportati in passato i cristiani, i
privilegiati di Dio, nelle nostre terre? E come
si comportano oggi a proposito di giustizia e
pace, corsa agli armamenti, aids, diseguaglianza,
globalizzazione??
Per loro è
proprio questo modo di interpretare Gesù come
necessario e universale salvatore a condurre agli
eccessi del fondamentalismo cristiano in alcuni
Paesi asiatici. E sospettano che lat-tuale
violenza contro i cristiani in India, Pakistan e
Indonesia sia in parte dovuta proprio allattività
missionaria fondamentalista dei cristiani. È uno
scontro tra opposti fondamentalismi di religioni
diverse che non si rispettano.
Costruire
insieme
la civiltà
dellamore
Il documento del
Pontificio consiglio per il dialogo affronta
invece i problemi della vita in un mondo in crisi
di civiltà, nel quale la religione ha il dovere
di collaborare per promuovere quella che il papa
chiama la "civiltà dellamore". Las-semblea
dellottobre 1999 ha visto il dialogo
interreligioso come "la via a tutti accetta
di collaborare in vista della for-mazione di una
società mi-gliore per lumanità". Ha
ri-flettuto sui mali e le sofferenze del mondo
per affermare: "Noi siamo consapevoli di
alcune urgenti necessità:
- affrontare
insieme, con responsabilità e coraggio, i
problemi e le sfide del nostro mondo moderno (povertà,
razzismo, inquinamento ambientale, materialio,
guerra e proliferazione delle armi,
globalizzazione, aids, mancanza di cure mediche,
tracollo della famiglae della comunità,
emarginazione delle donne e dei bambini);
- lavorare insieme
per affermare la dignità umana come fonte di
diritti umani e dei corrispondenti doveri, nella
battaglia per la giustizia e la pace per tutti;
- creare una nuova
spiritualità, per tutta luma-nità, in
accordo con le tradizioni religiose in modo che
possa prevalere il principio del rispetto della
libertà reli-giosa e della libertà di coscienza.
Siamo convinti che
le nostre tradizioni religiose hanno le risorse
necessarie per superare le divisioni che
osserviamo nel mondo e per accelerare reciproca
amicizia e vicendevole rispetto tra i popoli".
Inoltre "cè bisogno di unattenzione
particolare nel rispetto dellaltrui
autodefinizione della propria identità religiosa.
Le persone possono essere spinte ad affidare la
propria fede ad altri soprattutto attraverso lo
stile di vita, la qualità delle loro azioni e la
loro cura per gli altri. Ci rallegriamo per avere
fatto del nostro meglio per capirci veramente lun
laltro e perché ci esprimiamo nellamore
e nel rispetto". Il papa nel suo discorso
allassemblea, il 28 ottobre, espresse la
sua immensa gioia per lo sviluppo delle relazioni
interreligiose, in modo particolare a partire
dallin-contro di Assisi del 1986, ed
incoraggiò il progresso di un tale dialogo e
prassi nellinteresse dellumanità.
"Il compito
che abbiamo davanti è dunque quello di
promuovere una cultura del dialogo.
Individualmente e insieme, dobbiamo mostrare come
il credo religioso ispiri la pace, incoraggi la
solidarietà, promuova la giustizia e sostenga la
libertà. Una maggiore stima reciproca e una
fiducia crescente devono condurre a una comune
azione ancora più efficace e coordinata, in
rappresentanza della famiglia umana. Lin-segnamento
e lesempio di Gesù Cristo hanno dato ai
cristiani il senso della fratellanza universale (sic)
di tutti". La consapevolezza che lo
Spirito di Dio soffia dove vuole (Gv 3,8)
ci impedisce di tranciare giudizi affrettati e
pericolosi, perché tale consapevolezza ci chiama
ad apprezzare quanto giace nascosto nel cuore
degli altri. Questo apre la strada alla
riconciliazione, allar-monia e alla pace.
Da questa consapevolezza spirituale sgorgano la
compassione e la generosità, lumiltà e la
modestia, il coraggio e la perseveranza. Di
queste qualità lumanità ha bisogno oggi
più che mai, nel momento in cui si muove verso
il nuovo millennio".
Quando ho mostrato
questo secondo documento a credenti di altre
fedi, notando la partecipazione e il ruolo della
Chiesa cattolica questi sono rimasti colpiti e
incoraggiati a continuare a lavorare insieme per
il nostro comune obiettivo della "civiltà
dellamore". E desideravano che
documenti come questo fossero meglio diffusi e
conosciuti nei loro Paesi.
Il papa e gli
altri cattolici che hanno preso parte alla citata
assemblea convocata dal cardinale Arinze, hanno
preso una posizione ben diversa sullle altre
religioni e sul dialogo. Sono profondamente
rispettosi, considerano le altre religioni un
segno della presenza del Divino; le reputano
partner necessari nella ricerca di un mondo più
giusto e pacifico. Allo stesso modo le centinaia
di partecipanti a quellas-semblea hanno
visto le religioni come partner necessari e
preziosi nella costruzione di comunità umane nei
loro Paesi e nel mondo intero.
Opposti
paradigmi
Ci troviamo dunque
di fronte a due diversi paradigmi teologici per
interpretare Gesù Cristo e la missione della
Chiesa. Nel primo, la Chiesa è stata ed è il
principale obiettivo della missione. Gesù è
visto come il salvatore universale, il Signore
che domina su tutto. Nel secondo, il principale
obiettivo della Chiesa è la promozione dei
valori del Regno di Dio insegnati da Gesù. Gesù
è visto piuttosto come colui che è venuto per
amare e servire, mite e gentile, liberatore dellumanità,
portatore dei valori del Regno di Dio sulla terra.
Questi due
paradigmi, che citano testi biblici diversi in
proprio favore, conducono a modalità differenti
di presenza cristiana nel mondo; a
interpretazioni differenti degli obiettivi e dei
metodi della missione; a modi differenti di
relazioni con le persone di altre fedi e altre
convinzioni.
Si tratta di un
dibattito che continua, che coinvolge la Chiesa
nel suo insieme e che non è ancora stato risolto
né in teoria né in pratica, come si vede
leggendo i due documenti. Forse il dialogo più
significativo deve avvenire allinterno
della stessa Chiesa cattolica, tra i due
dicasteri vaticani (Cdf e Pcdi) con i rispettivi
cardinali presidenti. Il papa potrebbe essere
trascinato in opposte direzioni da questi diversi
organi curiali.
Possiamo intanto
dire che la Dominus Iesus, per quanto
giustificata possa essere dal nostro punto di
vista, è un non-inizio di dialogo interreligioso
significativo. Può essere addirittura
pericolosa, in quanto ferisce le altre persone
con cui viviamo e camminiamo, e con cui
condividiamo il nostro essere.
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(sommario)
LA "DICHIARAZIONE" DI
RATZINGER CHIUDE LE PORTE ALLECUMENISMO
Pronunciamento del seminario
nazionale cattolico-romano/evangelico-luterano (São
Leopoldo, Brasile, 7-8 settembre) firmato da
mons. Ivo Lorscheiter e Gottgried Brakmeier
1. La
Dichiarazione "Dominus Iesus", resa
pubblica in questo mese di settembre del 2000
dalla Congregazione per la Dottrina della Fede
della Curia romana, ha sorpreso la cristianità.
Rischia di chiudere porte che erano state aperte
dallo sforzo ecumenico nei decenni passati. Ha
provocato immediatamente reazioni di forte
irritazione, con la minaccia di sfociare in nuove
polarizzazioni religiose e di riaccendere antiche
rivalità.
2. Non sono ancora
chiari i motivi della dichiarazione e i suoi
reali propositi. Si intende mettere in guardia
dal rischio del relativismo e dalla diluizione
della verità di fede. Manca, tuttavia, lo
spirito di apertura ecumenica tanto in evidenza
nei documenti del Concilio Vaticano II, nellenciclica
papale Ut unum sint, nella Dichiarazione
congiunta sulla giustificazione per "grazia
e fede" ecc. Riferimenti ai testi del
Concilio sono isolati dal loro contesto originale.
E i risultati dellavvicinamento dottrinale
ottenuti nei dialoghi interconfessionali, anche
riguardo al concetto di Chiesa, sono ignorati.
3. La causa
ecumenica, cioè la ricerca dellunità dei
cristiani, è mandato inalienabile della Chiesa
di Gesù Cristo. Lo stesso papa ha enfatizzato
che si tratta di un impegno irreversibile. Anche
la Chiesa cattolica confessa di essere in cammino
e di aver bisogno di riforme. È quello che, tra
le altre cose, ha motivato papa Giovanni Paolo
II, nella suddetta enciclica, a proporre il
dialogo sulla modalità del-lesercizio del
papato. Come partecipanti al seminario, convocato
dalle due Chiese per riflettere sul tema del
"Ministero", riaffermiamo:
a) Esiste un
vincolo di unione tra tutte le persone battezzate
che invocano il nome di Gesù Cristo.
b) Esiste un
vincolo di unione tra tutte le persone create ad
immagine di Dio, anche se non si dichiarano
cristiane.
c) Esiste un
vincolo di unione tra tutte le persone chiamate
al servizio del Regno di Dio, la cui vita porta a
compimento la nostra speranza.
Cè poi ununità
anteriore alle divisioni cristiane ed umane,
anche se con diverse sfumature e modalità.
4. Come Chiese
cristiane ci impegniamo ad una maggiore fedeltà
al Vangelo. Confessiamo come cattolici e
luterani, insieme a tutti i cristiani, la
salvezza che è in Gesù Cristo. Ricordiamo i
segni di unità esistenti nelle nostre comunità,
come la Settimana di preghiera per lunità
dei cristiani, la condivisione di vita, la
cooperazione in questioni sociali, la Campagna di
fraternità ecumenica 2000. Sarebbe tragico se il
cammino ecumenico verso una maggiore unità
subisse interruzioni o pregiudizi.
5. La diversità
di manifestazioni ecclesiali è allorigine
della fede cristiana. Le origini della Chiesa non
sono state uniformi. Per quanto fluissero dallo
stesso versante. Lunità deve lasciare
spazio alla diversità, così come questa deve
basarsi su un fondamento comune. Il mondo
pluralista di oggi ha bisogno di esempi di unità
nella diversità e di vita fraterna con il
diverso.
6. Anche di fronte
allimpatto della Dichiarazione della
Congregazione per la Dottrina della Fede, non
bisogna rinunciare alla causa ecumenica. Il
Concilio Vaticano II, in sintonia con tutto il
movimento ecumenico moderno, celebra i progressi
ottenuti come un dono dello Spirito Santo. Ci
spetta accoglierlo con gratitudine verso Dio e
con la disposizione a cooperare. Si pone per
tutti e tutte la sfida di elaborare e realizzare
progetti che compiano il mandato della promozione
della pace in un mondo diviso.
8
settembre 2000
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(sommario)
UNA REGRESSIONE NEL CAMMINO DEL
DIALOGO
di Faustino Teixeira,
teologo cattolico, docente universitario, Brasile
Nel giugno del
2000 ho scritto un breve articolo sul viaggio del
papa Giovanni Paolo II in Terra santa, realizzato
nel marzo di questo stesso anno. Il dato che più
mi ha impressionato in tutto il difficile
itinerario del papa in quella zona di tensione e
di conflitto è stato il suo atteggiamento di
apertura, in particolare i gesti segnati e
alimentati dalla convinzione della pace. La
dinamica del dialogo ha connotato il suo viaggio
e ha punteggiato i suoi discorsi: è stato come
un pellegrino sulla strada della pace. Durante lincontro
interreligioso realizzato nel Pontificio Istituto
Notre Dame, il 23 marzo a Gerusalemme, ha
affermato di essere cosciente "che è
necessario e urgente stabilire vincoli più
stretti tra tutti i credenti, per garantire un
mondo più giusto e pacifico". Nel suo
discorso, Giovanni Paolo II ha manifestato una
grande speranza in un "nuovo futuro",
segnato dalla cooperazione e dal rispetto tra le
diverse tradizioni religiose; ma anche dal
dialogo che si afferma nella rottura di qualunque
tentativo di imposizione di una visione
esclusiva, e che si traduce nellascolto
rispettoso dellaltro, nel riconoscimento di
"verità e grazia" presenti nelle
proprie tradizioni e, soprattutto, nellautentica
cooperazione in favore della mutua comprensione e
dellaffermazione della pace.
Purtroppo, questo
spirito di dialogo incontra una resistenza
decisiva in certi settori del Vaticano,
soprattutto nella Congregazione per la Dottrina
della Fede. La Dichiarazione "Dominus Iesus",
pubblicata il 5 settembre a Roma, costituisce un
esempio vivo di una tendenza in corso a bloccare
la dinamica del dialogo promossa dal Concilio
Vaticano II (1962-1965) nella vita della Chiesa
cattolica. Si tratta di una Dichiarazione sullunicità
e luniversalità salvifica di Gesù Cristo
e della Chiesa. Quello che più impressiona il
lettore è il tono della Dichiarazione. Il
tradizionale "pessimismo" del cardinale
Ratzinger traspare in tutto il testo: accanto allaf-fermazione
della centralità della Chiesa cattolica, la
sfiducia nel potenziale di rivelazione presente
nelle altre tradizioni di fede. Si tratta di una
doccia fredda per tutti coloro che sono impegnati
nella pratica ecumenica e interreligiosa.
I gesti simbolici
di apertura interreligiosa presenti nel-lazione
di Giovanni Paolo II cedono qui alla logica del
timore affermata dal cardinale Ratzinger, in
quanto "guardiano della dottrina"
autentica e retta. Il peso degli anatemi presenti
nella Dichiarazione ci fa ricordare il clima di
condanna tipico del XIX secolo, con papa Pio IX.
Il giornalista italiano Marco Politi indica che
questa Dichiarazione non costituisce un evento
casuale, ma si inserisce in una logica ben
definita di affermazione di una posizione
ecclesiale che mira al prossimo conclave. Il
nuovo "trinceramento delli-dentità"
rivela un timore polifonico: quello del
relativismo, dellindifferentismo, della desostanzializzazione
della fede, di una nuova riforma della Chiesa.
Ma anche la paura delle conseguenze e delle
implicazioni teologiche di un maggiore
avvicinamento ad altre comunità di fede. In modo
particolare, il timore di scoprire che Dio possa
parlare in forme diversificate, in quanto dono di
gratuità e sorpresa permanente.
La Dichiarazione
mira a confutare posizioni considerate erronee o
ambigue sul tema dellunicità e delluniversalità
salvifica del mistero di Gesù Cristo e della
Chiesa. Le argomentazioni girano intorno a tre
assi. In campo cristologico si afferma il
carattere pieno e definitivo della rivelazione di
Gesù Cristo, contestando le tesi che confermano
un pluralismo religioso di principio, che possano
aprire il campo ad una comprensione più ampia
della rivelazione di Dio. In campo
ecclesiologico, si ribadisce la questione dellunicità
e dellunità della Chiesa cattolica, della
sua indissolubile relazione con il Regno di Dio,
e della sua condizione di unica religione
autentica. Lenfasi sulla centralità della
Chiesa impone una critica alle concezioni
teologiche che accentuano il regnocentrismo. Nel
campo della relazione della Chiesa cattolica con
le altre tradizioni religiose, il pendolo ricade
sullaffermazione della necessità della
Chiesa per la salvezza.
Le ripercussioni
negative della Dichiarazione si fanno sentire in
modo particolare quando si affrontano le
questioni relazionate allecumenismo e al
dialogo interreligioso. Bisogna riconoscere che
il documento non presenta novità, ma solo
ribadisce tesi tradizionali già elaborate dal
magistero della Chiesa. La novità dolorosa è
nellenfasi negativa con cui riafferma
queste tesi. Il modo in cui si sostiene
teologicamente, nel documento, lunicità
della Chiesa provoca un terremoto nellecumenismo.
La Dichiarazione proclama il ruolo primario e
superiore del cattolicesimo rispetto alle altre
Chiese cristiane. Lespressione subsistit
in utilizzata nella "Lumen gentium"
8, è interpretata in un senso molto restrittivo:
è solo nella Chiesa cattolica che la Chiesa di
Cristo continua ad esistere pienamente. Le altre
Chiese cristiane sono limitate per ragioni
diverse. Gli ortodossi condividono la condizione
di Chiese particolari, per quanto limitati dal
non accettare la dottrina cattolica del Primato.
I protestanti non sono riconosciuti come Chiesa
in senso proprio, ma come "comunità
ecclesiali" che "non hanno conservato
un episcopato valido e la genuina e integra
sostanza del mistero eucaristico".
Il dialogo
interreligioso esce ugualmente con le ossa rotte
dalla Dichiarazione. Già in partenza, viene
relativizzato il potenziale di rivelazione delle
altre tradizioni religiose. Si opera una
distinzione tra fede teologale e credenze
religiose. Queste credenze traducono, nella realtà,
il movimento umano in direzione dellAssoluto,
ma non lesperienza dellAs-soluto.
Solo lesperienza cristiana rende possibile
lautentica fede teologale, in quanto
accettazione della verità rivelata dal Dio uno e
trino. Le preghiere e i riti delle altre
religioni sono intese come "preparazione al
Vangelo", ma al contrario dei sacramenti
cristiani non possiedono la stessa origine divina
o efficacia salvifica. La Dichiarazione non nega
che i membri delle altre religioni possano
ricevere la grazia, ma afferma che essi si
trovano oggettivamente "in una situazione
deficitaria, se confrontata con quella di coloro
che nella Chiesa hanno la pienezza dei mezzi di
salvezza". Non si nega nel documento la
validità del dialogo, ma questo viene definito
semplicemente come "una delle azioni della
Chiesa", e la parità che implica non
riguarda i contenuti dottrinali. Limpegno
decisivo della Chiesa riguarda laltro
compito: quello di "proclamare la necessità
di conversione a Gesù Cristo e delladesione
alla Chiesa attraverso il battesimo e gli altri
sacramenti, per partecipare in modo pieno alla
comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo".
I gesti di dialogo
di Giovanni Paolo II, a cominciare dalla giornata
mondiale di preghiera per la pace (Assisi, 1986),
finiscono per essere svuotati dal tono imposto
dalla Dichiarazione della Congregazione per la
Dottrina della Fede; così come il mea culpa del
papa viene ridotto a "spettacolo"
televisivo. Nella realtà, si tratta di una
tendenza di affermazione dottrinale di settori
del Vaticano contro una linea teologica e
pastorale che si viene consolidando a partire
dalle basi e che crede nella possibilità reale
di un nuovo volto di Chiesa.
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(sommario)
"RINGRAZIO LE CHIESE
SORELLE"
lettera di
Marie Téhèrese Van Lunen Chenu
fondatrice e presidente di "Femmes et Hommes
dans lEglise", Francia
Care amiche e cari
amici delle Chiese sorelle,
sono moltissimi
tra noi i cattolici tristi e confusi per le
vecchie arroganze e le formule superate del
PanzerKardinal a Roma! Ma è solo nella sua
logica, guardiano di un edificio dogmatico e
gerarchico sempre più contestato e che
soprattutto cerca invano di fare da diga al bel
fiume dell'ecume-nismo. Una realtà per irrigare
le terre violente e aride del nostro tempo: una
condivisione vissuta a partire dalle convinzioni
e le espressioni della fede fino agli impegni di
giustizia e d'amore sui cantieri tutti terreni...
Conosce questa
realtà, il cardinale Ratzinger. Lui e gli altri
hanno paura e si irrigidiscono. Come non sfinirsi
nel voler colmare i solchi che la grazia traccia!
Vorrei
ringraziarvi tutti e tutte. So ciò che devo alle
Chiese sorelle, ciascuna con le sue specifiche
ricchezze che mi hanno aiutata. Questa
condivisione ecumenica è un tesoro vicino che
rallegra la mia fede e la mia speranza. E io
testimonio in particolare la meraviglia che hanno
dato alla mia vita spirituale le donne di Dio.
Religiose cattoliche talvolta, ma più ancora
donne ministre, perché sono un segno nuovo. Loro
lo sanno, il loro ministero non è sempre facile.
Molte devono ancora lottare, e vivono questo
fatto con generosità. Ma portano questa grazia
nuova del ritracciare con i fratelli - e
dell'invitare i fratelli a ritracciare - tutta la
pienezza dell'alleanza offerta da Dio. Insieme,
donne e uomini ministri, possono fare con i laici
una vera comunità e manifestarvi l'infinito
della tenerezza di Dio. Noi cattolici siamo
chiamati al deserto e voi ci siete stati mandati.
Che l'ama-rezza, gli scherni, le piccole vendette
e le piccole glorie non vi impediscano
soprattutto di sostenerci nel deserto...
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(sommario)
QUESTA È LIDEOLOGIA
CATTOLICA
associazione Viottoli -
Comunità cristiana di base di Pinerolo
L'ultima
dichiarazione vaticana Dominus Iesus ha
destato sorpresa e scalpore per la sua chiusura
dogmatica e la sua arroganza culturale e
teologica.
Ma chi si stupisce
è ingenuo. L'ortodossia cattolica non è
sostanzialmente cambiata e pensa di avere il monopolio
della salvezza. L'enfasi e la retorica vaticana
sul dialogo con l'ebraismo e le religioni del
mondo sono prevalentemente discorsi tattici e di
maniera, ma il cuore dei vertici cattolici è
altrove, pensa altre cose. Negare che esistano
altre vie di salvezza aventi pari dignità del
cristianesimo sembra oggi un'affermazione
incredibile per una persona sana di mente e di
media cultura. Gran parte dei teologi e delle
teologhe lo affermano con vigorose argomentazioni
da almeno 30 anni in modo sempre più deciso.
Ma il papato è
una struttura accecata dalla spirale del potere e
non riesce a vedere oltre gli interessi di una
casta che è prigioniera delle proprie ideologie,
di una rozza arroganza e, in questo caso, di una
ridicola ignoranza biblica. Certo, non può un
burocrate e capo di Stato come il papa essere
esperto in teologia (sarebbe troppo esigere tale
competenza in un papa che è occupato soprattutto
nella gestione del potere e nella cura
dell'immagine), ma almeno potrebbe consultare
qualche altra voce oltre i teologi di corte e i
cardinali di curia.
Ma attenzione! Sarebbe
grave se noi dessimo eccessiva importanza a
questo sproloquio di un potere in delirio e in
disperata difesa di sè. La teologia vaticana va
presa per quel che è: una difesa di posizioni di
potere priva da sempre di solide basi bibliche e
culturali.
L'autorità vera
nella Chiesa cattolica va cercata altrove: lì
c'è solo dominio e potere. È inutile fare
polemiche. Occorre acquisire e diffondere una
nuova coscienza cristiana che sappia, in
obbedienza alla Parola di Dio, rimanere libera
dai ceppi ideologici che le gerarchie cattoliche
vogliono imporre al popolo di Dio. È importante
lavorare, studiare, pregare e fare comunità e
fare teologia in una dimensione nuova, nutrita di
confronto, di apertura, di humor, di libertà.
Non si manca di rispetto a nessuno quando si
smaschera apertamente una manovra oppressiva.
Anche su questo terreno la diffusa coscienza
cristiana e la civile riflessione dei popoli sono
molto più aperte e costruttive: esistono
molte vie di salvezza che possono trarre grande
vantaggio dal reciproco senso di accoglienza, di
confronto, di comune impegno per la liberazione
umana e il bene di tutto il creato.
Consigliamo la
lettura di un bel volume del teologo Paul Knitter
edito dalla Editrice Cittadella: Una terra
molte religioni. Il volume fa seguito ad una
precedente opera dello stesso Autore: Nessun
altro nome? (Edizione Queriniana). Migliaia -
sì, proprio migliaia - di opere come queste
dimostrano che nelle Chiese cristiane ci sono
posizioni teologiche molto più serie e
documentate. Lo studio teologico può offrire
strumenti per una visione del dialogo
interreligioso che, senza per nulla sminuire o
smarrire l'identità cristiana, disarma le nostre
presunzioni di monopolio della salvezza.
Insomma, anche la
Chiesa cattolica è molto più bella di quanto la
dittatura vaticana lasci intravvedere. Bisogna
saper vedere e scegliere...
In Vaticano,
"al di là delle sbornie dei raduni di massa
c'è paura", scrive testualmente Marco
Politi.
Questi
arroccamenti, questi sbarramenti sono figli della
disperazione dei vertici ecclesiali che temono la
grande ondata di indifferenza, che sono
terrorizzati dalla crescente consapevolezza che
Dio parla lingue diverse, che non riescono più a
bloccare le ricerche teologiche in atto.
Ma c'è dell'altro:
il conclave si avvicina e si sta scrivendo
l'identikit del nuovo papa. La curia vuole
garantire una totale continuità sui temi della
morale, del magistero, della cosiddetta
disciplina ecclesiastica.
Pinerolo,
6 settembre 2000
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(sommario)
UN DOCUMENTO ESCLUSIVISTA
"Insieme per la pace"
gruppo interreligioso di Torino
Siamo cristiani
impegnati nell'ecumenismo, e apparteniamo al
gruppo torinese interreligioso "Insieme per
la pace", aderente alla sezione italiana
della World Conference on Religion and Peace.
Questo gruppo è composto da persone di sei
religioni di provato valore (baha'i, buddhisti,
ebrei, cristiani, induisti, musulmani), che non
rivestono alcuna rappresentanza ufficiale. Tutti
insieme, lavoriamo da cinque anni per contribuire
a costruire un'etica umana comune ed una cultura
di pace, di giustizia e di salvaguardia della
natura. Il gruppo è nato nel 1996, in occasione
del decimo anniversario dello storico incontro di
Assisi tra i massimi rappresentanti delle grandi
religioni, invitati dal papa. La nostra
esperienza concreta di dialogo interreligioso si
realizza in vera amicizia e illuminazione
reciproca, ed anzi nella gioia della differenza
che ci arricchisce.
Noi siamo
dispiaciuti per i contenuti e i toni del
documento vaticano Dominus Iesus, quali
risultano dalle prime informazioni. Come
componente cristiana del gruppo, interpretiamo il
dispiacere anche dei nostri amici non cristiani.
I cattolici tra noi sono addolorati per la
svalutazione che il documento fa delle Chiese
evangeliche.
Preferiamo ora non
entrare in affrettate polemiche con quel
documento, ed aspettiamo che una sua attenta
lettura, seguita da discussioni franche e
riflessioni serie, inserisca quella presa di
posizione della Curia vaticana nel cammino di
ricerca teologica e spirituale sul rapporto tra
il cristianesimo e le altre religioni. Questo
cammino è già da tempo avviato nelle Chiese,
grazie all'esperienza vissuta e alla riflessione
dei credenti, grazie ai contributi che hanno
preparato e si sono espressi nel Concilio
Vaticano II della Chiesa cattolica, e al lavoro
anche recente di teologi di valore. Intanto, però,
esprimiamo il nostro disagio e dissenso dal tono
di esclusivismo cristiano e cattolico che il
documento esprime in modo accentuato.
Quelli di noi che
sono cattolici dicono ai nostri fratelli
cristiani non cattolici, e tutti insieme noi
cristiani diciamo ai nostri amici non cristiani:
oggi ripetiamo e rinnoviamo il riconoscimento e
la stima per le vie religiose e le tradizioni
spirituali che ciascuno di voi segue, sulle quali
siamo convinti che ognuno trova davvero valori di
verità, di bene, di salvezza dell'esistenza
umana dal non-senso e dal male.
Non saremmo
cristiani se non trovassimo in Gesù di Nazareth,
più che in ogni altro profeta o maestro, il
maggiore segno e presenza nell'umanità
dell'amore salvatore di Dio. Così, ogni seguace
di una religione è tale perché trova il maggior
bene in quella religione. Ma ciò non riduce
affatto per noi il rispetto e, più ancora, una
vera ammirazione per i valori religiosi e morali
sulle vie non cristiane.
Questa nostra
esperienza di dialogo e amicizia, impostata su
base di parità, eguaglianza, equanimità, ci
dice che, mentre ognuno trova la maggior luce di
verità, di bene e di salvezza sulla via
religiosa che sta seguendo con sincera
persuasione di coscienza, nessuno può affermare
una superiorità oggettiva della sua religione
sulle altre. Oppure lo possono affermare tutti.
Siamo consapevoli della difficoltà che
incontriamo per esprimere in modo preciso questa
nostra convinzione. Ma non diciamo questo sulla
base teorica di un relativismo assoluto, né per
una diplomazia del dialogo puramente tattica, ma
per il rispetto primario di ogni coscienza
personale che cerca e coglie un raggio di luce e
di bene.
Dice Simone Weil
che "ogni religione è l'unica vera",
nel senso, ci pare di capire, che ogni persona
che fa profonda "attenzione" a quella
tradizione religiosa che ha ricevuto e che vive,
lì trova veramente la verità che la salva,
verità che non troverebbe in un'altra tradizione.
Questo mistero
intimo alle coscienze personali è la realtà
religiosa concreta, ed è superiore ad ogni
formulazione. Sappiamo bene che la religiosità,
per non essere troppo vaga, ha normalmente
bisogno anche di formularsi in credenze e
dottrine, e di esprimersi in pratiche. Sappiamo
che, in campo cristiano, la riflessione teologica
sta cercando con impegno il modo di pensare
insieme, poiché insieme vanno pensate, quelle
due verità cristiane che sono la fede in Gesù
Cristo come piena presenza di Dio tra noi, e la
volontà di Dio che tutti gli uomini siano salvi,
se vivono con volontà di bene sulla loro propria
via religiosa.
Desideriamo che la
riflessione e l'esperienza dei cristiani
continuino nella libertà e nella responsabilità
su questo terreno del dialogo interreligioso e
della "fecondazione reciproca" (Raymond
Panikkar) tra le religioni.
Nel nostro tempo,
che vede troppi fenomeni di chiusura e di
totalitarismo spirituale, gravidi di semi di
inimicizia, il dialogo e l'amicizia
interreligiosi sono una delle realtà più
positive e promettenti, da incoraggiare e
promuovere con sapienza.
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(sommario)
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